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[Shanghai] La mente degli occidentali

Ieri
sera ho litigato con il mio amico chinao. La cosa più
difficile da spiegare agli italiani – oltre al clima che c’è
in questi giorni che il mio computer si sta bollendo e sembra l’hot pot e forse questo
è una dei suoi ultimi guaiti – è l’oscillazione del
proprio stato d’animo qui in Cina. Dire, alti e bassi, non basta.
Fermo restando la figata di ritrovarsi qui e osservare, capire, a
volte, chiedersi e interrogarsi e stupirsi, non è che non
manchino difficoltà. Perché la solitaria osservazione
ha i suoi lati positivi, ma le problematiche legate alla condivisione
e alla comunicazione sono piuttosto ardue da spiegare. Uno deve
venire qui e provarle, viverle. Specie in questo momento storico, molti dei
cinesi che conosco, accettano le spinte più nazionalistiche
che ritengono gli stranieri qui i Cina, persone interessate a fare
soldi o farsi una vacanza e per niente curiosi e a conoscenza della
cultura e delle abitudini sociali locali. Purtroppo bisogna pure
ammettere che nel 90% dei casi è vero. Però è altrettanto
vero che esistono eccezioni.

Se
la cosa che fa maggiormente imbestialire i cinesi è la nostra
scarsa conoscenza della loro storia, non si può dire che,
nella maggior parte dei casi che ho incontrato, non valga anche il
contrario. Anche i cinesi fanno facili comparazioni e ritengono di
conoscere, senza conoscere, la nostra cultura eccetera.

Il
mio amico è una persona normale, apparentemente. Perché
in realtà è in costante bilico tra l’essere una persona
inserita ed integrata nel tessuto sociale e lavorativo, ed un
outsider, secondo la definizione, sulla quale concordo, data da
footonearth
. Conservatore, in alcuni casi, cazzaro in altri,
contestatore, o forse sarebbe meglio dire mugugnone. Disilluso, ma senza
avere la voglia di rimediare. Inoltre molti dei cinesi che ho
conosciuto, non sono mai stati al di fuori della propria città.
Questo rende molto difficile, in alcuni casi, un’apertura mentale che
sia disposta anche a cambiare idea o impressioni. Molti cinesi, così,
si ritrovano a vivere una vita in cui non hanno idea di come gestire
situazioni di emergenza, specie emotiva o di difficoltà. Pur
essendo da sempre, secondo una loro stessa espressione, abituati a
sopravvivere, per quanto riguarda sentimenti e amicizia, mi sembrano
spesso in balia totale, facili ad arroccarsi nelle loro consuetudini
e abitudini.

Sono
poco desbelinati, come diremmo a Genova. Tanto c’è
sempre la mamma che può dargli una mano (ho visto un film
molto istruttivo a proposito, la storia della costruzione della
ferrovia nel Tibet. Omaccioni di 30, 40 anni che dopo mesi di lavoro
in condizioni impervie, possono fare una telefonata: tutti a chiamare
mammà. Altro segno di somiglianza tra Cina e Italia, direi).

Ieri
sera siamo andati a bere una birretta. Con noi c’era anche una
ragazza che ho conosciuto qualche giorno fa. Si è trasferita a
Shanghai da poco, è una tipa sveglia. Poiché è
stata in Italia, Firenze e Roma, è rimasta impressionata da piazze, musei, arte. Mi sono divertito a ricordare posti in cui sono stato mille anni fa, rispondere alle sue domande, vedere che effetto fa l’Italia a una cinese di passaggio. Poi lei se n’è andata e
siamo rimasti io e il mio amico. Che ha cominciato a dire quanto
fosse stupida quella ragazza a chiedere tutte quelle cose inutili
sull’arte eccetera. Io mi ero già scazzato, ma purtroppo qui
non ci sono codici condivisi, il più delle volte, ed è
estremamente complicato fare capire quando preferiresti il silenzio,
senza passare per quello che è incazzato. E allora sono stato
ad ascoltare.

