Mi
pare fosse sulle Iene. La domanda era, chi è stato a compiere la
strage di piazza Fontana? Risposta: Al Quaeda.
Un
altro 12 dicembre è andato.
Post
di segnalazioni (sono influenzato e smadonnante, allegro, con brio).
Uno: Cartoline
dalla Cina per precaria.org: la
prima, la seconda, la terza. La quarta è nelle mani di chi gestisce il sito…in arrivo!
Poi: chi
conosce un potenziale traduttore arabo, in grado di tradurre a scelta tra italiano, spagnolo e francese? Meglio dall’italiano, ma insomma…se fosse un giornalista, disposto a mettersi in ballo ancora meglio, altrimenti va bene anche un semplice traduttore…(Sì voglio fare China-Files
in arabo). Chi mi conosce, mi mandi la mail…:-)
Infine
un pezzo uscito oggi su Il Manifesto con cui sono convinto di essermi
fatto dei nuovi amici da queste parti. Tempo fa avrei fatto finta di niente. In questo momento – invece – mi sento insofferente, anche qui in Cina. Ottusità del potere. Baci.
— Formalmente incriminato Liu Xiaobo ——
Ci
sono molti modi per celebrare giornate internazionali. Quella dei
diritti umani del 10 dicembre, ad esempio, la Cina l’ha celebrata
incriminando formalmente per «incitamento alla sovversione
contro il potere dello Stato» Liu Xiaobo, uno dei firmatari
della Charta 08. Il documento lanciato da un gruppo di 300
intellettuali e cittadini comuni e sottoscritto da 10 mila cinesi –
pur essendo vietato e quasi introvabile nella rete – chiedeva
aperture democratiche, elezioni, poteri bilanciati ed esercito sotto
il controllo del governo, anziché del partito comunista. E’
stata la moglie, Liu Xia, a ricevere la notizia dell’incriminazione
del marito, mentre secondo l’avvocato di Liu, Shang Baojun, il
processo a suo carico potrebbe aprirsi già in soli dieci
giorni.
Tempo
fa, si diceva che Obama, durante la sua visita in Cina, avrebbe
parlato personalmente alle autorità cinesi del caso del
dissidente agli arresti, nonché di altri 11 persone
considerate rilevanti dall’amministrazione statunitense.
Evidentemente il fascino del Nobel per la Pace non ha avuto effetti a
Pechino: per Liu, professore universitario, adesso si aprono le porte
del processo e una potenziale condanna da 5 a 15 anni. Carceri cinesi
nelle quali il cinquantatreenne Liu ha già soggiornato: avendo
partecipato al movimento del 1989 fu condannato a due anni di
reclusione e nel 1996, dopo aver chiesto un’apertura dei negoziati
con il Dalai Lama e avere criticato il partito unico, fu condannato a
sei anni di rieducazione.
La
condanna appare certa, specie alla luce della parole del suo
avvocato: «Liu potrebbe evitare la prigione solo nel caso di
una clamorosa protesta da parte della comunità internazionale,
cosa evidentemente non ancora successa». «Solitamente i
dissidenti vengono condannati a 3 anni», afferma un osservatore
dello Human Rights Watch. Poco importano le prove: in questo caso
nelle mani degli inquirenti cinesi ci sarebbero il documento di
Charta 08 e sei articoli presi dal web, secondo quanto sostiene
l’avvocato di Liu Xiaobo. Abbastanza per una condanna esemplare, che
ha già suscitato reazioni in Cina.
Sarebbero
300 infatti i firmatari di una lettera in difesa di Liu, mentre molti
altri firmatari della Carta, 165 residenti in Cina, già quando
Liu venne arrestato, pochi giorni prima della pubblicazione di
Charta08, avevano diffuso un comunicato con un slogan chiaro: «se
Liu è colpevole, lo siamo anche noi». Ran Yunfei, un
blogger piuttosto noto del Sichuan, che firmò sia il manifesto
di Charta 08 sia la lettera successiva, ritiene che il tentativo del
governo di rendere silenziosi gli oppositori sia sempre più
forte, benché destinato a fallire: «come ogni processo
storico, anche quello di democratizzazione non può essere
fermato», ha detto in una intervista.
Sui
modi e i tempi dell’incriminazione di Liu Xiaobo– e della probabile
condanna – arriva la riflessione di Nicholas Bequelin di Human
Rights Watch Asia: «la sentenza potrebbe arrivare proprio in
occasione delle festività natalizie, in modo che l’attenzione
internazionale non possa essere pronta a reagire. Questo conferma la
rilevanza che sulla Cina ha l’opinione pubblica mondiale».
Quando
nel dicembre 2008 Charta 08 venne lanciata, la reazione delle
autorità fu fulminea. Solo a gennaio furono un centinaio le
persone fermate in 17 province. Secondo il China Human Rights
Defender il numero sarebbe stato più alto perché
molti di coloro che subirono vessazioni non lo denunciarono, per il
timore di rendere pubblica la notizia. A favore della liberazione di
Liu si sarebbero già mossi alcuni intellettuali tra cui Salman
Rushdie e Wole Soyinka.