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[Cronache di un allenatore di calcio a Pechino] 放松, tre pappine e vuoti

In
tutto questo, due settimane fa ero a Hong Kong: impossibile da
descrivere, ma sono tornato a Pechino, come quando tornavo a
Voltaggio dopo essere stato…che ne so a Genova (nella foto una
protesta, incredibile, una protesta! fuori da una banca a Hong Kong
Island…).

Poi:
il momento più divertente dell’allenamento dei pischelli è
quando si sta per cominciare la partitella. Una delle due squadre
deve scegliere chi tra i giocatori va per primo in porta, perché di portero ne abbiamo
solo uno, fortissimo, tra l’altro. Fanno una specie di miscela cino
giapponese, ovvero una morra: urlano per circa tre minuti scandendo
numeri e indicandoli con la mano. Ovviamente a tutto volume. Poi finiscono, mi guardano e mi
fanno: chi va in porta?

Oppure:
quando mi fanno incazzare come uno Sculli qualunque, o gli faccio
fare qualche giro di campo o se ne stanno 5 minuti a bordo campo. A
uno gli dico: hai rotto il belino, ora ti fai dieci giri di campo. E
lui: di corsa? E io: si. E lui: che bello!

A
un altro: stai fuori 5 minuti. Lui, ok. Poi mi giro e non lo trovo.
Era seduto al bancone del bar a mangiare patatine fritte.

Comunque,
un week end trascendentale di calcio.

Tutto
è cominciato sabato mattina. La scuola calcio per cui
alleno i pischelli ha anche una squadra di giovanotti (si fa per
dire) che milita nella seria A del campionato amatoriale di Pechino.
Ultimi in classifica, dopo una serie di batoste inenarrabili, mi
hanno chiesto di fargli da mister. Ultimi risultati deprimenti, tipo 1-8, 0-5 e così via,
gruppo un po’ sfasciato e con un paio di cinesi fortissimi ma che
amano piazzare cazzotti in faccia ai giapponesi, quando li hanno come
avversari. Ci sono anche alcuni spagnoli e due catalani, un tibetano che chiamo simpaticamente Dalai Lama e il resto italianos. Il mio personale 4312 ha portato la squadra fino a
10 minuti dalla fine sul 2-2 (dopo sontuosa rimonta dallo 0-2), poi ahimè è arrivato il
golletto della sconfitta, grazie a un cross che il nostro portiere ha
valutato male (senza contare che, onestamente, è alto come una
lattina di coca cola e che il primo goal l’abbiamo preso nello stesso modo e le bestemmie non si contavano tanto che un cinese era morto dal ridere a vedermi smadonnare con tanto di occhiali a specchio Ballardini style). 3-2 ma con onore, direi. Ai ragazzi devo fare solo i complimenti, ottimi movimenti, cuore e grinta. Peccato che per molti di loro il calcio sia un mistero senza fine. Avrebbero più probabilità di fare sei all’enalotto che un passaggio corretto.

In
ogni caso, una sola imbriacatura in trattoria, il mio
personale pre partita con i ragazzi, non è abbastanza perché
la squadra esprima già il mio credo calcistico (di chiara
scogliana memoria: il
presidente non esiste, la squadra non esiste e la società non
esiste, ma nella maniera più assoluta: esiste solo tifoseria e
tecnico
.)

Sabato
sera
: apoteosi. In streaming alle 4 di notte, tutto il derby
goduto gol per gol, palo per palo, traversa per traversa, scullate
per scullate, stecca per stecca. Come diceva qualcuno: se una squadra
gioca meglio, corre il doppio e picchia anche di più il
risultato non può che essere uno: asfaltati, 3-0 a futura
memoria. O silenzio, fate vobis.

Ancora
ebbro di derby, dopo circa due ore e mezza di sonno, domenica
mattina
è toccato ai pischelli. Un college pechinese molto
british, che mi pareva di essere in un film in costume, ha invitato
la nostra squadra per un’amichevole. Hanno giocato prima i piccoli,
allenati dall’altro mister e poi i miei, classe 98 e 99.

I
nostri erano un po’ emozionati, minchia eravamo in un posto che
sembrava la scuola di Harry Potter. Su per le scale c’erano le foto
di questo college: trofei, tutti belli, slanciati, vincenti. Abbiamo
cominciato in Japan Style: tutti giappo. E ai simpatici laowai, tutti
infighettati con magliette colorate, noi: neri, sono arrivate le
mazzate. Tanto che a un certo punto ho iniziato a mettere dentro gli
altri, sennò cioè che due palle. 10-3. Da notare la
prestazione di un piccoletto coreano, già soprannominato
Romario delle Coree. Ha 10 anni e la pancetta. Culo all’infuori,
sornione fino a rasentare il sonno. Ma non sbaglia un colpo: 3 pere
il suo personale bottino solo perché poi l’ho piazzato più
indietro. Anche per farlo sudare un minimo.

Poi:
il vuoto cosmico. Ci vuole un’altra vita.

 

Posted in Pizi Wenxue.


4 Responses

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  1. C. says

    e oggi il mister si gioca il panettone! derby sentitissimo, la squadra e’ con lui! da uno di quelli per cui il calcio e’ un mistero senza fine!! 🙂

  2. blanca says

    voglio una tua foto con gli occhiali a specchio!

  3. b. says

    hai ragione, ma non è un centrocampista.
    E in ogni caso come il buon Mila può sperare in una primavera “bomba”…

    cmq il Mila c’è già, è il Milanetto del Sol Levante, perché è un giappo: identico ha anche i capelloni. Devo solo capire se è glaciale dal dischetto.

  4. cauz. says

    “Ha 10 anni e la pancetta. Culo all’infuori, sornione fino a rasentare il sonno.”

    FANTASTICO!
    aggiornerei pero’ il soprannome in *Milanetto delle Coree”.