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Novecento e Uno (primo capitolo)

non
riesco ad avere pazienza

le
mie mani sudano al vento

quando
perdo

tempo

quando
perdo

tempo

quando
perdo

tempo

 

 

Non
ho tempo di scrivere, allora metto qualcosa di già scritto.
Con il mio socio,
Novecento e Uno,
di H.D Blackswift
. U
n racconto ispirato agli eventi della
notte tra il 2 e il 3 febbraio 2007 a Catania: negli scontri durante
la partita Catania-Palermo, conclusa regolarmente, perde la vita
l’Ispettore Capo Filippo Raciti.

Qualcuno ci riterrà
troppo cinici, qualcuno troppo complottisti, qualcuno privi di
scrupoli, e qualcuno invece sapidi. Ognuno pensi un po’ quello che
crede, ma noi pensiamo che guardare la storia e l’attualità
da un solo punto di vista sia un errore grave, e che i racconti, le
storie possano aiutare il nostro cervello e il nostro cuore a
osservare ciò che ci circonda con un punto di vista meno
scontato e più critico.

 

1.

[play]

Il
fuoristrada azzurro con la striscia bianca gira in tondo nel
parcheggio, inseguendo personaggi vestiti di scuro e incappucciati
che si portano rapidamente sul bordo di questo ring improvvisato tra
macchina e uomini, inseguito da un ragazzo con un giubbotto taroccato
al cento per cento con una scritta in paillettes D & G gigantesca
sulla schiena e un cappuccio di lana bianco che gli copre parte del
volto.

Tutta
la scena è pervasa di una luce arancione scuro, come la luce
dei lampioni di tutte le città del mondo, una luce che non
illumina, diffonde. Qui e là sprazzi di altri colori che si
stagliano nel nero generale che sembra avvolgere tutto quanto non è
focalizzato dalla telecamera: un bagliore rosso ai margini e bianco
al centro, una spruzzata di giallo più in fondo. A prima vista
sembra l’inferno.

[stop]

[play]

Piazzale
Axum non è mai stato così. Sembra una discarica a cielo
aperto: cartacce, residui, cartucce di lacrimogeni, cestini e
macchine incendiate, i baracchini scomparsi, le bancarelle
inesistenti, il capolinea dei tram completamente deserto. Tutto
intorno, nella luce soffusa che rischiara pochissimo la notte, le
ombre ai margini del parcheggio non si fermano mai: lanciano sassi,
monete, pezzi di cartelli stradali, pezzi di ringhiera della corsia
preferenziale. Ci sono tre camionette della polizia e due jeep, mi
pare si chiamino magnum, che girano in tondo per tenere lontano
questi indemoniati, che nonostante il rischio di farsi arrotare si
scagliano contro i vetri rinforzati delle vetture con spranghe, aste
di plastica, caschi, e se gli riesce qualche pezzo di marciapiede che
dopo un’ora sono riusciti a staccare e portarsi appresso.

[movimento
di camera]

La
vietta tra il lato di ingresso delle tribune arancio dello Stadio
Meazza San Siro, come dice lo speaker della “Silf, finanziamo sogni
e bisogni”, un ritornello imparato a memoria da tutti quelli che
sono andati a vedere una partita a Milano più di una volta, è
deserta, anche se non è bloccata da nessuno: evidentemente
anche il più stupido dei teppisti e il meno furbo dei
poliziotti sa che infilarsi in quella strettoia equivale all’arresto
da un lato o all’assedio sotto una gragnuola di sassate dall’altro.

[movimento
di camera]

Bastano
pochi secondi: un fuoristrada del Reparto Mobile come una biglia su
una pista con curve paraboliche gira due volte su sé stessa
nel parcheggio sul lato Sud dello stadio e si infila nella vietta
accelerando a tutto gas, inseguita da una folla di gente che riesco a
immaginare con gli occhi fuori dalle orbite per la bamba assunta in
dosi massiccie e per l’adrenalina che ti scorre nelle vene, mentre ti
senti una specie di unno alla conquista di non si sa bene quale
impero.

[movimento
di camera]

Un’esplosione
che stordisce il cameraman, la telecamera che balla per un secondo
per poi tornare sulla vietta. L’auto ha sbandato colpita su un lato
dalla bomba carta che lascia come unica traccia di sé
l’impronta nera sulla portiera destra della jeep e brandelli di carta
e polvere da sparo per terra sull’asfalto.

L’auto
continua zigzagando fino a lasciare indietro di qualche decina di
metri gli inseguitori e a sbucare nel piazzale di fronte allo stadio.
Lo zoom della telecamera non è abbastanza potente.

[stop]

[start]

Il
piazzale, presumibilmente prima di tutto questo, come si presenta. Un
filmato da terra, fatto a bassa qualità. Non ci sono altre
immagini. Qualcuno con il telefonino l’ha piazzato su youtube, e da
lì si è sparso, impossibile risalire al primo autore se
non con uno sforzo di indagine che al momento non interessa a nessuno
fare.

L’aria
è satura di fumo, le persone si portano i fazzoletti alla
bocca, o si premono sul viso il passamontagna. Le forze dell’ordine
sono schierate dal lato più lontano del piazzale, verso la
periferia, i teppisti occupano la curva che porta ai parchetti, e poi
verso il vialone lungo il quale fuggire, una mossa suicida, se non si
fosse scoperto poi che tutte le forze dell’ordine erano altrove, dove
non si è ancora capito bene. Figure scure e pixelate hanno in
mano bastoni e segnali stradali, forse pietre, ma non si capisce
bene. Il gesto del lancio è inequivocabile, come anche i gesti
di provocazione nei confronti degli agenti. Gli agenti stanno
lanciando quintali di lacrimogeni, non avendo a disposizione molto
altro. Se ne vede solo l’effetto subito dopo un movimento molto
confuso in lontananza nello schieramento.

