Riprendo
dal blog di Chen Ying, uno dei migliori, se non il migliore, blog
sulla Cina: notizie, riflessioni e approfondimenti. Chen ha
pubblicato l’intervistata di Edoarda Masi, sinologa, sul Tibet. Molto
interessante. Riprendo dal blog:
L’autrice
è una delle due italiane viventi – l’altra è Renata
Pisu
– che possa vantare una conoscenza
diretta della Cina
che risale agli anni
Cinquanta.
Sinologa d’alto rango, ha vissuto a Pechino e a Shangai, dove ha
insegnato lingua italiana all’Istituto Universitario di Lingue
Straniere.
Ma Edoarda Masi è anche un’intellettuale della
cosiddetta “sinistra
critica”
italiana e ha scritto su tutte le più importanti riviste che
hanno ispirato la controcultura
italiana, I Quaderni Rossi, ad esempio.
Segnalare
il suo punto di vista, in quanto documentatissima alternativa
alla vulgata occidentale,
è quindi utile e dovuto, anche se potrebbe apparire
eccessivamente filo-cinese.
L’intervento
a Radio Popolare è una rapida
ricostruzione storica
della questione
tibetana,
con indicazioni
di lettura.
Sintetizzo
brutalmente: il concetto
di nazione
è stato sempre ignoto
alle
tribù tibetane, che hanno alternato periodi di sudditanza
ai cinesi
a fasi di autonomia.
I mongoli
(dinastia
Yuan) danno poi autorità di governo ai monaci
tibetani
– che acquistano grande prestigio in tutto l’impero – sulle tre
provincie dell’altopiano
All’inizio del secolo
XIX
la decadenza
Qing favorisce
il tentativo di Gran
Bretagna
e Russia
di
staccare il Tibet dalla Cina e, con la rivoluzione
del 1911,
il Dalai
Lama
proclama l’indipendenza. Ma Sun Yat Sen riafferma la sovranità
cinese. Nei successivi decenni di caos e occupazione
giapponese,
gli inglesi impongono sul Tibet una sorta di protettorato,
vietando ad altri europei di entrarvi.
In
funzione anti-britannica, gli Usa
non
riconosceranno fino al 1948
nessun
rappresentante tibetano che non sia accompagnato da dignitari cinesi.
Cambia tutto dopo la rivoluzione
maoista
e la proclamazione della Repubblica
Popolare
(1949).
Nel
1950
l’esercito
popolare occupa il Tibet che non è uno stato indipendente ma
formalmente una provincia
cinese.
Il Dalai Lama accetta di tornare in Tibet nel 1951 e si accorda con
Pechino per una forte autonomia.
La
società
tibetana
è ferma al 17° secolo, divisa in 3
classi:
ci sono nobili
e
buddha
viventi,
poi il resto
della popolazione
(90%) in stato di semi-schiavitù. I cinesi impongono in Tibet
le stesse riforme applicate in tutta la Cina, molti tibetani sono in
prima fila nella loro esecuzione.
A quel punto, la società
si divide:
nobili
e filo-inglesi
formano l’opposizione e si legano alla Cia
mentre
cinesi
e filo-cinesi
procedono con le riforme
e
creano scuole, ospedali e infrastrutture.
Dopo
la rivolta
del ‘59
(foraggiata da Washington), il Dalai scappa in India, mentre Zhou
Enlai dichiara decaduto il vecchio governo e sopprime
la schiavitù.
L’80%
delle terre
viene nazionalizzato.
Il 9
settembre 1965
è creata la Regione
Autonoma.
Con
la Rivoluzione
culturale
(1966)
si verificano saccheggi ed episodi di distruzione
dei simboli religiosi.
E’ un fenomeno analogo a quanto sta avvenendo nel resto della Cina
e anche in questo caso va detto che una parte della società
tibetana è in prima fila.
La
Masi sottolinea che che se nel 1959
l’aspettativa
di vita
dei tibetani era di 36
anni,
negli anni
Ottanta si
è saliti a 60
anni.
E’ l’effetto del benessere e dello sviluppo portati
sull’altopiano.
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Ah, forse la compagna Masi ha dimenticato di ricordare che l’occupazione del suolo tibetano e l’immediata militarizzazione (anche nucleare) erano funzionali anzitutto ad armare la crisi sino-indiana … ovvio che potete credere che il nazionalismo cinese in tutto questo non c’entri nulla …
Forse, ma dopo una mezz’ora buona di Radio Cina Internazionale proprio non mi va d’ascoltare altre “veline” di regime … sorry …
“La Masi sottolinea che che se nel 1959 l’aspettativa di vita dei tibetani era di 36 anni, negli anni Ottanta si è saliti a 60 anni.”
Visto il curriculum vitae della Masi, non dubito che la fonte sia cinese-e-governativa …
La Masi s’è fatta qualche anno in un laogai ?
Se sì, ha la mia stima (come tutti i cittadini fedeli ai propri ideali).
Se no : beh, è bello fare la “Rivoluzione culturale” col culo seduto bello comodo sulla “poltrona occidentale” e la mano salda sulla parte giusta del manganello (l’impugnatura).
Ci vogliono fonti dirette, come quelle che ho trovato facilmente in Russia, paese in cui non vi sono vincoli sulla Rete, e i cui utenti scrivono e dialogano volentieri in inglese, vera lingua internazionale !
(viva Putin).
Fosse anche vero il miglioramento dell’aspettativa di vita dei tibetani, ciò non rende tuttavia inutile un’azione occidentale a difesa dei diritti umani e soprattutto della libertà d’opinione …
come sempre…”niente è come appare”, o almeno non del tutto.
hi rossoblu, spero di riuscire a vaderti prima o poi, eh!