Senza
quel pezzo di terra l’Azerbaijian non può collegarsi
con un suo territorio al di là dell’Armenia, con tutti i
problemi del caso, come ad esempio la necessità di costruire linee del petrolio che passino via
Georgia, per arrivare ai fratelli turchi e infine in Europa e infine
negli Usa.
Gli
armeni, senza quel pezzo di terra, vedono ridotta la linea di confine
con l’unica nazione amica della zona, ovvero l’Iran (oltre a
rivendicare la presenza armena, millenaria, su quel pezzo di terra).
Un
lembo di territorio che divide i due assi caucasici, e non solo:
Turchia Georgia Azerbaijian, Usa da un lato, Russia, Armenia, Iran,
Cina dall’altro. Oil and gas, as usual.
Quel
pezzo di terra è il Nagorno Karabakh, conteso
attraverso una guerra tra armeni e azeri, che ha fatto circa 30 mila
morti, oltre un milione di profughi e che ha raso al suolo intere
città. Incredibile la vista di Agdam (purtroppo non si
possono fare foto), sterminata dagli armeni. Una città di
circa 120 mila abitanti, ormai disabitata e fantasma, i cui confini
sono i tank bruciati alle sue porte e che dall’alto offre anche la
sua fisionomia, decapitata.
In
teoria dal 1994 la guerra è finita, ma ancora un anno
fa ci sono state scaramucce (una dozzina di armeni e 3 azeri mi pare,
morti), perché un accordo formale e ufficiale non è mai stato raggiunto, nonostante alcuni tentati andati a vuoto, nel silenzio totale dell’opinione pubblica occidentale. Il
Karabakh è indipendente, solo per l’Armenia. Il 2
settembre, come in una festa di paese, a Stepanakert, la capitale, si
è celebrata l’indipendenza, o la quasi indipendenza.