Skip to content


[Sarpi – Shanghai +53] Pirateria e Media in Zhōng Guó (prima parte)

***grazie
alla connecton audax-socio che mi ha terapizzato a distanza. Per
alcuni minuti avevo pensato di aver perso tutto il blog, poi tutto è
riappararso inspiegabilmente…:-) ***

Prima
parte dei post sulla pirateria e i media in China. Qui c'è
l'intro
, dove si spiegavano alcune preliminari informazioni. Eravamo
arrivati a queste piccole e poche frasi…ovvero che per la gran
parte dei cinesi negli anni 80 l'attuale comunicazione era un enorme
buco nero….

Questo
non valeva per chi, nella scala gerarchica, era al top: nei giorni
bui della rivoluzione culturale la moglie di Mao si godeva i film
della Disney, mentre le masse venivano educate o rieducate con le
opere dei classici (una noia mortale per i cinesi: magari a noi può
sembrare esotico o chissà che: ho letto con avidità il
Sogno della Camera Rossa, trovandolo fantastico da un punto di
vista narrativo e evocativo. I miei amici ancora un po' vomitano
quando gliel'ho nominato. E' un classico che si studia a scuola,
piace solo alle ragazze
. Sarà, l'unica ragazza a cui l'ho
chiesto mi ha risposto, Ah si, boh mi pare di aver visto da
piccola una specie di fiction su quel libro
…).

Allo
stesso modo tra la fine degli anni 80 e l'inizio degli anni 90, i
quadri di partito si godevano i film stranieri grazie al satellite,
mentre la popolazione normale doveva accontentarsi di quanto offriva
la CCTV, ovvero la Rai cinese…che vi assicuro è una palla
mostruosa, roba che ti rimane tutta la carrozzeria attaccata alla
sedia quando ti alzi….

Il
primo programma straniero trasmesso dalla televisione cinese fu lo
show americano Man from Atlantis, trasmesso nel 1979 (lo
stesso anno in cui per la prima volta la CCTV iniziò a
trasmettere anche messaggi pubblicitari: in trent'anni hanno fatto
quanto in Italia si è fatto in più o meno 50 anni).
Alla fine degli anni 90, l'apertura delle porte cinesi da parte di
Deng Xiao Ping permise anche l'ingresso – nel nascente mercato
dell'enterteinment cinese – di molti prodotti stranieri, sia per le
televisioni, sia riguardo musica e videocassette.

L'ingresso
nel mercato cinese di prodotti stranieri, almeno all'inizio, fu
piuttosto casuale, caotico e bizzarro. Uno dei primi show americani
trasmessi fu il banale My Favourite Martian, subito seguito da
altre amenità quali Falcon Crest e Hunter (su
Hunter anche Qiu Xiaolong in Visto per Shanghai, ne
ricorda la popolarità tra il pubblico cinese). Disney fece il
suo ingresso nel 1986: quando ero alla Pecking University,
dice Moser, ricordo che gli studenti correvano rapidi in camera
per guardare i cartoni animati di Topolino
. Durante questo
periodo l'audience cinese era infinitamente minore rispetto al resto
del mondo. Le star musicali a inizio anni 90 erano i Carpenters e
John Denver (uno dei primi a ottenere il permesso di cantare
in China, avendo anche il privilegio di essere ricevuto da Deng, di
cui si dichiarò, “buon amico” e voglio vedere come avrebbe
fatto a dire il contrario). Clayderman fu un altro che –
appena conosciuto in Europa e Usa – fu protagonista di record di
vendite in China. Per non morire di fame la televisione cinese iniziò
a procacciare ogni genere di cibo al suo pubblico: Get Smart e
Charlies Angels tra la Peking Opera e il film di LiPeng.

Negli
anni 90 i programmi tv e i film stranieri divennero parte integrante
dei media cinesi. Gli habituè del cinema potevano vedere i
film di Schwarzenegger e guardarsi gli highlights della
cerimonia di premiazione degli Oscar. Il consumo di prodotti
stranieri era però limitato alla televisione o al cinema. Le videocassette avevano ancora un prezzo troppo elevato e la tecnologia VCD non
era ancora usata. Per il consumo individuale i problemi rimanevano:
ad aprire o chiudere il rubinetto, era il ferreo controllo del
Governo.

A
metà degli anni 90 tutto cambia, freneticamente e
improvvisamente: l'impatto della tecnologia digitale per la China è
paragonato da Moser all'esplosione di un'atomica. Ora, questo paragone
non mi pare felice, ma l'effetto fu sicuramente quello di una
sorta di terra bruciata su tutto: usi, abitudini, costumi, way of
life. Per tutta la notte, ogni notte, flussi di cd piratati, software,
computer games, divennero disponibili attraverso i sotterranei canali
del mercato nero, che fin da subito intuì le possibilità
di arricchimento. D'altronde la China si era aperta al mercato,
perché qualcuno doveva rimanerne escluso?

L'effetto
non fu solo un'improvvisa apertura dei rubinetti, a discapito del
Governo controllore: la China si trovò di fronte a uno tsunami
di memes, i memi (un'unità auto-propagantesi di
evoluzione culturale, analoga a ciò che il gene è per
la genetica) e prodotti intellettuali stranieri. Da Windows a Jane
Fonda, da Mozart ai Megadeth, da Bambi a Basic Instinct. I prodotti
piratati dei film si cominciarono a poter comprare il giorno stesso
della loro uscita nei paesi stranieri, rendendo i cinesi
immediatamente connessi ai nuovi trends. E se un film è già
in dvd, oggi, mi dicono i miei amici, perché comprarlo? Lo
scarichiamo!

Soldi
e fame di conoscenza, di divertimento: la China che usciva rotta
nella sua socialità e senso di appartenenza a valori condivisi
dalla Rivoluzione Culturale, svuotata di significato e di anima,
cerca va così nuova linfa, altrove, non nella propria storia, ma negli
immaginari occidentali. Uno scheletro alla disperata ricerca di
carne, non importa di quale qualità. In aggiunta ai bootleg
apparve in China il fenomeno dei dakou (cd
caratterizzati da un foro, nient'altro che un overstock delle
grandi case di produzione, che arrivavano in China principalmente da
Hong Kong e Taiwan), un vero e proprio volano per la cultura
underground cinese
.

Giunti
in China per essere riciclati, i dakou trovarono un immenso e
desideroso mercato nero ad accoglierli, diventando il fulcro delle
campionature per unire mainstream a qualcosa di esoterico, di
diverso, di “artistico”. I dakou divennero la linfa delle
scene rock e avanguardiste cinesi. E sinceramente, mille volte meglio
i dischi bucati che il karaoke posticcio di oggi. Ai cinesi piace
cantare, da sempre.

Sui
dakou, una storia interessante. Uno dei commenti all'articolo
tradotto, racconta le vicende di uno studente la cui mamma era membro
del Cultural Bureau of China. L'organo che quotidianamente
requisiva i dakou affinché non corrompessero lo spirito
dei giovani cinesi (in un film Diciassette anni, tanto per
capire, la scena iniziale è in una scuola: flusso di persone e
dall'altoparlante parole come “ricordate che non è bene
portare capelli lunghi, pantaloni a zampa di elefante, barba, ecc.”).
Lo scopo era distruggerli, ma il figlio della politica in realtà
ne conservò parecchi e diventò una sorta di guru
musicale per l'intera classe: fu il primo a suonare la chitarra e
tirare su una band!

Ma sapere dove andare
è come sapere cosa dire
come sapere dove mettere le mani

(segue)

Posted in General.