Ieri
sera ho litigato con il mio amico chinao. La cosa più
difficile da spiegare agli italiani – oltre al clima che c’è
in questi giorni che il mio computer si sta bollendo e sembra l’hot pot e forse questo
è una dei suoi ultimi guaiti – è l’oscillazione del
proprio stato d’animo qui in Cina. Dire, alti e bassi, non basta.
Fermo restando la figata di ritrovarsi qui e osservare, capire, a
volte, chiedersi e interrogarsi e stupirsi, non è che non
manchino difficoltà. Perché la solitaria osservazione
ha i suoi lati positivi, ma le problematiche legate alla condivisione
e alla comunicazione sono piuttosto ardue da spiegare. Uno deve
venire qui e provarle, viverle. Specie in questo momento storico, molti dei
cinesi che conosco, accettano le spinte più nazionalistiche
che ritengono gli stranieri qui i Cina, persone interessate a fare
soldi o farsi una vacanza e per niente curiosi e a conoscenza della
cultura e delle abitudini sociali locali. Purtroppo bisogna pure
ammettere che nel 90% dei casi è vero. Però è altrettanto
vero che esistono eccezioni.
Se
la cosa che fa maggiormente imbestialire i cinesi è la nostra
scarsa conoscenza della loro storia, non si può dire che,
nella maggior parte dei casi che ho incontrato, non valga anche il
contrario. Anche i cinesi fanno facili comparazioni e ritengono di
conoscere, senza conoscere, la nostra cultura eccetera.
Il
mio amico è una persona normale, apparentemente. Perché
in realtà è in costante bilico tra l’essere una persona
inserita ed integrata nel tessuto sociale e lavorativo, ed un
outsider, secondo la definizione, sulla quale concordo, data da
footonearth. Conservatore, in alcuni casi, cazzaro in altri,
contestatore, o forse sarebbe meglio dire mugugnone. Disilluso, ma senza
avere la voglia di rimediare. Inoltre molti dei cinesi che ho
conosciuto, non sono mai stati al di fuori della propria città.
Questo rende molto difficile, in alcuni casi, un’apertura mentale che
sia disposta anche a cambiare idea o impressioni. Molti cinesi, così,
si ritrovano a vivere una vita in cui non hanno idea di come gestire
situazioni di emergenza, specie emotiva o di difficoltà. Pur
essendo da sempre, secondo una loro stessa espressione, abituati a
sopravvivere, per quanto riguarda sentimenti e amicizia, mi sembrano
spesso in balia totale, facili ad arroccarsi nelle loro consuetudini
e abitudini.
Sono
poco desbelinati, come diremmo a Genova. Tanto c’è
sempre la mamma che può dargli una mano (ho visto un film
molto istruttivo a proposito, la storia della costruzione della
ferrovia nel Tibet. Omaccioni di 30, 40 anni che dopo mesi di lavoro
in condizioni impervie, possono fare una telefonata: tutti a chiamare
mammà. Altro segno di somiglianza tra Cina e Italia, direi).
Ieri
sera siamo andati a bere una birretta. Con noi c’era anche una
ragazza che ho conosciuto qualche giorno fa. Si è trasferita a
Shanghai da poco, è una tipa sveglia. Poiché è
stata in Italia, Firenze e Roma, è rimasta impressionata da piazze, musei, arte. Mi sono divertito a ricordare posti in cui sono stato mille anni fa, rispondere alle sue domande, vedere che effetto fa l’Italia a una cinese di passaggio. Poi lei se n’è andata e
siamo rimasti io e il mio amico. Che ha cominciato a dire quanto
fosse stupida quella ragazza a chiedere tutte quelle cose inutili
sull’arte eccetera. Io mi ero già scazzato, ma purtroppo qui
non ci sono codici condivisi, il più delle volte, ed è
estremamente complicato fare capire quando preferiresti il silenzio,
senza passare per quello che è incazzato. E allora sono stato
ad ascoltare.
Ha
iniziato un diluvio di ovvietà, trascurabilissime, forse, con un clima meno torrido, tra le
quali la frase che mi ha fatto incazzare come una biscia: gli
occidentali sono semplici, avete la mente semplice, ha detto.