Ha
iniziato un diluvio di ovvietà, trascurabilissime, forse, con un clima meno torrido, tra le
quali la frase che mi ha fatto incazzare come una biscia: gli
occidentali sono semplici, avete la mente semplice,
ha detto.
Tranne i business man occidentali, loro eh loro si che sono complicati, sofisticati, perché
devono affrontare un sacco di problemi
, gestire relazioni, ecc. Loro sono svegli e complicati, sono più simili a noi cinesi.

Porcodio
gli ho detto, ora questa me la spieghi, perché se me la dice
uno in Italia, tanti saluti. E non sto parlando della mente semplice degli occidentali tout court, ho specificato, che lo so che voi cinesi siete le persone più sofisticate della terra e degli interi sistemi solari e noi invece siamo materiali e pensiamo che yin e yang siano due marche di yogurt….ma quella sul business proprio me la devi spiegare, gli ho detto. Forse sono stato un po’ irruento e lui
quasi si è spaventato. Però questo dare sempre più
importanza a chi sfoggia soldi e dimostra le sue qualità solo
sul lavoro tanto da diventare così degni di attenzione, è qualcosa contro la quale mi scontro
quotidianamente in questa cazzo di città. Detta dal mio amico poi, con cui ho avuto
discussioni interminabili su quanto il lavoro, le cose, non siano
quello che sei, eccetera, mi ha fatto scattare la carogna atomica.
Dopo poche parole l’ho sfanculato e gli ho detto di lasciare perdere.
Ho aggiunto però, che a volte, mi pare che mentre io cerco di
costruire un’amicizia, cercando anche di capirlo, lui no. Io gli
faccio mille domande, lui mi fa solo affermazioni. E perché io
mi ricordo quello che mi dice. Lui no, cazzo. E il problema è che, nonostante tutto, me ne sono tornato a casa pieno di dubbi. Su di me, mica su di lui.

In
un mondo dominato dai cinesi,


i
primi ad appoggiarli sarebbero gli italiani.


Facciamo
le file uguali. Larghe, non lunghe.


Le
traiettorie delle sopraelevate di Shanghai di notte si illuminano.


Sotto,
nei meandri del cemento che le tiene in piedi,


ci
sono delle luci viola.


Andiamo
a vedere le luci.

Posted in Pizi Wenxue.


[Diaz] La seconda parte dell’arringa del pm

Signor
presidente, signori giudici, ieri il collega ha lasciato idealmente
tutti dinnanzi al cancello della scuola Diaz Pertini
nel momento in
cui questo viene sfondato da un mezzo del VII nucleo del reparto
mobile
.


Mentre
nel cortile della scuola si consuma il violento e tragico pestaggio di MC,
free lance inglese, che subirà lesioni permanenti dall’agguato
dei poliziotti, il VII nucleo sfonda il portone ed entra nella
scuola
. Canterini, chiamato dai suoi colleghi per partecipare
all’azione, nella riunione preparatoria in questura, propone
addirittura di fare un’entrata in grande stile, utilizzando i
lacrimogeni. Viene convinto a lasciare perdere, ma i suoi uomini
hanno voglia di menare le mani. Per distinguersi dai comuni
picchiatori, gli uomini del VII nucleo decidono di infilarsi una
cintura nera
, anziché quella consueta bianca dei reparti
celeri. Sarà la loro fregatura, purtroppo solo processualmente
e neanche per tutti i suoi componenti e vedremo perché. Entrano
e iniziano le violenze.

