Salvatore Ferraro, Alessandro Livi, Marco Varaldi, Simone Brunelli, Matteo Giordano e Ronny Toma. Sono i nomi di alcuni calciatori scambiati a prezzo d’oro tra Inter e Milan che, grazie a questi scambi fittizi, poterono iscrivere nel proprio bilancio plusvalenze per 14 e 12 milioni di euro. Giocatori che risultano sconosciuti anche ai più improbabili patiti di almanacchi e che in serie A nel Milan e nell'Inter non hanno mai giocato, pur essendo stati apparentemente acquistati e venduti per milioni di euro. E' la tecnica della plusvalenza: la squadra A vende alla squadra B un giocatore, e viceversa. Il suo costo originario è mille euro, ma le due società decidono di scambiarseli a 10 milioni di euro l'uno. In realtà soldi non se ne vedono, ma nel bilancio risulta un + 9 milioni di tutto rispetto, specie se le società hanno ambizioni di Borsa o la necessità di iscriversi a un campionato. Più naturalistica la definizione della plusvalenza da parte di Vittorio Uckmar, professore di scienza delle finanze e presidente della Covisoc fino al 2001: «è il trucco più in voga: lo scambio dei giocatori, un cane pechinese da 1 miliardo per 2 gatti siamesi da mezzo miliardo», con tutto il nostro rispetto per i calciatori, probabilmente ignari del proprio «valore», citati pocanzi.
Il Sole 24 ore il 21 maggio 2006 in piena Calciopoli esplora il mondo delle plusvalenze, che non si limita, del resto, ai soli calciatori: Galliani ad esempio, nel 2005 salva il bilancio del Milan cedendo il marchio Milan al Milan. Una magia da 181 milioni di euro sulla quale, come per il resto, nessuna società di revisione dei bilanci mette mai il becco.
Lo fa però la magistratura: è di ieri la notizia che avvisa quanto sia vicina la chiusura dell'inchiesta della Procura di Milano sui presunti falsi nei bilanci di Milan e Inter, condotta dal pm Carlo Nocerino, in cui compaiono indagati l'amministratore delegato e vicepresidente del Milan, Adriano Galliani e, come anticipato ieri dal Corriere della Sera, anche il presidente dell'Inter Massimo Moratti. L'inchiesta riguarda le presunte plusvalenze gonfiate dalle due società sportive nello scambio di giocatori, i cui valori di mercato, secondo l'accusa, sarebbero stati dopati. In Procura sembrano volere tempi rapidi per la richiesta di rinvio a giudizio e le prime udienze preliminari. Il periodo incriminato è quello che va dal 29 ottobre 2003 al 28 aprile 2005: per l'Inter – le cui irregolarità sarebbero terminate il 30 giugno 2004 – le operazioni sui bilanci sarebbero servite per raggiungere i parametri necessari, chiesti dalla Covisoc, per l'iscrizione ai campionati. Una eventualità che la senatrice di Forza Italia Maria Burani Procaccini sfrutta al meglio per palesare al mondo la propria esistenza: se così fosse, fa sapere, l'Inter deve andare in B. Quel che è certo è che il capo dell'ufficio indagini della Figc, Francesco Saverio Borrelli, chiederà nei prossimi giorni le carte ai pm milanesi, documenti che vanno a costituire il terzo filone dell'inchiesta più ampia sul cosidetto doping amministrativo. Il fascicolo è stato aperto e gli 007 federali hanno già in mano i documenti arrivati dalle altre due procure che indagano sulla finanza creativa del pallone, Roma e Genova. A livello sportivo però potrebbe scattare la prescrizione.
Moratti è persona tranquilla e non si scuote: «Non sono sorpreso perché sapevo che c'era questa cosa, ma siamo tranquilli. Con tutto il riguardo che si deve nei confronti della Procura, ci sentiamo di potere giustificare tutto». Galliani invece ha il suo stile inconfondibile: «falso in bilancio? Non lo so. Gli avvocati mi dicono di stare zitto ma stiamo evidentemente parlando di giocatori che si sono scambiati Inter e Milan con delle valutazioni. Non credo che qualcuno di noi abbia fatto un falso in bilancio. Stiamo sempre parlando di gioco del calcio e credo che le società siano libere di dare delle valutazioni dei propri giocatori».
Milano, ma non solo. Da indiscrezioni risulterebbero infatti almeno una quarantina di squadre tra A e B (in pratica tutte) implicate in un'indagine che tocca le procure di tutto il paese e parte da una denuncia dell’ex presidente del Bologna Gazzoni-Frascara. Mal comune mezzo gaudio, per interisti e milanesi, solita frittata per chi non digerisce il neocalcio. Come spesso accade, quando il football nostrano si ritrova in vicoli ciechi finanziari, arriva l'opinione di Vittorio Uckmar, da tempo simil Savonarola del calcio moderno: «sta avvenendo quello che paventavo sarebbe avvenuto. Dico solo che c'è un codice penale e fallimentare, perché i signori del calcio devono essere trattati diversamente da un imprenditore delle scarpe? Vanno puniti». Uckmar non è sorpreso: «i trucchi, sarebbe meglio dire trucconi, erano all'ordine del giorno. Comportamenti illeciti a più livelli: degli amministratori, del governo del calcio e anche del governo nazionale». Il fiscalista non si risparmia: la colpa è dei due governi della seconda metà degli anni novanta: «Il primo perché ha esautorato di ogni potere la Covisoc. L'altro, quello Berlusconi, perché ha legalizzato la falsa contabilità, penso allo spalmadebiti. Una cosa disastrosa».
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