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[Hu] Vie, strade, Concessioni

Dopo
le vie di Genova, associate al G8 e ai luoghi di quei giorni, pure a
Shanghai (chiamata brevemente Hu dai cinesi) mi piace cercare
l’origine dei luoghi, dei nomi e delle cose. E mi perdo a camminare.
Si direbbe che quasi non faccio altro. Forse perché le strade
nascondono segreti ad ogni svolta, forse perché solo
camminando si respira l’aria di una città, o almeno credo. O forse perché Shanghai (nelle due foto due starlette degli anni 30, questa a sinistra, del cinema, quella in basso a destra, delle pubblicità di sigarette) ha un fascino che va catturato, non senza dovere spendere un po’ di fatica. Una città che ricorda Milano, per i suoi chiaro scuri e per essere decadente e nonostante questo, ancora al centro dei trend comunicativi e finanziari del paese. Una bellezza, se si ritiene di trovarla, che richiede la massima empatia, un umore disposto a variare con sole e tramonto e tanta strada negli scarponi.

La
mia parte preferita di Shanghai è quella che viene definita
Concessione Francese:
un po’ perché abito nella via che si gongola sulle sue piccole
spalli occidentali, un po’ perché è la parte della
città che più echeggia quel miscuglio architettonico e
spirituale tra Oriente ed Europa, di cui Shanghai ha saputo farsi
protagonista nella sua vita sociale e politica.

Un
punto di non ritorno nella storia cinese e degli insediamenti europei
in Cina è il trattato di Nanchino del 1842, a seguito
della prima guerra dell’oppio. Quel trattato (e quelli che seguirono,
definiti non a caso, “ineguali”) oltre a mettere in ginocchio i
Manchu (la dinastia, ultima, dei Qing, quelli dei codini e della
regnante Cixi, tanto per intenderci) e a rintronare il popolo cinese,
stabilì anche l’apertura riconosciuta di alcuni porti alle
navi occidentali. Fino a quel momento i mercanti inglesi, scozzesi e
francesi, per dirne tre, se ne stavano leggermente al largo,
aspettando i mercanti cinesi, banditi, farabutti e faccendieri, per
scaricare sulle loro barchette l’oppio e ricevere nelle proprie the,
spezie, seta.

Con
la guerra si aprono i mercati. La Cina ne risentì, sia
economicamente, sia in termini sociali. E in quel caso i porti, tra i
quali quello di Shanghai, fino a quel momento cittadina un po’ spenta
e piccola, sovrastata dall’appena meridionale Ningbo, più
attiva e viva, diventarono centri propulsivi dei due Imperi: quello
cinese e quello occidentale. Così Shanghai prese ad animarsi di vite e di ogni
residuo umano che giungeva dai posti vicini per procacciarsi, in ogni
modo e con ogni strumento, di che vivere.

L’apertura
del porto trasformò Shanghai, via via, in una metropoli
dell’epoca, facendola diventare quello che oggi viene ricordata come
una città nella quale convivevano ricchi e ricche e
delinquenti di ogni risma. Una città dai colori e contorni
aspri, nel cui luccichio moderno, maestoso e apparente si
nascondevano giri e affari di ogni genere. La città nella
quale, in un parco, era esposto il cartello: vietato l’ingresso ai
cani e ai cinesi.

Nell’aprile
del 1849 nasce la Concessione francese, crocevia storico di
Shanghai e della Cina. Furono i francesi a stroncare la ribellione di
Shanghai (contro Impero e contro gli stranieri) del 1855, furono i
francesi a spingere per la seconda guerra dell’oppio. E ancora, fu
nella concessione francese che nel 1921 nacque il Partito
Comunista
Cinese (dove oggi sorge Xintiandi, la via
degli antichi shikumen dove sollazzano stranieri nelle notti
shanghaiesi), mentre ricche signore passeggiavano tra i viali di Hua
Hai Lu
(prima intitolata al maresciallo Joffre) e le sue piccole
boutique alla moda.

