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I granchi di Playa Giron

Playa
Giron, oltre ad essere il titolo di una delle canzoni migliori di
Silvio Rodriguez, almeno per me, è anche il nome della
spiaggia, dove si combattè, nel 1961, contro l’esercito di
mercenari messo in piedi dalla Cia
, per tirare giù il
giovanissimo governo fidelista di Cuba. La retorica, avvicinandosi al
luogo simbolo, si spreca. C’è anche un museo che narra dell’impresa e raccoglie cimeli, documenti e i consueti particolari tanto cari ai cubani: scarpe, magliette, dentifrici. Un simbolismo ben comprensibile, che si ripete anche nel Museo de La Revolucion a La Havana, in cui sembrano mancare solo le mutande che Fidel indossò durante la trasversata con il Granma (esposto fuori dal museo, la barca, non le mutande).


Un gusto per i particolari un po’ guardone, che si ripete meno nel museo del Che di Santa Clara: deludente il fuori, un’assurda calata di marmo stile milite Ignoto, e anche il dentro con un mausoleo tetro e funereo in stile faraoni egiziani depressi e una expo poco sorprendente, perché le foto e le notizie si sono già viste e sentite svariate volte.

A tratti, con i cartelloni pubblicitari
sostituiti da giganteschi poster di propaganda, Cuba sembra una sorta
di Disneyland della Nostalgia Comunista. Un luogo fuori dalla storia,
che va avanti, nonostante tutto, ponendo interrogativi sia a chi a sinistra ci ha sempre creduto, sia a chi, ancora più a sinistra, mai ci ha creduto (io ad esempio). 

Con le sue contraddizioni e i suoi
misteri (solo impren
ditori, ad eccezione di chi, naturalmente sposa
un cubano o una cubana, sembrano avere i requisiti per decidere di
vivere sull’isola…) e la sua illogicità, tra burocrazia e desbelinamenti personali (dal genovese: intraprendenza personale) Cuba è un mix
tra una desueta forma di resistenza al resto del mondo e un
fallimento storico che assomiglia tanto alla fase pre apertura ai
capitali che si realizzò quasi trent’anni fa in Cina (crisi
economica, ideologia reggente in crisi e in difficoltà, cambio
di potere ai vertici, prime piccole aperture). Le case, le auto, le strutture sembrano robe di oltre cinquant’anni fa, mentre sul Malecon e nelle vie de La Havana vieja è un brulicare di socialità, tra persone in crocicchi nascosti, gente appesa a sedie e con la chitarra in mano, code per il gelato, giardini gonfi di gente.


E come in tutti i paese del "socialismo reale", forme di controllo che, se non sono all’avanguardia, sono senza dubbio imponenti. Molti poliziotti, molte uniformi, organizzazione burocratizzata allo scopo di sapere, o quanto meno registrare, tutto. Tutti segnano tutto su foglietti sparsi ovunque. I taxisti, chi cambia i soldi, i baristi, chi affitta le case particular. Poi arrivano gli ispettori, uniscono i dati e controllano che nessuno abbia sbagliato niente. Un taxista che ci accompagnava all’aereoporto è stato fermato: il poliziotto gli ha controllato tutte le tratte e i tempi percorsi. "Si perde più tempo che a farsi fare una multa", ci ha detto il taxista, di ritorno dal contropelo del "compagno poliziotto". Queste rapide impressione dalla città, vivibile con i suoi ritmi, incomprensibile rimanendo nella vita di superficie, da turista e poco più. Poi c’è il resto.

Verso
Playa Giron, infatti, si respira la Cuba campesina. La strada è colma di buche e gente per strada
pronta a farsi dare un passaggio. Campi, raccolti, cavalli, pecore e mucche. Banane. Riso. Poi, ad un certo punto, la strada
diventa rossiccia. Tante forme di cose spiaccicate al suolo, rosse, scure.
Quando ci siamo arrivati era mattina e solo pochi, pochissimi granchi neri e rossi e gialli, stavano attraversando la strada. Ma sul suolo, c’erano
i simboli di una strage.

Al
pomeriggio, alle sei la situazione si presentava insuperabile.
Con la macchina era impossibile andare avanti. Rumori e odori, importanti, come direbbe la Routard. Miliardi di granchi sulla strada, ad attraversarla, per depositare
le uova e tornare poi al mare. Milioni muoiono, ma i granchi possono
contenere fino a due o tremila uova. Osservando lo spettacolo si
vagheggiava di ecologisti tedeschi pronti a trovare una soluzione.
Incredibile, è vero: una ecologista è a Cuba per
studiare un sistema di salvezza per i granchi. Per i cubani di playa
giron, l’idea fa anche un po’ ridere. Manco si possono mangiare quei
granchi, perché sono tossici. (grazie a zack per le foto…;-)

 

Posted in Pizi Wenxue.


7 Responses

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  1. enrico says

    Si vede che hai girato Cuba come un turista.Cinquanta anni di embargo non ti dicono nulla?Parla della Scuola di Medicina aperta al mondo, parla della ricerca scientifica e ricorda che stiamo parlando di un paese del terzo mondo.

  2. franca says

    caro compagno Cuba non merita di essere presa per il culo come fai tu. Leggi prima tutta la sua storia.

  3. lucy says

    E pensare che noi tre anni fa siamo stati a playa giron e volevamo mangiare quei granchi;che ignoranza la mia ,poi che sono cubana e non sapevo che fossero tossici.

  4. b. says

    ciao Mila…
    ehm anche io me lo sono chiesto.
    La’ mi hanno detto che vano a deporre le uova, perché c’è cmq acqua, ma bassa. Non mi convince ma sinceramente non sono un esperto…
    ciao
    b.

  5. mila says

    cercando i granchi di cuba ho trovato il tuo articolo, anche io sono passata per playa giron e mi chiedo, perchè i granchi vanno verso l’interno e non verso il mare?

  6. ombra says

    apprezzo MOLTO la citazione di Silvio Rodriguez. Davvero. 🙂