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Telecom-Sismi, arrestato Mancini: «Era il capo»

 

Nell'archivio dell'organizzazione anche la relazione del Sisde sul Social forum di Firenze. L'ex dirigente dell'intelligence si occupava di raccogliere informazioni su aziende all'estero

E' di nuovo in carcere Marco Mancini, il dirigente del Sismi che mentre gestiva la Prima divisione si sarebbe occupato di aiutare la Cia a rapire l'imam Abu Omar. E questa volta a metterlo nei guai sono i legami con l'ex capo della sicurezza Telecom Giuliano Tavaroli e l'investigatore privato Emanuele Cipriani.

 

«In qualità di alto funzionario del Sismi», scrive il gip Giuseppe Gennari si occupava insieme ai due soci di gestire l'associazione per delinquere, scoperta a settembre, che costruiva dossier, utilizzando anche il sistema di archiviazione di tabulati presente in Telecom, per poi rivenderli alla stessa Telecom, ma anche ad un giro di piccoli e grandi imprenditori.
Mancini non si tirava indietro neppure nella costruzione dei dossier, fornendo ai due soci informazioni riservate che provenivano dagli archivi del Sismi. Su esponenti politici, forse, di certo e spesso su grandi aziende estere. In cambio, dall'amico Giuliano Tavaroli – hanno cominciato entrambi all'antiterrorismo di Milano sotto la guida del colonnello Bonaventura – riceveva informazioni che solo l'accesso al sistema telematico di Telecom poteva garantirgli. Arrivavano anche soldi, e infatti tra i capi di imputazione c'è la corruzione, ma le cifre non sarebbero mai state particolarmente rilevanti.
I tre erano capaci di raggiungere informazioni di ogni tipo, comprese la relazione del Sisde sul Social forum europeo riunitosi nel novembre 2002 a Firenze: il documento, dedicato ai presunti pericoli che si nascondevano dietro la manifestazione (che invece si svolse senza alcun incidente) sarebbero arrivati nell'archivio di Emanuele Cipriani grazie ai mille agganci di Giuliano Tavaroli, accompagnati da una scheda su un dipendente di Pirelli impiegato nello stabilimento di Bollate. Proprio Cipriani – che da tempo è ai domiciliari e che in questi mesi ha parlato più volte, persino dallo studio televisivo di Matrix – sarebbe l'«accusatore» di questa nuova parte dell'indagine milanese. Il gip Giuseppe Gennaro ha chiesto per lui di mantenere i domiciliari, ma i suoi legali tengono molto a sottolineare che le accuse nei suoi confronti si sono «alleggerite».
Nell'ordinanza di settembre Cipriani definisce «amicali» i rapporti con Marco Mancini, con il quale sarebbe stato solito incontrarsi all'uscita del casello autostradale di Firenze: le dipendenti della Polis d'Istinto avevano precisato ai pm come il canale privilegiato per informazioni riservate e delicate – denominate «nostri mezzi» – fosse un certo Marco, padrino della figlia di Cipriani. «Grazie ai nostri mezzi – scriveva il gip – Cipriani aveva a disposizione tutti i mezzi esistenti sul mercato per fornire ai propri clienti le informazioni necessarie». Informazioni che Cipriani durante gli interrogatori successivi al suo arresto avrebbe puntualizzato, riferendosi a Mancini, pur insistendo sulla natura amicale dello scambio limitata a compensi (rimborso di viaggi) e regali. Nella richiesta di arresto dello scorso settembre contro Tavaroli e Cipriani i pm definivano «inquietante» lo scenario di vicinanza tra la security di un gruppo economico privato con esponenti dei servizi, riscontrato anche dai tabulati telefonici tra i tre che si spiegherebbero solo attraverso una motivazione «professionale»: neppure due appassionati amanti, scrivono i pm, si sentirebbero con tale frequenza. Il sodalizio del resto non era un mistero: il tenente colonnello D'Ambrosio, ex capocentro del Sismi a Milano, aveva riferito ai pm dell'esistenza di un gruppo chiamato «Banda Bassotti», di cui avrebbero fatto parte sia Mancini sia Tavaroli e Cipriani, «diretto a lucrare sulla acquisizione di notizie».
Mancini è stato arrestato ieri mattina a casa sua a Castel San Pietro, dove era tornato in ferie da qualche giorno sebbene il Sismi abbia deciso di mantenerlo in organico a Roma nonostante l'uragano Abu Omar. Secondo il gip milanese anche se non ha più il «Nos» (il lascia passare che consente di accedere alle informazioni riservate) la sua posizione avrebbe potuto permettergli di inquinare le prove a carico. Stesso ordine per Giuliano Tavaroli, ancora in carcere a Voghera. L'avvocato di Mancini Luigi Panella ha protestato violentemente contro la scelta milanese: il suo assistito era stato interrogato il 28 novembre e, spiega il legale, «in quella occasione Mancini ha ammesso di aver avuto rapporti istituzionali, oltre che di amicizia, con Giuliano Tavaroli ed Emanuele Cipriani, ma aveva anche invitato i pm a procedere con contestazioni specifiche per evitare di parlare di fatti coperti dal segreto di stato». In seguito a quell'interrogatorio Panella ha pure inviato una lettera al Sismi per sapere quali atti collegati a Telecom fossero coperti da segreto di stato. Ma da palazzo Baracchini nessuna risposta.

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