Come
si giustificarono i poliziotti circa le botte e le ferite dei
manifestanti?
In due modi, ribaditi in aula: diranno che ci fu
resistenza, con lancio di oggetti da parte dei ragazzi e ragazze
nella Diaz
, smentita dalle immagini televisive, e che le ferite
degli occupanti erano ferite pregresse…

Cardona
Albini non ha usato mezzi termini in aula
: stiamo parlando di
un massacro
.
Quanto alla
resistenza degli occupanti la scuola:
non c’è
stata nessuna resistenza da parte delle persone
, nessuna condotta
di resistenza attiva, nessun lancio di oggetto, nessuna violenza, a
nessuno e’ stato potuto attribuire nessuna delle armi addotte nel
verbale, tali armi non erano presenti nelle aule dove si sono svolte
le violenze, e nessuna prova e’ stata riferita rispetto al
rinvenimento di tali armi, e’ stata viceversa provata la provenienza
ab esterno del principale reperto dell’operazione, le due bottiglie
molotov, che aveva fornito uno spessore decisivo per formulare
l’accusa collettiva
di partecipazione all’associazione a delinquere
finalizzata alla devastazione e al saccheggio
.

Quanto
alle ferite pregresse: fu un’illazione fatta a caldo e
diffusa dagli organi di stampa
, unitamente a un sottodimensionamento
dei feriti. Si può lasciare al giudice quanto questo contrasti
con le immagini dei trasporti dei feriti, con le tracce nella scuola,
diffuse da migliaia di fotogrammi, nonché con la
documentazione medica delle lesioni acquisita agli atti.
E
veniamo all’azione, all’ingresso e alla perquisizione… (i
poliziotti)
cominciano a colpire. Subito dopo i
primi entrano altri poliziotti, si spargono per la sala e cominciano
a colpire. Colpi di manganello, calci, in pochi istanti tutto il
locale e’ pieno di poliziotti che vengono descritti tutti nello
stesso atteggiamento: un pestaggio. Le descrizioni di questi
poliziotti entrati per primi e i filmati inducono a ritenere che ci
fosse certamente personale del VII nucleo. certo e’ che in un secondo
tempo viene riconosciuta e attestata la presenza di poliziotti di
altri reparti, in borghese e con pettorina. Singole testimonianze
sono molto dettagliate e riferiscono di violenze contro persone
già ferite.

Gli
insulti
:
Viene riferita costantemente l’urlare di
minacce, insulti e ingiurie mentre i pestaggi avvengono. Le frasi
vengono riferite sia da stranieri che da italiani. Vengono
pronunciate anche a situazione avanzata, e provengono anche da
persone che vengono descritte come funzionari. BV riconosce i
funzionari: "li ho visti passare tra queste due pareti che non
arrivavano al soffitto, li ho visti rimanere li’, e uno ci ha detto
‘bambini cattivi’, con un giubbino chiaro, un po’ calvo, con gli
occhiali; poi ricordo anche uno con gli occhi azzurri e gli occhiali
[per la cronaca, si tratta di
Luperi]
che ho poi riconosciuto nel fare una dichiarazione
in tv". L’insulto più costante e’ quello di "bastardi",
mentre gli arrestati italiani riportano frasi come "nessuno
sa che siete qui vi ammazzeremo tutti"
.

Questo
e altro accade al piano terra, la cosiddetta palestra. Andiamo
al primo piano. Tralasciando racconti drammatici riportati dai
testimoni, interessante la conclusione di questa prima fase fatta dal
pm: i racconti delle vittime sono terrificanti, sono stati
resi in maniera assolutamente genuina in sede dibattimentale, sono
state analizzati tutti gli aspetti del loro racconto, le divise, le
uniformi, le difformità, io non sto qui ad annoiare con
citazioni che noi tutti possiamo verificare sugli atti. Il quadro che
ne emerge e’ che molti descrivono le uniformi del vii nucleo, nessuno
di questi anche quando ha visto foto in rogatoria di divise del
reparto mobile hanno sempre riconosciuto l’uniforme ma senza la
cintura bianca. […] Tutti riferiscono dell’uso del tonfa, che e’ in
uso tra le forze tedesche, mentre da noi era sperimentale. E tutti
descrivono l’uso di questo strumento anche con modalita’ non
ortodosse e che anche il comandante Fournier (vice di Canterini) ci
ha detto che non sono assolutamente idonee. Fournier ci ha detto
che se e’ impugnato al contrario "spacca le ossa di un bue"
.
Sappiamo che e’ stato usato in questo modo e di fratture ne abbiamo.
Una dotazione che deve essere usata in un certo modo, ma purtroppo
alla scuola Diaz ha funzionato diversamente. Purtroppo bisogna dire
che questo la nostra indagine lo ha sempre accertato il comportamento
lesivo posto in essere da queste persone non ha visto come
protagonisti solo membri del vii nucleo, e’ un risultato a cui si e’
già pervenuti nelle indagini preliminari, perché e’
indubitabile che ci siano persone di altri reparti mobili anche di
Roma, ma non solo, agenti in pettorina delle squadre mobili, agenti
del nucleo prevenzione crimine, e nel corso delle indagini già
da subito i riferimenti a condotte lesive poste in essere dai capi
squadra sono attribuite ad altri reparti, ovviamente. Non vi e’
dubbio che anche appartenenti di altri reparti abbiano condotto
azioni lesive.