Lungo
il vialone, mentre qualche decina di criminali lanciano di tutto
contro le forze dell’ordine, scorre la fiumana dei tifosi normali,
incuranti di quello che sta avvenendo, un episodio come un altro del
piccolo telefilm nel quale rivedono la propria vita.

[stop]

[zoom]

[play]

Nella
fiumana si trova di tutto: padri e figli, energumeni vestiti
elegantemente e non, ragazze, vecchietti. Tutti che si allontanano
borbottando per l’interruzione della partita e piangendo per i
lacrimogeni che non risparmiano nessuno.

[stop]

[sposta
il fuoco della camera]

[zoom]

[play]

Un
ragazzino, avrà quindici anni, con la maglia dell’inter a viso
scoperto, una spranga più alta di lui in una mano, parla con
un gruppetto di tre o quattro carabinieri in tenuta antisommossa,
come un drappello abbandonato nel deserto di divise altrimenti blu o
casual, come i vestiti dei teppisti griffati e comprati di fronte a
un megastore in corso buenos aires per vantarsi con gli amici in
periferia. Uno dei carabinieri accenna una pacca sulla spalla, poi si
guarda intorno, il suo sguardo celato dal casco, ma il movimento
della testa è inequivocabile. Il ragazzino si allontana verso
gli scontri, i carabinieri rimangono fermi lì, come invisibili
alla torba di delinquenti che stanno facendo la guerra alla polizia.

[stop]

[cambio
file]

[cerco
il punto]

[play]

Il
derby, mortacci vostri, e stavamo pure vincendo, non vi perdonerò
mai, se non altro per questo. Stavamo per vendicarci del sei a zero
con cui ci hanno umiliato qualche anno fa, e che cazzo vi viene in
mente di fare? Il macello.

Rivedo
la faccia di Maldini e Zanetti che si parlano, capitano a capitano,
le lacrime agli occhi, Farina che tossisce intossicato dai
lacrimogeni. “Non si può continuare, pupi”, dice Cambiasso
al capitano connazionale argentino, il labbiale che viaggia parallelo
alla voce colta di sbieco dai microfoni della telecamera. I giocatori
che scappano nello spogliatoio, di corsa, la telecamera che si sposta
sugli spalti. Curva Sud, tre grossi striscioni che dominano sugli
altri: Brigate Rossonere, Commandos, Warriors, recente acquisto
posizionatosi al posto della disciolta Fossa dei Leoni.

[stop]

[zoom]

[play]

Sugli
spalti c’è agitazione, ma non rissa. Non ci sono forze
dell’ordine, non ci sono giacchette fosforescenti degli steward che
in curva non si fanno vedere. Si intravede qualche vecchietto che dal
secondo anello rosso sputa contro la barriera in vetro, in risposta a
qualche forsennato che picchia con il palmo contro i pannelli
gridando qualcosa. La gente in curva si agita, e si lancia verso le
uscite rapidamente.

[stop]

[zoom
out]

[play]

Il
fumo non viene dalla curva. Il fumo viene da fuori, lo si vede
penetrare attraverso gli ingressi che dalle rampe e dalle scale
portano al secondo anello di San Siro. Da fuori dove non si sa, ma
sicuramente non ci sono forze dell’ordine sugli spalti, e a parte i
cori disgustosi e i fumogeni, non c’è nulla che faccia
presagire la tragedia. Per un attimo sono rimasto convinto che ci
fossero dei lacrimogeni nella curva, ma il fumo dei fumogeni è
diverso.

[stop]

[zoom]

[play]

non
sono lacrimogeni, infatti nessuno si porta il fazzoletto alla bocca,
fino a che non si vede quel fumo diverso entrare dalle scale, come il
boccaporto verso un altro pianeta.

[stop]

Cambio
e ricambio file, giro in Internet come un forsennato per trovare
altre immagini, ma sono sempre le stesse: la ripresa di qualcuno
dalle rampe sul lato delle tribune arancio, più verso la curva
sud che non verso la nord, con una buona visuale su piazzale Axum e
sulla vietta sottostante, ma praticamente nulla verso il piazzale di
San Siro vero e proprio. Il filmato amatoriale. Alcune altre immagini
di piazzale Axum, con l’assalto alle jeep e alle camionette, un po’
di roba incendiata, poco altro.

Se
chi sta svolgendo le indagini sulla morte del Vice Questore Aggiunto
Antonio Peccarisi durante gli scontri seguiti al derby Inter-Milan ha
altre immagini, se le tiene strette. Anche se non si capisce come non
ne sia trapelata nessuna, neanche grazie ai ganci della redazione con
la polizia giudiziaria, neanche con la pressione mostruosa che la
redazione di quegli altri in via Solferino starà facendo su
prefetto, questore, sindaco, presidente del tribunale, ministeri,
governo, fino ad arrivare al Papa. E soprattutto non si capisce
perché ci siano solo 20 persone arrestate quando solo nelle
immagini che ho visto finora ci saranno almeno almeno 100 persone di
cui potrei riconoscere le fattezze anche io, che non sono certo uno
specialista.

Mi
presento, mi chiamo Rodolfo Gualcioni, detto Gianni dagli amici,
faccio il giornalista di cronaca giudiziaria per La Repubblica, sede
di Milano, e non riesco a smettere di guardare queste immagini.

Qui la seconda parte.

Posted in Pizi Wenxue.