La
“guerra alla droga” ha prodotto ricchezze per quasi ogni
narcotrafficante che si rispetti. Altrimenti, cioè negli anni
80 tra Usa, Messico, Colombia e affini, se non facevi la grana eri davvero uno sfigato. Una baciapile, un
leccaculo di qualche signore della droga al massimo e incapace di
arraffare una fetta della torta. E se non riuscivi a smerciare droga
dal Messico, dalla Colombia, almeno con le armi, via Usa, non si
poteva certo rimanere con le mani in mano. E a secco di soldi. La "guerra alla droga" è
stata una delle agenzie di collocamento più fruttuose della
storia recente. Altro che crisi: rimanere al palo sembrava
impossibile.
Se
poi il giro prevede, cocaina -dollari -armi -dollari/cocaina, chi becca
dollari due volte, evidentemente è più fortunato o
bravo. Ricchezze che senza la guerra alla droga sarebbero state impensabili. Se non ci fossero gli sbirri, hanno pensato più di
una volta i narcos de La Plaza, non sarebbe stato possibile che una cosa così
economica come la coca, potesse finire per produrre profitti così alti.
Perché se non ci fossero stati da superare gli ostacoli polizieschi
(spesso di facciata, in nome di qualche moralismo d’occasione) il
prezzo non sarebbe mai salito a certi livelli.
Se
poi all’interno della guerra alla droga finiscono operazioni che segnano
la storia politica e sociale di un paio di continenti, centro e sud
America, allora la situazione si fa interessante. E se si scrive un
libro, si regala grande godimento agli amanti del genere. Se il libro
è Il potere del Cane, bingo!, come direbbe Pesche Grande, forse.
Don
Winslow (che una bella cartella in faccia l’aveva già regalata
con L’Inverno di Frankie Machine, formidabile)
mette su un autentico capolavoro incentrato sulla vicenda storica
della "guerra alla droga" degli anni 80 e 90, muovendo personaggi veri, e di finzione, su
un palco che niente ha da invidiare al capolavoro al riguardo, ovvero
American Tabloid di Ellroy. Là
c’era Kemper Boyd, qui Art Keller, là c’era Pete Bondurant,
qui c’è Sal Scachi e non solo. Una saga di malavita,
intrecciata alla storia della democrazia più ridicola della
terra, gli Usa. In mezzo i Contras, le Farc, la mafia, la Cia e chi
più ne ha più né metta. Piani, strategie,
intrighi e sballo.
Struttura semplice, da un punto di vista
narrativo, perché Winslow deve fare ballare centinaia di
protagonisti, regalando una vera e propria reality fiction coi
controcazzi, roba da mettersi in ginocchio o sperare di avere la
stessa idea, costanza e bravura per creare al più
presto, qualcosa di simile. O perché qualcuno ci stia pensando.
Potremmo
chiamarla New Italian Epic, fossimo in Italia, anche se dal
mio punto di vista, nemmeno Romanzo Criminale regge l’urto
della prosa ammmericana di
Wislow, secca e asciutta come la pistola di Callan, dei dialoghi
spaventosi e delle ambientazioni: sempre frontiere, confini,
equilibri labili latenti e spesso finali. Per non parlare del buon
Sarasso o di altri che si sono, ammirevolmente è chiaro,
cimentati con il genere. A questo proposito prima de Il Potere del
Cane avevo letto Il Bambino che sognava la fine del mondo (una
reality fiction ambientata a Bergamo su uno degli scandali legati
alla pedofilia che tempo fa sconvolse l’Italia) di Antonio Scurati.
Tra l’uno e l’altro – non me ne voglia Scurati che pure beccavo in un
bar di Piola nella capitale economica del paese che non esiste, a farsi il caffè e mi sembrava un tipo
interessante – mi è parso di passare dal vedere la Rivarolese
in Promozione al Torbella, allo stare seduto a vedere il Barca in Champions, al Nou Camp. O
quasi. Perché, al contrario dei nostri autori, Winslow non si
mette mai allo specchio. Racconta una fottuta storia. E lo fa da dio.
p.s. il correfoc è una delle pratiche con cui si celebra la settimana di festa a Barcellona, la Mercè. Non c’ero mai stato ed è divertente: centinaia di persone vestite da diavolo si riversano per la strada dando fuoco alla gente…:-O
La gente sta sotto al fuoco, gioca con i diavoli (che spesso si innervosiscono perché tutti gli zompano addosso e lì sono cazzi) e si cammina per qualche ora, uscendone senza forze, puzzando come una capra, perché i fuochi sono pirotecnici e tanfano da far male, sudati come bisonti, ma scarichi e rilassati.
Perché sotto al fuoco – che brucicchia e lo sanno i vestiti con cui ci si barda, travisandosi (in Italia sarebbe impensabile perché magari si potrebbe temere che qualcuno possa inveire contro i missionari di pace dell’esercito italiano…) – si salta e si urla. Ed è davvero liberatorio, non lo pensavo.
Ecco: Il potere del cane, la sua anima, è simile al correfoc.
p.p.s.
qui
la recensione del mio socio. Voto alto ma un po’ troppo breve per
i miei esigentissimi gusti 🙂
finito?
rieccoci 🙂
b.
ci sono immersa anch’io fino al collo!
appena finisco di mangiarmi le ultime 200 pagine dico al mia 🙂
bella recensione,
le mie sono brevi perché sto leggendo troppo e non ho tempo di raggranellare le idee, allora butto lì le impressioni senza approfondire.
cmq sottoscrivo anche la tua 🙂