A
livello processuale, si tratta di incrociare le testimonianze delle
vittime, con le immagini televisive e con le relazioni di servizio
dei poliziotti. Il punto di partenza in questo senso è la
relazione del capo del VII nucleo, Canterini: uno spaccato
della polizia italiana e del suo modo (costante, purtroppo) di
operare. Francesco Gratteri, allora capo dello SCO, oggi capo
del DAC, ovvero uno dei tre poliziotti più importanti del
paese, dopo essere già a suo tempo stato promosso questore di
Bari (e provate a chiedere a Vendola…pare siano amici, Nicki
e “Ciccio” Gratteri) chiama Canterini e gli chiede una cazzo di
relazione. Che non è che tutto quel casino non poteva essere
spiegato. Di malumore Canterini si mette a scrivere. Cosa? Questo:
descrive lanci di oggetti dall’alto, in particolare bottiglie, e
violente colluttazioni per vincere la resistenza degli occupanti, che
intanto si erano armati: la resistenza (scrive Canterini) avveniva
al buio; e la situazione era la stessa al primo piano
. Canterini, chiamato dai pm in sede di indagine, svela il retroscena della sua relazione: ogni commento
sarebbe superfluo.

—- estratto interrogatorio Canterini —-

P.M.:
ma guardi che le è stato chiesto finora soltanto questa cosa
semplice, cioè se quello che lei ha testimoniato in questa
relazione l’ha visto direttamente

Canterini:
No, non l’ho visto…

P.M.:
o l’ha appreso da altri…

Canterini:
l’ho appreso, l’ho appreso

P.M.:
perché la firma l’ha messa lei sotto questa relazione…

Canterini:
ha perfettamente ragione…

—- fine estratto interrogatorio Canterini —-

Quando in dibattimento gli vengono chieste spiegazioni sulla
relazione, la chiama “relazioncina”, come dire: una marea di
cazzate, anche perché nella sua personale lotta interna contro
lo SCO, la sua posizione è migliorata: il casino delle molotov
e delle prove false ha messo in evidenza altri poliziotti, più
che la violenza dei suoi uomini, dibattuta nelle prime fasi del processo. Minimizza Canterini. Ma non
è l’unico comportamento poco collaborativo. Basti ricordare
del resto che tra i 13 firmatari del verbale di arresto per 96
persone, uno ancora oggi non si sa chi sia. Il primo caso mondiale
di un atto pubblico anonimo.

Torniamo
alle relazioni. Alcuni poliziotti hanno detto: poi ci mettemmo
li’ e tutti insieme facemmo la relazione, ci dissero di specificare
cosa era successo, era una integrazione che serviva a chiarire, non
so
. E’
chiaro che a un certo punto Canterini ha chiesto ai suoi uomini di
scrivere, anche a chi non c’era, probabilmente. E qui c’è uno
dei primi nodi del processo. Le lesioni, chi furono i responsabili
delle lesioni? I pm chiesero l’elenco dei partecipanti all’irruzione.
Il pm Cardona ricorda: ancora oggi abbiamo visto che non e’
possibile ottenere una concreta lista degli uomini che hanno
partecipato all’irruzione
. I tentativi di individuazione non
hanno incontrato facilità, anzi palesi difficoltà, se
non comportamenti di ostruzione. E’ straordinario che
nonostante gli elenchi richiesti il dr.Troiani non fosse presente in
questi elenchi, anche se era noto e viene raggiunto telefonicamente
per sapere dell’operazione stessa. I nominativi dei partecipanti
hanno avuto una graduale integrazione, non e’ stata individuata una
delle firme del verbale di arresto, le foto allegate per i
riconoscimenti ci hanno messo in grave imbarazzo durante
l’interrogatorio, perché sono foto risalenti a molti anni
prima.

