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[Sarpi – Shanghai +70] Luna e Quartiere

Sono
breve. Stanchezza e ricordi e non ci si annoia mai, ma l'anima vagula e blandula. Ho cambiato la mia China, la mia
Shanghai ha cambiato occhi nei miei. La stringevo a un certo punto,
ne sentivo l'odore, mentre l'altra strisciava lorda tra altre labbra.
Avevo imparato le piccole consuetudini, le chiacchiere al mercato,
gli sguardi d'intesa, quando l'intesa chissà, ognuno
pensa qualcosa di diverso dall'altro. Nella mia Shanghai bestemmiavo
contro clacson e auto e moto, odiavo gli sguardi. Qui in questa nuova
città, hanno vietato i clacson. Non piacciono a quelli come
me. Dall'oggi al domani, è partita la moda di fare i doppi
fari. Nessuno usa più il clacson.

Oscar
Wilde disse, sul letto di morte, che stava morendo al di sopra delle
sue possibilità. Piano piano, da oggi, Shanghai muore sotto i
miei occhi, ben al di sopra delle sue reali possibilità di incantare con la sua frenetica e irripetibile foga. Ho cambiato casa, umore e quartiere. Sono nella Shanghai
del tutto il giorno in giro, del nostro popolo, quello italiano, è
intraprendente e fiero
.

La Shanghai che si mostra in tutta la sua finta ironia occidentale, accompagnata
da stridule risate degli uomini d'affari cinesi, che si stampano il
biglietto da visita su una banconota da un milione di dollari
indicandosi come President and Owner. Unici al mondo. A comprarsi tre
macchine del cavallino italiota via telefono. Perché hanno un
sacco di soldi ma vivono in città in cui il negozio non c'è.

E
allora chiacchiere. Ristoranti puliti, pochi che sputano, vestiti che
si attaccano e cazzo un conto è se ti si attacca una maglietta
un conto, insomma. Sono scomodo. Sto scomodo. Nodi che non si sanno fare, parole parole da
buttare. E stanotte forse dormirò, nel morbido e inutile
materasso. La China è anche questa: la odi e poi la rimpiangi.
Per due mesi ho pregato di trovare, come qualcuno mi leggesse nel
pensiero, qualcosa nel frigo. Stasera che ho tutto, non ho sete.

E
allora voglio ricordarmi, che ormai siamo agli sgoccioli di questo
lungo chinao, la Shanghai dei miei occhi, che chissà che occhi
avrà domani. Non la vedrò, i miei occhi si prepareranno ad affrontare altri occhi. E questi forse si terranno per sè quello che hanno visto. In China si piange due volte, dicono, quando
arrivi e quando te ne vai. Io direi tre. Quando arrivi, quando te ne vai e quando cambi casa.

 

 E
ne sarebbe valsa la pena, dopo tutto,

Ne sarebbe valsa la pena,

Dopo i tramonti e i cortili e le strade spruzzate di pioggia,

Dopo i romanzi, dopo le tazze da tè, dopo le gonne
strascicate sul pavimento

E questo, e tante altre cose?

E'
impossibile dire ciò che intendo!

Ma come se una lanterna
magica proiettasse il disegno dei nervi su uno schermo: Ne
sarebbe valsa la pena

Se una, accomodandosi un cuscino o
togliendosi uno scialle,
E volgendosi verso la finestra, dicesse:

« Non è per niente questo,

Non è per
niente questo che volevo dire».

 

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