Shanghai
divenne per un secolo il centro più importante della Cina non
solo economicamente ma anche politicamente (oltre che per la moda e i
gusti dell’epoca, vedi il film Blood Brothers, ambientato
nella Shanghai degli anni Trenta, ma anche le opere di Anchee Min e
tanti altre naturalmente). La dirigenza del partito comunista, con un
Mao ancora relegato nelle montagne a studiare la guerra e la via
cinese al marxismo, dettava i tempi della propria vita illegale prima
e della propria ricerca di successo poi da Shanghai, prima di
ricompattare il paese e definire come capitale del paese Pechino
(dove tirarono giù alberi e tutto quanto sorgeva in Tien An
Men per celebrare le adunate di massa: a questo proposito ho visto
con interesse il documentario di Antonioni del 1972 sulla
Cina, in piena epoca di Rivoluzione Culturale, uno dei periodo bui e
che costituisce l’oggetto di indagine della maggior parte della
produzione letteraria cinese contemporanea. I testi del film sono di
Andrea Barbato. Mica poco. C’è anche una parte su Shanghai che
confermerebbe un antico andazzo che recita più o meno così:
se vuoi vedere quanti sono i cinesi, fai un giro a Shanghai.
Credo sia vero).

Oggi,
Hua Hai Lu è ancora una via lunga interminabili chilometri e
ospita migliaia di negozi e di grande firme. Nella parte più
in sorge anche l’ambasciata americana, riconoscibile dai muri
grigi e dalle guardie sempre presenti. Più in generale in
tutta la concessione esistono alberghi sontuosi, all’interno di
giardini magnificenti, in un clima tra il decadente e lo storico che
vanno a colorare l’umore dei suoi passanti. La fama da via dello
shopping di Hua Hai Lu, però è stata nel tempo
soverchiata da Nanjing Lu. Oggi
la via più occidentale dell’antica Shanghai è
considerata il centro degli acquisti della classe medio bassa cinese.

Eppure,
a ridosso della via, si articolano tutti quei vialetti e quelle
strade che nascondono antri bui e poco illuminati, piccoli parchi e
alberi a cadere sui passanti, come se non esistesse, a pochi metri,
quel brulicare di acquisti e vendite. Viuzze dove si può
trovare tofu puzzolente (si chiama così eh), pizzette di
Shanghai o le frittelle che rinfrancano e aiutano i chilometri
successivi da percorrere. E poi c’è Heng Shangh Lu, un
universo che sarebbe bellissimo, se non fosse anche il centro dei
pub, uno dei tanti, di Shanghai.

Posted in Pizi Wenxue.


7 Responses

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  1. 不倫 says

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  2. Feili says

    Ciao sono una pechinese-romana senza blog:). Ho letto sul blog di De che cerchi fotograf*, per cosa?
    Io faccio foto da un pò, se passi da queste parti fatti sentire.
    Feili

  3. ajorn says

    mmmmh cerchero’ magari su qualche bel sito dell’internazionale maoista ci sono arrivato tra l’altro con un articolo sulla dea bambina che veniva nominata dalle caste monarchiche e mo non sanno piu’ che farsene…
    li’ ho scoperto che non c’era piu’ la monarchia e i maoisti al potere
    poi ho cercato conferma su wikipedia :))

  4. b. says

    ajorn ho visto anche la tua mail…ahahaha (scusa se no ti ho risposto, ma ecco qui del nepal, non se ne sa mica un cazzo…
    ma invece di wikipedia dammi qualche link piu’ interessante!

    nero_socio: sì stavo pensando a qualcosa del genere, sperimento ancora, però! 🙂

    sul lavoro, guarda magari lo cercheremo tutti e due…
    ciao
    b.

    p.s. sta vivendo!
    http://adminchiam.noblogs.org/
    accatetivillo!!

  5. nero says

    ciao socio. stai preparando i post per il blog del prossimo libro? Bravo. Portati avanti. Finisce che mi trasferisco pure io lì, se mi trovi un cazzo di lavoro.

  6. ajorn says

    🙂
    ma delle vie di Kathmandu non si dice nulla? ci sono i maoisti al potere
    la monarchia spazzata via 🙂
    http://it.wikipedia.org/wiki/Nepal