Dopo
i pestaggi si procederà alla perquisizione e alla gestione
del casino creato
. E a quel punto il processo Diaz dimostra il
labirinto in cui i pm e non solo si sono trovati a lavorare. Alla
prossima settimana, per la terza parte dell’arringa.

[continua]

Posted in Pizi Wenxue.


[Diaz] Nel silenzio, la prima parte dell’arringa del pm

Come
avevamo anticipato, in campagna elettorale tutti a parlare di
Bolzaneto e le sue torture, tanto i pesci di quel processo erano piccoli. Uomini e donne banali,
nella loro violenza, nel loro approfittare di un clima di impunità.
Banali, senza troppe stellette, senza ruoli importanti, facilmente
scaricabili come mele marce
. Invece gli imputati del
processo Diaz
sono tuttora ai vertici della polizia italiana, ben
visti dalla destra, ma spesso a cena con la sinistra. Anzi molto di
loro sono stati promossi durante il governo Prodi. Quindi
meglio non parlarne, o anzi, condannare il pm, Enrico Zucca, con un
ragionamento subdolo e disonesto, che più o meno dice così:
se volevi beccare chi ha menato, dovevi pescare tra i frilli, invece così ti sei messo in testa di processare la polizia.
Ma quelli sono amici nostri, quindi stai all’occhio
.

E
l’equilibrio instabile del processo e la vergognosa stampa nazionale,
cresciuta a pane e viminale come scriveva anni fa il buon
Mantovani del Manifesto, getta il silenzio, l’ennesimo, sul processo Diaz.
Meglio Berlusconi e le raccomandazioni per ballerine di seconda fila.
Ieri, almeno nelle edizioni on line il silenzio è stato
totale. Poi parliamo di censura in Cina.

Perché
accade questo? Perché il processo Diaz è il processo
allo stato e alle sue forze di polizia e nessuno, tanto meno adesso,
è disposto a guardare nel proprio armadio
. E’ il processo
che fa luce su un’operazione di polizia, venduta come un successo e
che invece ha portato un centinaio di persone in ospedale, arrestate illegittimamente, è il processo delle
molotov false (scomparse dalla questura di Genova durante il processo), del falso accoltellamento di un agente, delle false testimonianze e
del rinvio a giudizio, a latere, dell’ex capo della Polizia, Gianni
De Gennaro
. E l’atmosfera e le difficoltà di questo
procedimento sono messe subito in evidenza dal pm nella sua requisitoria
(grazie al socio e a supportolegale, dove trovate l’arringa intera):
c’è un altro tipo di processi che è considerato
difficile come questo che e’ quello contro la criminalità
organizzata, sotto il profilo, tecnicamente parlando, dalla ricerca
di una prova in un ambiente in cui omertà coperture e
impenetrabilità
rendono il lavoro difficile. In tutti
questi processi alle persone offese si dice "lascia perdere,
sarà vero ma i rischi di un processo sono tanti". Poi ci
sono processi in cui l’aura di intangibilità di un
poliziotto
sembra maggiore quando l’accusa nei suoi confronti
proviene da chi e’ screditato maggiormente perché e’
considerato un nemico dello stato.

