L’uomo in nero
fuggì nel deserto. E il pistolero lo seguì.
Allora
vediamo: abbiamo messo in discussione un gemellaggio storico, perché
ormai anche gli ultras si sono berlusconizzati e confondono le maglie
con i giocatori (mi riferisco a Toro Genoa 2-3. Un bacio a granata,
per me niente è cambiato, continuerò a tifare anche
Toro). Sono gli stessi tifosi che gli va bene sempre tutto, che hanno
il presidente, che uno è un fenomeno o è grammo quando
lo dicono i giornali e sono quelli che lato Genoa, "in fondo il
Toro ci aveva mezzo mandato in C" e cazzate simili. Guarda te se
mi tocca perfino elogiare una certa mentalità ultras, quella
che va al di là del campo e si basa su memoria (era il 1973) e
storia comune. A tutti questi ricordo lo striscione
di domenica scorsa, in previsione di futuri scempi.
Si che ci sei
stato, sicuro. Io non dimentico mai una faccia.
Ho ricevuto visite strane: nella Terra di Mezzo l’aria sembra meno inquinata, ma di fronte a certi anniversari, l’inquinamento percepito è di altro genere. Ho fatto finta di non capire, diciamo e i due se ne sono andati. Lo ammetto: l’ho trovato divertente. Quando l’ottusità pervade la quotidianità è più facile trovare motivazioni. Ma a dire il vero nella mia personale borsa di cause e spiegazioni, la mano cominciava a girare a vuoto. Ne erano rimaste poche, le migliori o le peggiori, a seconda di cosa la faccia dica ogni mattina.
Poi invece,
per fortuna: Pamuk mi ha regalato altre cose speciali. Ormai di
fronte a lui mi trovo come un bambino che guarda rapito per la prima
volta i giochi che fa il fuoco: mi sento attratto e ne ho paura. Come
capita quando si è su una nave, o in cima a un dirupo:
andarsene, sennò c’è il rischio di buttarsi, di volere
perdersi in quel burrone. C’è poi da capire se il tuffo
possa essere una fuga o una curiosità impellente e quasi
naturale. Pamuk è la nave e il mare insieme, ma non solo. Si
diceva del colore del grano. Ne ho trovata un’altra di mirabolante
forma di legame: il cristallo della neve.
Neve,
appunto, di Pamuk è un libro che mi ha lasciato senza
fiato (per altro lo scrittore è di nuovo sotto processo
per avere detto che i turchi hanno massacrato kurdi e armeni, dopo che un suo amico scrittore, che aveva detto le stesse cose, ma non aveva vinto il Nobel, lo hanno seccato per strada…mentre
comunque sale la voglia di Caucaso, insomma purché non sia Europa!) Si
dice ci sia un tempo per ogni libro, o almeno lo diceva Pennac e
tendevo a fidarmi di lui, quando lo disse. Neve l’ho preso in mano
e l’ho lasciato lì, stanco. Ne venivo da Il Mio Nome è
Rosso, ma lì c’erano omicidi, misteri, rincorse. Poi avevo
letto qualche libro di genere, un paio di romanzetti e mi ero
abituato a una scrittura semplice e rapida.
In
Neve è diverso: le prime pagine mi hanno buttato con il
culo per terra. L’ho riattaccato qualche tempo dopo, un paio di
settimane fa, ed è stata tutt’altra musica. E mentre leggevo mi
sembrava di essere in mezzo a uomini senza qualità, montagne
incantate, dolori di giovani e meno giovani. Un classico, un insieme di letture diverse, toni, livelli. Una struttura dura europea e straordinariamente bizantina insieme. Archetipi e il mistero dei misteri, la vita, le
relazioni, i desideri, la fede, la politica. Il tutto in un non
luogo, in cui ciascuno di noi credo abbia la sensazione di vivere in
modo permanente. E hai voglia a elogiare il divenire minoritario, eppure. In
Neve l’abisso del senso delle cose, della ricerca affannosa di
una strada, di un pertugio, una traiettoria micidiale, diventa un
pozzo di mistero, avvolto da pareti lisce, senza alcun appiglio.
Oguno dà le proprie risposte e le proprie soluzioni, solo a se
stesso, quelle più vere. Pamuk sembra raccoglierle tutte, in
uno strambo processo di discesa e risalita e ancora discesa. Come un
ammasso di strade asfaltate di sentimenti e incroci premurosi, in cui
non sembra esserci altra soluzione se non quella di perdersi. E solo
dopo vedere, dove ci hanno catapultato quegli astrusi giochi di
scelte e rinunce.
Restaci
tu qui
soffrirò di nostalgia
ma devo uscire fuori da
qui
Io devo io devo io devo io devo
e come dicevi tu
tornerai qui
solo quando avrai bruciato tutto
solo allora
sì.
ahah, si sente perfino qui in yunnan che la presenza di uniformi e’ piu’ o meno triplicata. Chissa’ lassu’ com’e’.
Ciao Simo,blog interessante il tuo,l’ho scoperto da poco.
Oggi il mio toro e’retrocesso di certo non per colpa del Genoa ma per colpa di una stagione giocata male e gestita peggio(dirigenza del tutto insufficiente).
Non la volevo piu’vedere sta’serie B del cazzo e invece me la devo sorbire per un altro anno(se va bene)…Saluti da un altro pechinese.
Steno