Skip to content


[Sarpi – Shanghai – Sarpi] Apocalittici O Integrati

Uno
scrittore professionista, l'intellettuale malato di spirito e idee e
idealismo perduto. Un donatore di sangue, tutto soldi e profitto e
realismo. Una sorta di ying e yang, etereo e reale, freddo e caldo,
conviventi nel senso unico tracciato dall'Apertura di Deng: chi vive
facendo profitto, il venditore di sangue, chi vive scrivendo del
profitto, lo scrittore professionista.

Non
sembrano esserci vie di uscita, specie se il Partito commissiona un
romanzo su Lei Feng, celebre figura della Rivoluzione (io ho la
maglietta, esattamente con l'immagine a sinistra…), da ricercare
tra le unghie smaltate, le ciprie e i trucchi delle signore e i
vestiti all'occidentale, le amanti, il non libero cercare dei nuovi
signori cinesi.

Una
carrellata di personaggi che impressiona nell'involuzione continua
delle storie che si rincorrono con ritmi inaspettati e scanditi dalle
parentesi dello scrittore professionista. E' Noodlemaker, di
Ma Jian, tradotto con il solito titolo ridicolo, che forse sembra
fare più "China", chissà, ovvero Spaghetti Cinesi,
Feltrinelli. Splendidi i titoli dei capitoli, stile L'abbandonatore
o L'abbandonata
.

Tutti
i libri degli scrittori cinesi che ho letto, hanno un tratto comune,
che fatico a prendere a comprendere, a dargli una forma, un nome, una
parola.
Che ci siano spesso venditori di sangue,
romanzieri professionisti, storie di atrocità cinica e
indifferente, sia per la vittima, sia per il carneficine, non esprime
esattamente la sincronicità ambientale dei personaggi dei
romanzi.

Se
non sono i personaggi, deve essere il contesto. E potrebbe essere
così: specie per i romanzi che raccontano la China
dall'apertura all'occidente in avanti. Tante sorprese, tante
ripetizioni anche. Alla fine ci stupiscono sempre le stesse cose. Ma
non è l'ambiente, lo spiffero creato da una porta che si apre, senza
discernimento, a costituire il filo comune.

E
allora pensandoci mi autopropongo questa chiave di lettura, che
prende insieme personaggi, ambiente e storie. Io credo di poterla
catalogare come freddezza. Che del resto mi si incastra
perfettamente, traslando…:-), con la mia idea dei cinesi, come una
popolazione che non conosce né ha conosciuto una forma
culturale in grado di inserirsi negli anfratti sociali, come ad
esempio il nostro Romanticismo. I
cinesi sono stati abituati a pensare al presente, a concentrarsi su
quello. Da un lato insicurezza sul futuro, dall'altro la
meritocratica graduatoria che da sempre la cultura cinese sembra
perseguire. Ne esce una freddezza popolare che mi pare si rifletta
nelle storie raccontate. La sensazione di leggere con un velo sottile
davanti, di vedere sempre un po' sfocato, di non capire appieno, di
non sentirsi dentro a quella storia completamente. Come immergersi
solo con i piedi in una vasca da bagno con acqua fredda. Noodlemaker
non sfugge da questa ragnatela di impressioni.

Il
libro ha una scrittura che in alcuni tratti a me piace da matti e mi
manda in visibilio. Quella sorta di colloquialità non greve,
ma altamente sopraffina. Che non significa dire in modo semplice,
concetti altisonanti. Significa ridare tutto il senso immaginifico
alla vulgata, alla chiacchiera, alla lingua comune, rendendola ricca
di virtuosismi esattamente nel modo in cui lo è quando è
parlata: allusioni, giochi di parole, uso di parole desuete per il
gusto di ricordarle.

Al
solito mi ricorda i film e i romanzi italiani del boom economico,
l'arte di arrangiarsi, la voglia di fare parte, di prendere qualche
briciola di ricchezza inventandosi un modo, un metodo, un lavoro
(come lo scrivano di Noodlemaker), ambientato in un mondo molto
vicino a quello che è il mio ricordo de Il Maestro e
Margherita. Sarà perché anche qui c'è un gatto
parlante, che dice anche viva il presidente Mao e che viene
addirittura arrestato. Ma tutto sotto tono, senza la goliardica voglia di farcela di straforo, all'italiana. Lo straforo, qui, è sembra inabissato nei pensieri torbidi della lurida realtà. Non c'è distacco, catarsi, nessun calcolo e nessun senso, dentro questa paralisi.

C'è
un esempio che mi pare lampante: Epatite A, uno dei personaggi del
romanzo, sogna ogni notte di entrare in una mela e mangiarla piano
piano e a ritroso, e si immagina nella mela in pace con se stesso e
con il suo Paese (quando invece la sua situazione è quella del
perdente all'ombra della moglie trendy). Immagina la mela come una
città e ne vede nel centro la capitale. E allora lì a
mangiare non va, “perché forse è lì che abita
il presidente Mao”. Per lui, gli fa dire Ma Jian, quello era il
comunismo. In un crescendo di comodità all'interno della mela
credo ci sia il diverso livello delle strutture narrative che ogni
buon romanzo dovrebbe avere: diversi canali di lettura, di
comprensione, di immaginazione.

La
letteratura cinese mi pare sia ancora una letteratura “di
sorpresa”, per noi occidentali. Non ne possiamo apprezzare, del
resto, che gli aspetti sociali, di descrizione di vita di un mondo
così lontano e diverso dal nostro. Ma non potremo mai
apprezzarne l'interezza narrativa finché leggeremo traduzioni.
La lingua cinese è vasta, vastissima e l'arguzia di uno
scrittore cinese non è solo la capacità di descrivere
mai a sproposito, proprio come la curiosità impicciona tipica
dei cinesi, di intrecciare trame e vite, di stupire con frasi quali
“le pareti erano rosa, colore consentito solo dall'apertura della
China eccetera eccetera”. La lingua e il suo uso costituiscono un
qualcosa che solo pochi possono toccare e ancora meno saranno quelli
che ne potranno comprendere ogni piega equivoca e instabile.

Quella
di Noodlemaker è una China distante da quella vista da me: io
ho visto la seconda ondata, quello di quelli che sentono che hanno
solo una seconda occasione per racattare briciole e in cui non è
più consentito inventarsi un lavoro. E' la China, ormai, in cui
ci si deve solo inventare come sopravvivere, in cui la legge, al
solito, protegge il potere e per i poveri cristi non rimane che
recitare al meglio la parte della vittima.

come
è finto il mondo

dal
quale cerchi di scappare

per
non andare a fondo

e
allora dimmi

dimmi
cosa vuoi

dove
hai la ferita

e
allora spiega

spiegami
perché

che cosa è la tua vita

Posted in General.


3 Responses

Stay in touch with the conversation, subscribe to the RSS feed for comments on this post.

  1. ajorn says

    noooooooooooooooooooooooooo!!! dai nooooooooo :))
    ciao :**

  2. beirut says

    Ajorn!
    Finisce che la tua MaoBag la rivendo al bar delle cinesi…eh!
    🙂
    b.

  3. ajorn says

    ma sei rimasto sotto al dragone rosso??? e’ finita :)) sei a casa ora :))