Perché è chiaro, e mi assumo tute le responsabilità di quanto sto per scrivere, che i poliziotti imputati, nel corso del processo (vedi indagine su Colucci, Mortola e De Gennaro) si sono mossi come una vera e propria associazione a delinquere, a volere dire le cose come stanno. E
ancora, tanto per inquadrare la situazione:
l’eventuale
condanna di un poliziotto potrebbe comportare l’esposizione di una
devianza che viene sentita come una devianza che intacca il sistema,
e non parlo di quella diretta a fini personali, ma quella che e’
intercorsa nel raggiungimento dei fini istituzionali. Chi e’ disposto
al sacrificio del sistema, se la vittima di un poliziotto e’
colpevole?

Nella
prima udienza delle conclusioni si parte dal principio, specificando
che il g8 è ampiamente dentro al processo: i fatti che
hanno dato origine a tutte le imputazioni sono noti, sono quelli
connessi agli atti trasmessi all’A.G. nei confronti di 93 persone che
occupavano la scuola Diaz. L’indagine ha dimostrato come i dati su
cui sono stati costruiti questi atti sono inesistenti e artatamente
costruiti
, e tutti questi elementi usati come compendio
indiziario da porre alla base dell’arresto, hanno portato a un
arresto che e’ da considerarsi un atto illecito, atto verso
cui convergono tutte le altre azioni contestate agli imputati.

Perché
quindi la Polizia decide di intervenire alla Diaz? Come ha spiegato l’ex
prefetto Andreassi
– esautorato proprio il 21 luglio 2001, perché considerato troppo propenso alla mediazione, dall’arrivo
dell’uomo di De Gennaro, La Barbera che nel frattempo è morto – perché erano necessari
arresti, per cancellare l’immagine della polizia che era rimasta
inerte
nei giorni precedenti
. Protagonisti erano stati i
Carabinieri: cariche a cortei autorizzati, pestaggi nelle strade e
l’omicidio di Carlo Giuliani. Nella sera del 21 luglio si formano così
battaglioni composti da poliziotti dello Sco (Servizio Centrale
Operativo, ovvero l’anti criminalità) e della Digos che vanno
in giro a cercare magagne per arrestare persone coinvolti negli scontri (la giustificazione fornita dalla polizia è che i battaglioni avrebbero dovuto aiutare a gestire il deflusso…). Accade così che alcune auto passino davanti
alla Diaz, forse non solo una volta, ma più volte, lentamente,
in modo un po’ provocatorio. In uno di questi simpatici giri,
qualcuno davanti alla Diaz li insulta e gli tira contro qualcosa. Sono vestiti di nero. La
pattuglia torna in questura e riporta il fatto: alla Diaz ci sono i
black bloc. E allora si interviene, senza chiedere permesso al
magistrato, ma utilizzando l’articolo 41 del testo di legge di
pubblica sicurezza (risalente al periodo fascista): intervento per
cercare armi.

Sull’episodio
reticenze varie e la prima avvisaglia sul problema più
grosso della Diaz: riscontrare la catena di comando, ovvero
chi comandava quella sera
. Ma qualche poliziotto ha raccontato
la sua versione, come spiega il pm nell’arringa: il capo equipaggio
della macchina che sta in coda al convoglio, descrive il passaggio ci
siamo fermati in fila in una strada, nell’arco di qualche attimo ho
sentito un rumore, come la metropolitana, erano comparse persone da
tutti i lati che ci dicevano assassini, abbiamo tentato di uscire,
non hanno aperto gli sportelli, io avevo il finestrino aperto perché
fumavo, non hanno lanciato oggetti, non ci hanno sballottato,
cercavano di farci paura, cosi’. […] Mi rivolsi al mio ispettore
e protestai sul perché fossimo andati lì sotto, pensavo fosse
una provocazione portarci lì.

