Giovanna Botteri, giornalista del tg3, ricorda bene la serata del 21 luglio 2001 a Genova, quando la polizia fece irruzione nel complesso scolastico Pascoli-Diaz, picchiando e ferendo le persone al suo interno e mostrando alla fine dell'operazione il risultato: mazze, felpe nere, coltellini e le famose molotov, una delle prove false utilizzate per giustificare il pestaggio. Ad aspettare l'operazione, «da almeno due ore» ha detto la conduttrice del tg3 ascoltata ieri a Genova nel processo per i fatti della Diaz, c'erano alcuni giornalisti. Ricorda in particolare «il tg2».
Sulle molotov Botteri ha un ricordo preciso: «Arrivarono alla fine della conferenza stampa» tenuta l'indomani mattina in questura. Esaminata in aula dal pm Enrico Zucca, titolare dell'indagine che ha portato allla sbarra 28 tra dirigenti, funzionari e agenti della polizia con l'accusa a vario titolo di lesioni, falso e calunnia, Botteri ha ricordato che quella notte davanti alla Diaz il portavoce del capo della polizia Roberto Sgalla fornì le prime informazioni ai cronisti presenti e non menzionò, tra le cose sequestrate, le due bottiglie incendiarie, che pure sarebbero state utilissime nel tentativo di giustificare almeno la decisione di perquisire. Il particolare era già noto ma la conferma di una giornalista così autorevole non è irrilevante.
«Alcuni colleghi giornalisti – ha riferito ancora Botteri – sapevano da prima del raid che sarebbe successo qualcosa: erano fuori dalle scuole ad aspettare da più di due ore». Lei come fu avvisata? «Mi chiamarono contemporaneamente una ragazza di radio Gap e una collega della Cnn»: la prima le avrebbe comunicato la presenza dei poliziotti davanti alla scuola, la seconda le avrebbe annunciato la falsa notizia dell'accoltellamento dell'agente Nucera. Quando la Botteri è arrivata alla Diaz la scuola era già chiusa: «C'era un cordone di poliziotti belli tosti che ci impediva di entrare. Volevamo entrare per capire che cosa succedesse, la voce era che il poliziotto ferito fosse ancora dentro». Nella confusione generale i poliziotti diedero ai giornalisti la loro versione: «Ci dissero che i blac block si erano asseragliati ed erano armati». Poi arrivò Sgalla: in aula viene mostrato il video in cui il responsabile della comunicazione della polizia, mandato a Genova dall'allora e attuale capo della polizia Gianni De Gennaro, fornì la versione definitiva. «Ci disse che avevano inseguito dei picchiatori, che erano stati aggrediti e che un poliziotto era stato accoltellato». L'indomani la conferenza stampa con in bella mostra il materiale sequestrato, «ma non le molotov: non c'erano subito, sono arrivate alla fine, portate da alcuni poliziotti». Botteri ha un altro ricordo: «Del materiale presentato mi colpirono le mazze che mi sembravano essere da cantiere: ho seguito le cose del g8, ho visto gli assalti, e ho visto gli strumenti che venivano usati, erano diversi». Infine una nota sulle ferite, che erano fresche e non «pregresse» come disse ancora Sgalla: «Il sangue lo abbiamo visto tutti entrando nella scuola, così come i feriti».
I processi genovesi sono ricominciati in questa settimana. E' di ieri la notizia della nuova richiesta di archiviazione formulata dai pm genovesi per Alfonso Sabella, ex dirigente del Dap presente a Bolzaneto nei giorni degli abusi sugli arrestati del G8 e oggi giudice a Roma. Alla prima richiesta si erano opposti gli avvocati delle parti civili. (s.pi.)
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