Tranne i business man occidentali, loro eh loro si che sono complicati, sofisticati, perché
devono affrontare un sacco di problemi, gestire relazioni, ecc. Loro sono svegli e complicati, sono più simili a noi cinesi.
Porcodio
gli ho detto, ora questa me la spieghi, perché se me la dice
uno in Italia, tanti saluti. E non sto parlando della mente semplice degli occidentali tout court, ho specificato, che lo so che voi cinesi siete le persone più sofisticate della terra e degli interi sistemi solari e noi invece siamo materiali e pensiamo che yin e yang siano due marche di yogurt….ma quella sul business proprio me la devi spiegare, gli ho detto. Forse sono stato un po’ irruento e lui
quasi si è spaventato. Però questo dare sempre più
importanza a chi sfoggia soldi e dimostra le sue qualità solo
sul lavoro tanto da diventare così degni di attenzione, è qualcosa contro la quale mi scontro
quotidianamente in questa cazzo di città. Detta dal mio amico poi, con cui ho avuto
discussioni interminabili su quanto il lavoro, le cose, non siano
quello che sei, eccetera, mi ha fatto scattare la carogna atomica.
Dopo poche parole l’ho sfanculato e gli ho detto di lasciare perdere.
Ho aggiunto però, che a volte, mi pare che mentre io cerco di
costruire un’amicizia, cercando anche di capirlo, lui no. Io gli
faccio mille domande, lui mi fa solo affermazioni. E perché io
mi ricordo quello che mi dice. Lui no, cazzo. E il problema è che, nonostante tutto, me ne sono tornato a casa pieno di dubbi. Su di me, mica su di lui.
In
un mondo dominato dai cinesi,
i
primi ad appoggiarli sarebbero gli italiani.
Facciamo
le file uguali. Larghe, non lunghe.
Le
traiettorie delle sopraelevate di Shanghai di notte si illuminano.
Sotto,
nei meandri del cemento che le tiene in piedi,
ci
sono delle luci viola.
Andiamo
a vedere le luci.
ei pengo, allora il concert??
ciao!
b.
questo post mi ha profondamente fatto incazzare con tutti i cinesi che ho incontrato per mezza giornata, evidentemente aveva toccato un nervo scoperchiato. Poi a sera per la prima volta sono finito in una discoteca locale, e mi sono spaccato dalle risate a vedere un agglomerato di minchioni che alla faccia della loro cultura millenaria inseguivano il peggio della nostra cultura musicale. Domani sera invece suonano i demerit!
Cia’
Come dici tu, ci sono sensazioni che non si possono spiegare, se non si provano almeno una, mille e cento volte. Questo è un pò quello che succede qui. A volte nonostante la solitudine è tutto meraviglioso solo perchè ho l’impressione di vivere qualcosa di unico, nell’osservare, nel partecipare e nell’avere l’impressione di riuscire a capire una cultura cosi diversa mi sento quasi privilegiata. Me ne sto nel mio piedistallo dell’osservatrice felice e soddisfatta.
Altre volte invece è tutto il contrario, quando la diversità è un ostacolo nella comunicazione, quando vengo trattata come una dei tanti nuovi occidentali in cina, quando avrei voglia solo di una normale comunicazione senza troppe premesse o spiegazioni, quando mi prendono in giro, allora mi innervosisco,me la prendo con la cina e con i cinesi e mi prende la nostalgia dei miei simili nostrani.
Un continuo alternarsi di yin e yang dentro la mia pancia.
La magia di questo posto nonostante tutto continua ad essere la perenne scoperta e spesso mi basta una lunga passeggiata in bici negli hutong per farmi tornare il sorriso.
Dopodichè penso che in questo momento,ad un mese dalle fottute olimpiadi, rappresentando solo il dieci percento degli occidentali qui e considerando chi compone il restante novanta per cento(lo dico senza presunzione), non si possono certo biasimare i cinesi per i loro pregiudizi. D’altronde se anche noi fossimo tolalmente sani forse andremmo a vivere in sudamerica non credi?
Io consiglio una pedalata:)
a Beijing gran giornata di sole, sono commossa:)))
baci
Feili