Ma
Jan ha ricevuto i complimenti anche da Gao Xingjian, cinese
vincitore del Nobel nel 2000. La Cina tira, la curiosità
aumenta e nella letteratura cinese si cominciano ad indagare periodi
storici più recenti, dal post Tien an Men agli effetti più
contemporanei dell'apertura economica. Nella poetica di Ma Jan e il
suo Noodlemaker
(tradotto
in Italia con il consueto titolo ridicolo, ovvero Spaghetti
Cinesi, Feltrinelli), tante facce della Cina post riforme: uno
scrittore professionista, un intellettuale malato di spirito e idee e
idealismo perduto, un donatore di sangue, tutto soldi, profitto e
realismo, un imprenditore che gestisce una fornace per la cremazione,
un padre in preda all'ansia di liberarsi della figlia ritardata, per
avere la possibilità di avere finalmente un maschio.
Contrasti, contraddizioni: una sorta di ying e yang, etereo e reale,
freddo e caldo, convivente nel senso unico tracciato dall'apertura di
Deng che si riassume nell'asse portante: chi vive facendo profitto,
il venditore di sangue, chi vive scrivendo del profitto, lo scrittore
professionista.
Opportunità
e facili guadagni: è lo scossone sociale provocato dalle
Riforme. Non sembrano esserci vie di uscita, specie se il Partito
commissiona un romanzo su Lei Feng, celebre figura della Rivoluzione,
da ricercare tra le unghie smaltate, le ciprie e i trucchi delle
signore e i vestiti all'occidentale, le amanti, il non libero cercare
dei nuovi signori cinesi. Una
carrellata di personaggi che impressiona nell'involuzione continua
delle storie che si rincorrono con ritmi inaspettati e scanditi dalle
parentesi dello scrittore professionista. E' la China, ormai, in cui
ci si deve solo inventare come sopravvivere, in cui la legge, al
solito, protegge il potere e per i poveri cristi non rimane che
recitare al meglio la parte della vittima. Si è
detto che Ma Jan sia il Kundera cinese. In Occidente cerchiamo sempre
riferimenti a noi cari e decifrabili: ecco allora che Xu Xing,
carriera nell'esercito poi cameriere e spazzino a Pechino e in fuga
dopo l'89, viene classificato come il nuovo Kerouac o addirittura il
Salinger di Holden. Perché il suo E quel che resta è
per te, Nottetempo edizioni, è on the road ed è
anche una sorta di iniziatico rifiuto e intimismo cinico nei
confronti della Cina anni 90. Una struggente e ironica storia di
amicizia, resa vivida nel ritmo da una traduzione ottima e
riecheggiante l'arte di arrangiarsi. Xu Xing non perdona nessuno: la
Cina di Mao, quella delle Riforme, quella occidentalizzata. Dopo lo
scossone dato alla letteratura impegnata dalla cosiddetta
«letteratura della ferita»
(shanghen wenxue), sguardo critico, spesso ironico, sulla
Rivoluzion Culturale, Xu Xing, che oggi vive in Cina, entra di
diritto nella scia della pizi wenxue, «la
letteratura dei delinquenti»,
iniziata da Wang Shuo, i cui personaggi, ragazzi border line senza
una dimora e un impiego, ruppero i cardini consueti della letteratura
e delle categorie cinesi dei lavoratori, contadini, intellettuali.
Una poetica già conosciuta in Occidente, di assoluta novità
in Cina.
(Giulio Abbadie)