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[Sarpi – Shanghai] Pena di morte, frenata olimpica per il boia cinese

Frenata
sulla pena di morte in Cina: la Corte Suprema ha chiesto maggior
giudizio nelle condanne, con l'obiettivo di ridurre il numero, alto e
imbarazzante, delle sentenze capitali. Il documento della Corte
sancisce che in tutti i casi di condanna senza necessità
immediata di esecuzione, «va comminata una pena di morte con un
rinvio di due anni». La punizione estrema inoltre, non andrà
più applicata alla leggera, ma «solo per un piccolo
numero di delinquenti efferati».L'esternazione della Corte
Suprema è coraggiosa per alcuni, di comodo per altri. I cinesi
dal canto loro, al solito, prima osservano: su blog di addetti ai
lavori si discute di appunti e implicazioni giuridiche, sui media si
evidenzia la magnanimità della Corte, mentre per le strade
nessuno ne parla. La grande maggioranza dei cinesi sembra restare
favorevole, in linea di massima, alla pena di morte. Specie per
alcuni crimini, specie quando si parla di corruzione, banditismo
economico, tangenti e soprusi del potere.
Amnesty International
risponde alla novità cinese: nel 2005 le condanne a morte
eseguite in Cina sono state pari all'80% di quelle portate a termine
in tutto il mondo. Nel 2006 pare siano state 5000. La mossa della
Corte Suprema sarebbe un contentino in vista delle prossime
Olimpiadi: i giudici cinesi considererebbero ancora la pena di morte
come il deterrente migliore per frenare i crimini, assieme ai tanti
striscioni, affissi ovunque nelle strade cinesi, che invitano non
rubare, a comportarsi da cittadini modello, a ricordare le pene in
cui potrebbero incorrere i più incauti.
La presa di
posizione della Corte Suprema, il cui presidente è eletto
direttamente dal Congresso Nazionale del Popolo, non costituisce in
realtà una mossa così inaspettata: è il secondo
passo «in avanti» dall'inizio dell'anno. Dal primo
gennaio 2007 infatti la Corte ha riacquistato, dopo 24 anni, il
diritto di avere l'ultima parola in tema di condanne a morte
effettuate da Corti provinciali, che spesso non vanno troppo per il
sottile quanto a garanzie.
La Corte ha anche specificato alcuni
criteri ai quali attenersi. I crimini non considerati più così
efferati da meritare la pena capitale sarebbero quelli definiti
passionali, in ambito domestico o familiare, nel momento in cui
venisse retribuita la famiglia della vittima di un adeguato compenso.
Anche i crimini economici non meriteranno più la pena di
morte: se i colpevoli collaboreranno e aiuteranno a ritrovare i soldi
smarriti sotto ai tavoli se la caveranno con una pena lunga, ma da
scontare da vivi.
Per il resto, per ora, tutto come prima:
«Dobbiamo pienamente considerare la necessità di
salvaguardare la stabilità sociale e di non esitare nel
comminare condanne a morte con esecuzione immediata nei confronti di
criminali i cui reati hanno causato conseguenze estremamente gravi
per la società», ha detto la Corte.
Jiang Xingchang,
vice presidente, aveva fatto i primi passi mediatici qualche
settimana fa, indicando nell'inizio di 2007 un segnale di
discontinuità rispetto al passato: «Le sentenze, dal
primo gennaio, sono visibilmente diminuite rispetto all'inizio
dell'anno precedente». Di numeri, naturalmente, neanche
l'ombra, ma al solito la macchina propagandistica cinese è
apparsa impeccabile. Si sarebbe parlato solo di 3 milioni di casi
analizzati in sei mesi, sui quali la Corte avrebbe operato un'enorme
opera di clemenza.
Cheng Zexian, direttore dell'Istituto di legge
dell'accademia delle scienze sociali cinesi, ha dichiarato ai
giornalisti cinesi che un primo passo è fatto, «anche se
ci sarà bisogno di molto tempo prima che la società
cinese possa concepire l'abolizione della pena di morte».
Martedì
scorso infatti un'altra esecuzione ha avuto luogo: Wen Mengjie, ex
direttore della Agricultural Bank of China a Pechino è stato
giustiziato per aver ricevuto, secondo il Tribunale locale, tangenti
per circa 400 mila euro. Uno dei tanti colletti bianchi che da oggi,
potrebbe cavarsela, salvo indicare dove sia nascosto il bottino.

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