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[Olympics] Bolt e la danza leggera

Quando
si è rivisto sullo schermo in sala stampa, non si è
trattenuto: «it looks cool», ha esclamato. E tutti a
guardare e annuire: è davvero strabiliante. Anche se Usain
Bolt, classe 1986, ieri sera dopo la sua corsa, sembrava avere la
faccia di chi ancora non si rende conto di cosa ha combinato. O forse
è uno che sa vincere con la stessa leggerezza con cui si
prepara alla gara e con cui supera gli avversari, in un arrivo veloce
e solitario. Che sa dare tutto e concedersi esultanze, balletti e
urla di gioia alla telecamera: è lui il numero uno. Il
giamaicano ha stravinto nei 200 metri, stabilendo il nuovo record del
mondo. Ha superato Michael Johnson, il cui tempo reggeva da Atlanta
1996 e ha raggiunto Carl Lewis, unico ad avere vinto 100 e 200 metri
in una sola Olimpiade. Un posto solo per sé nella storia però
Usain Bolt se lo è voluto ritagliare ugualmente: è
l’unico dall’introduzione del cronometraggio elettronico ad avere
vinto entrambe le gare, stabilendo due record del mondo (9”69 nei
100 metri, 19”30 nei 200). Tutto questo il giorno prima del suo
compleanno. E per suggellare vittoria e primato Bolt questa volta è
partito ed arrivato forte. Nessuna frenata. Dritto fino alla fine,
perché a questa gara ci teneva particolarmente: «non mi
interessava fare il record dei 100 perché era già mio.
Ma oggi era un altro discorso, perché i 200 sono il mio primo
amore. Ho cominciato a vincere su quella distanza quando avevo 15
anni, ma non saprei dire perché preferisco i 200». Una
sensazione, ha detto. E come tale è difficile renderla
spiegabile: «l’importante – ha aggiunto – è che ora sono
nella storia».

Bolt ha parlato dopo oltre un’ora dalla fine
della gara. Perché la finale dei 200 metri che si è
corsa ieri sera al Nido d’Uccello di Pechino, è storica in
ogni senso. Squalificati il secondo e il terzo classificati,
l’antillano Martina e lo statunitense Pearmon, sono andati a medaglia
altri due atleti Usa: Shawn Crawford e Walter Dix. Proprio Crawford,
mentre i giudici decidevano l’ordine di arrivo definitivo, si era
lasciato scappare una battuta: «se squalificano anche Bolt, ho
vinto l’oro». Ma la medaglia del giamaicano non è mai
stata in discussione, né mentre Bolt mimava il gesto
dell’arco, né quando è uscito dai blocchi. Il primo
ministro giamaicano gli ha fatto, di nuovo, i complimenti, mentre a
Kingston partivano le danze. E Bolt ha ballato anche ieri sera, pur
avendo corso in modo differente rispetto ai 100 metri. Solita
preparazione scenica a fare un po’ il gaggio, poi a tirare fino alla
fine. Perché con quel record è leggenda. Michael
Johnson, detronizzato dal fenomeno giamaicano (il suo record era di
19”32), dopo averlo definito un Superman ha offerto la sua lettura
sulla gara di Usain: «ha avuto una partenza incredibile, ancora
più impressionante che nei 100. Una persona così alta
non dovrebbe essere in grado di partire così forte. La mia
preoccupazione era che non riuscisse a tenere quella velocità
per tutta la gara, ma ha dimostrato di aver lavorato su questo
aspetto. Ha usato ogni grammo della sua energia, davvero voleva
questo record».

«Se continua a correre così
veloce arriverà su Marte», aveva detto qualche giorno fa
Eugene Cernan, l’ultimo uomo a mettere piede sulla luna con la
missione Apollo 17, mentre Mennea, il cui record (19”72) fu battuto
da Johnson dopo 17 anni, disegna il futuro delle competizioni: «nei
prossimi anni lotterà solo contro se stesso, perché non
ha rivali. Può arrivare a 19”20 sui 200 e ai 9”50 sui 100».
Non solo, perché Bolt pare essere uno cui piace vincere,
proprio sfidando se stesso. E allora perché no i 400? Tirando
su gli occhi come un ragazzino che non sa se dire la verità o
una bugia, risponde: «credo che tutto sia possibile, lavorando
con l’impegno che ho messo nella preparazione quest’anno. Ma adesso
voglio solo andare a dormire, e svegliarmi domani mattina sapendomi
due volte campione olimpico e recordman del mondo».
A
gettare un’ombra appena soffusa su tutto questo è un tedesco.
Dopo tante ricerche di aggettivi roboanti, Tobias Unger ha definito
ieri le vittorie di Bolt come «una porcheria». Secondo il
più veloce tra i tedeschi, «in Giamaica non esistono
controlli antidoping. Finora la cosa non mi ha disturbato, ma se devo
correrci contro rischio di perdere il divertimento nel praticare il
mio sport». Poi ha cercato di spiegare le cause che inducono a
tali accuse: «è una follia, arriva allo stadio in
pantaloncini, fa un po’ di stretching e inizia a correre: non è
possibile». E ha anche sempre uno zaino nero in spalla, se è
per quello. Per Bolt le ragioni dei suoi primati sono solo
nell’allenamento, nel suo allenatore e nelle ormai famose polpette di
pollo, che lo contrappongono ancora di più a un confronto
mediatico con l’altro superman olimpico, Michael Phelps e le sue
pizze e spaghetti pre nuotata.

Ma quello che sicuramente Phelps non
fa, è danzare ritmi giamaicani.[da il manifesto]

Posted in Pizi Wenxue.