Quando
a Genova arrivavano i campioni d’Italia, c’era sempre una certa
emozione. Da un lato c’era la paura di prendere troppi gol,
dall’altro la voglia di fare l’impresa, infine il piacere di poter
vedere dal vivo la squadra più forte dell’anno precedente. La
Roma di Falcao e O Rey di Crocefieschi, la Juve di Platini, il Napoli
di Maradona, il Milan di Van Basten, il Verona di Elkjaer, l’Inter di Mattheus, perfino i
ciclisti di Vialli e Cerezo, devo ammettere. Squadre con personalità
e che giocavano al calcio. Che spesso venivano a Genova, sembravano
dormire e poi ecco la zampata. E se avevi culo ti portavi a casa un
pareggio pieno di rimpianti. Altrimenti perdevi perché quelli
giocavano a calcio, noi ci si provava e basta.
Con
questo animo ieri aspettavo l’Inter, Ibra e compagni. Mi sono messo
nel parterre per vederli più da vicino. Ho visto invece una
squadra che lancia lungo, che deve fare un monumento a Cambiasso e
che deve piccionare i suoi ragazzini. Pelè fa tre falli in 3
minuti. Il primo brutto, il secondo veniale ma viene espulso. Capita.
Mancavano circa dieci minuti alla fine del primo tempo. C’è
chi dice 5, chi dice 20 (e mente).
Poi
l’Inter è sparita, perché non ha gamba, almeno in
questo momento, e perché non ha gioco, da sempre. Noi, come
già detto, giochiamo al calcio, ci piace tenere la palla,
muoverci, provare schemi, correre. Corriamo sempre da matti. Poiché
ieri abbiamo corso contro l’Inter i soliti mezzi di informazione
sottolineano la nostra come “la partita della vita”. Noi in
realtà giochiamo sempre così. E ieri, se avessimo
pareggiato anche solo 5 minuti prima, l’avremmo anche vinta.
Ovviamente contro l’inter in 11 è presumibile che la partita
sarebbe stata compromessa, ma il calcio è fatto anche di
cartellini.
Nel
secondo tempo assaltiamo la porta nerazzurra. Dal parterre si ha la
sensazione di un assedio, si bestemmia e smadonna. Io sto dieci
minuti completamente assente: perché penso che, contro
un’Inter così gramma e in 10, non si poteva perdere. Poi ho un
crampo e capisco che la tensione è troppa. Un bel coretto che
ricorda le incursioni di Dossena in casa Mancini mi fanno riprendere
fiato. Poi
Borriello la mette dentro. Guardo l’arbitro, indica il centro del
campo e allora volo. E arrivo alla rete e urlo e grido “Dai Genoa”.
Perché a quel punto cazzo, ce la possiamo vincere. Ma il tempo
è troppo poco e alla fine va bene così.
La
cosa importante è che, anziché celebrare un pareggio,
contro i campioni passati e ormai futuri di Italia, abbiamo tutti la
sensazione di una occasione persa.
Nota
su Mancini: dimostra di essere un allenatore, quando non toglie una
delle punte. Corretto. Perché altrimenti noi avremmo attaccato
in 10. Però alla fine, secondo me, non ha il coraggio di
togliere un evanescente Ibra (che però fa l’assist del gol) e
toglie Suazo. Che contro di noi segna sempre e che forse sarebbe
potuto essere più utile. Ho sentito le sue interviste sulle
radio genovesi. Giustamente si lamenta dell’espulsione. Il secondo
giallo secondo me non c’era, mentre il primo poteva addirittura
essere rosso diretto. Mi sembra però tremendo che si parli
sempre di arbitri e mai di tecnica. Come se qualcuno volesse favorire il Genoa…mi fa ridere solo il pensiero. La verità è che nel calcio le topiche degli arbitri ci sono sempre state e non è il caso di enumerare tutti i torti subiti. Per noi, piccoli, alla fine i torti e i favori si compensano. Per le grandi, penso che il bicchiere sia sempre mezzo pieno. In più, una
squadra che toglie Suazo e mette Cruz dovrebbe avere la decenza di non lamentarsi. Mai. Dovrebbero, semplicemente, avere qualcuno che li fa giocare al calcio, anziché trasmettere nervosismo, paranoie e complessi di persecuzione. Interisti, ogni tanto, fatevi una risata.
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