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[Pechino] Fragomeni Mondiale

Cosa
volete che dica, signori
è tutto tempo che passa
cosa
volete che dica
è un abito che si indossa

Mattinata
di sole e come dice quel film, quando ascolti la musica nelle
orecchie, sembra che tutta la città ascolti quelle stesse
parole, ritmi, pensieri, umori. Poi scopro che Giacobbe Fragomeni a 39 anni è diventato
campione del mondo dei massimi leggeri
. E allora grazie a hsb e
quella dritta. Su Giacobbe, avevo scritto questo, tempo fa, quando si
preparava alla rincorsa mondiale. E’ una storia, di quelle che mi
piacciono. E’ anche un modo per salutarti, campione…

«Non
c’è dolcezza». Una scritta qualunque su un qualunque
muro del quartiere Stadera, Milano. E apparentemente Milano, nel suo
grigio monocromatico, non fa rima con dolcezza, né con
bellezza. Bisogna scavare, cercare, scrutare e in alcuni casi,
picchiare come un fabbro su un ring, per uscire da una vita e da
strade famigerate. Giacobbe Fragomeni, campione dell’Unione Europea
dei pesi massimi leggeri, sabato sera ha difeso al Datch Forum di
Milano il suo titolo contro il francese Rachid El Hadak. Prima ancora
del match, un film, Senza Tregua, diario di una vita alle corde,
del greco Dimitri Statiris, presentato al Festival del Documentario
di Milano, ha raccontato la storia, di un uomo, di un pugile, di un
quartiere di edilizia popolare, che negli anni 80 vide morire tanti
suoi figli per droghe, traffici, storiacce. «Una strada
famigerata», dice a bassa voce il suo allenatore, dalle cui
cure è nato «uno del popolo» che mena sul ring e
che dopo una vita a sopportare il padre violento e la morte della
sorella e della madre, ha ottenuto il tipico rispetto, amore, di
classe, da parte di chi è rimasto e ora ne segue la storia
sportiva.

Fare
a botte è un conto, fare pugilato è un altro. E’ il
compito dell’allenatore trasformare la rabbia popolare in una tecnica
per fare scuola, per resistere e picchiare. Ferire e incassare.
Sentire i colpi e trasformarli in reazione. Giacobbe ci dà
dentro: «un anno primo ero un tossico, l’anno dopo mi giocavo i
campionati italiani». E il tecnico via via diventa il padre, la
madre e per tutti, «il nonno». «Minchia! Fragomeni
in Nazionale, ho letto sulla Gazzetta dello sport. Minchia era vero,
mi hanno chiamato davvero». Nel 1994, dopo solo un anno di
nazionale, Fragomeni diventa campione italiano de pesi massimi
leggeri dilettanti. Stadera festeggia, i barbieri sostituiscono i
poster dei pedatori ricchi in calzoncini e ci mettono la faccia di
Fragomeni e dei suoi malcapitati avversari. Milano, dal magma dei
sotterranei a cielo aperto, celebra una delle sue tante vendette
sociali. «L’aereo non sapevo neanche cosa fosse». Eppure
da via Barrili si parte, si va in Indonesia, con 15 chili in meno.
Non va granché bene, ma un’altra occasione arriva in fretta:
Canada. «Un animale mi ha rotto il naso, ho continuato, sono
andato avanti, il giorno dopo ho di nuovo combattuto contro questo.
La prima volta ero inesperto, mi ha fatto vedere la Madonnina che mi
diceva ciao, la volta dopo l’ho menato io». Poi arriva il
titolo europeo dei dilettanti, vinto in Bielorussia: in Italia
mancava da un bel po’. Nel novembre 2002 un montante sinistro gli
lacera il tendine: operazione, un pezzo di tendine di Achille di un
donatore gli riallaccia il colpo. Già si sussurra che sia
finito.

Ma
Giacobbe riparte. Il 17 novembre 2006 va a Londra: contro Haye per il
titolo di campione europeo. Il pronostico dice che Giacobbe sta
andando a prendere stecche indimenticabili. Haye è grosso,
«sembrava un treno Milano Napoli», mena, ma Fragomeni sta
in piedi. Haye è nervoso e il match cambia padrone: «alla
settimana ripresa l’ho preso bene e l’ho aperto. La sua faccia da
duro è diventata quella di un cagnolino, si vedeva che non ce
la faceva più». Poi Haye sferra un colpo. Fragomeni va
giù, si rialza, ma ha perso. Una sconfitta che sa di vittoria
perché Haye ora è campione mondiale. Haye
nell’occasione, rimase stupito di Fragomeni e lo volle con sé
negli allenamenti che lo hanno portato al titolo mondiale. Dopo aver
steso Mormeck, Haye ha dato il merito agli allenamento con Giacobbe.

Un
pugno te, un pugno io, la boxe è questa: è bella anche
se perdi. L’importante è non finire, mai, con il culo per
terra.

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