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[Genoa] Cade un’aquila dal cielo

Cau
ou mè zuenottu ve porta miga na smangiaxun
che se cuscì
fise puriesci anàvene ‘n gattixun
Nu ghe n’é nu ghe
n’é nu ghe n’é

Si
gironzola per Roma, facendo più giri che la merda dei tubi.
Con Hellas ci facciamo un giro nel ghetto, salutiamo S. (grazie,
grazie), ci prendiamo una piomba notturna e l’indomani, alle 14 circa, siamo già insieme al migliaio di
rossoblù in trasferta in coda ai tornelli. Entrare
all’Olimpico è sempre una sensazione strana, specie dopo aver
superato il Foro Italico, ebbro della sua littoria superbia. Vola
un’aquila nel cielo, cantano i nazilazio. Vola vola.

Noi
ci scaldiamo, cantiamo e un gruppone di romani genoani porta in curva
variegate prelibatezze dolci. Si mangia, si smadonna, si teme una
figura di merda. Ogni volta che si va in uno stadio “grande”, la
sensazione è quella di sperare in una partita dignitosa, sul
campo e ancora di più sugli spalti. Cominciamo bene e i primi
venti minuti diamo il bianco, sugli spalti e e in campo. Giochiamo a
4, con Gasperson che torna a ragionare di tattica e piazza Criscito a
sinistra e Konko a destra: a turno vanno a francabollare Mauri, uno
dei più temuti.

Sulla
consueta cappella di Rubinho becchiamo la prima pera e si bestemmia
che è un piacere. Poi venti minuti di nulla. Si riparte e
Hannibal si inventa una piroetta da circo, l’arbitro ci casca e
pareggiamo. Ora: rigore inesistente, fuor di dubbio, ma il Genoa è storicamente
in credito di rigori, specie contro la Lazio (negli anni 80 almeno
due volte, grazie a un rigore truffaldino, ci hanno catapultato in B,
mortacci loro).

Oua
scie che ghe semmu
, c’è la sensazione del colpaccio. E infatti
Marco Borriello la spara di nuovo dentro di testa. Tripudio. Mi
faccio tutta la gradinata in discesa, arrivo ai vetri divisori e
provo in ogni modo a buttarli giù. Mimmo esulta proprio sotto
di me. Gli dico, Juve Merda, gli urlo, lui saluta, sorride. Mimmo è tornato 🙂

Si
esce allegri, consci di avere beccato tre punti fondamentali e
storici: un po’ perché contro la Lazio, a Roma, non si vinceva
da 49 anni, un po’ perché il Grifone zittisce, come già
secoli fa, un’aquila arrogante e presuntuosa (e becera, con i soliti
buuuh all’indirizzo di Konko), un po’ perché si ha la
sensazione che i tre punti siano fondamentali per il nostro campionato. I ragazzi sono talmente felici che vengono subito verso la curva, dimenticandosi di quella pagliacciata del terzo tempo: NO AL CALCIO MODERNO.

E
ora, salutando Il Grande Massimo Carrera, aspettiamo gli orobici al
tempio.

Posted in Zú Qiú.


3 Responses

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  1. granata says

    bella vittoria…ma non è che vi state abituando a essere trattati da grandi???
    :-)))

  2. Tina Riga says

    Juve Merda, se se..
    ma se la Signora vi ha trattato coi guanti, un piccolo 1 a zero! Prenditela piuttosto con quell’accozzaglia di manutengoli interisti che vi hanno stracciati senza un briciolo di stile

  3. kortatub says

    ardè vieri e nesta giuga l’è puse el temp che pasa a petenas… CHE IMPORTA SEEEEEEEEEEEEEEE HA UN’AUTONOMIA DI UN QUAAAAAAAARTO D’ORA L’E’ NA BANDERA GRANDE MASSIMO CARRERA!!!