L’operazione
Diaz viene decisa in questura, nel corso di due successive riunioni.
Si cercano i black bloc, nella sede del Genoa Social Forum. Un
bell’azzardo che avrebbe chiuso il cerchio delle accuse della polizia e
dello stato italiano: connivenza tra cosiddetti manifestanti
pacifici e violenti,
un
successo di immagine e la giustificazione dei pestaggi ai
manifestanti nei giorni precedenti
. Beccare i famigerati bb
nella sede degli amici di Agnoletto, è un colpo che smuove
gli stomaci anche dei poliziotti meno ambiziosi,
nel
caso dovessero esistere
. E allora si va, rischiando
l’operazione e sperando di dividersi, ognuno, una fetta del merito.
De Gennaro chiama anche Sgalla, il suo addetto stampa (lo stesso Sgalla, per capirci, che nel caso dell’omicidio Sandri si inventa lo sparo in aria nell’autogrill…). Tutto è
pronto, davanti a tutti gli uomini di Canterini, VII nucleo creato ad
hoc per il g8: la crema della celere italiana.

L’arrivo nei pressi della scuola prelude ai successivi massacri: disturba
l’atteggiamento diffuso di violenza e di soprusi commessi da
poliziotti, giustamente se vogliamo esasperati dai giorni precedenti,
ma quella sera in via battisti e nelle vie adiacenti, come si può
rilevare non vigeva il codice, quantomeno di procedura penale. Noi
siamo alla descrizione delle prime fasi, siamo alla descrizione
dell’arrivo della polizia e all’uso di quella violenza di cui ben
presto anche il difensore sentirà parlare direttamente, nei
confronti di persone che nemmeno la più fervida immaginazione
avrebbero potuto considerarle persone resistenti la forza
pubblica.

Poi
i poliziotti entrano nella scuola.

(continua)

Posted in Pizi Wenxue.


[Shanghai] Cosa vi ricorda?

Le foto arrivano da Xinhuanet, ma in questi giorni è un diluvio di misure di "sicurezza": vediamo se in questo mese che manca alle Olimpiadi, anche i cinesi diranno
che alcuni contestatori vorranno buttare sangue infetto sulla foto di
Mao, che Bin Laden attaccherà la Cina sul fiume Giallo e che
gli anarchici vorranno utilizzare il napalm. E se qualcuno la vuole menare con la vecchia storia che la Cina è tremenda, dittatoriale, militare, guardi in casa propria e ricordi le nostre "libertà".

E’ il potere, che è uguale dappertutto.

Members
of China’s armed police demonstrate a rapid deployment during an
anti-terrorist drill held in Jinan, capital of east China’s Shandong
Province July 2, 2008, roughly one month ahead of the Beijing
Olympics.(Xinhua/Fan Changguo Photo)

Members
of China’s armed police demonstrate fighting skills during an
anti-terrorist drill held in Jinan, capital of east China’s Shandong
Province July 2, 2008, roughly one month ahead of the Beijing
Olympics.(Xinhua/Fan Changguo Photo)

Members
of China’s armed police operates water canon vehicles to disperse a
"mob" during an anti-terrorist drill held in Jinan, capital
of east China’s Shandong Province July 2, 2008, roughly one month
ahead of the Beijing Olympics. (Xinhua/Fan Changguo Photo)

Posted in Pizi Wenxue.


[Shanghai] Shanghai Rhythm (1)

Andiamo
a dare fuoco ai tramonti


e
alle macchine parcheggiate male


ad
assaltare ancora i cieli,


a
farci sconfiggere

Vorrei
provare a immaginare il mondo sotto un dominio cinese. E starmene in
casa come adesso, al buio con lo schermo nero e scrivere col bianco,
per non fare troppa luce. Che scriverei col colore marrone se potessi
leggerlo. Aprire birre e lasciare in frigo i tappi. E spegnerci
dentro le sigarette. Mi manca l’autogrill e le sue inconsuete
presenze. Quegli sguardi ai libri di Faletti e Beppe Grillo. E mi
manca la macchina e poter dire, vado. E immaginare che vita fa la casellante e vorrei chiederlo. Che pensi che la
birra cinese faccia cagare. Invece la Tsing Tao è buona,
l’avevano messa su i tedeschi. Vorrei andare sul Huangpo ed essere da
solo. Con sto stronzo nelle orecchie che mi tira fuori tutte la bile
nascosta con cura e attenzione. La pulisco ogni giorno, la filtro.
Quando la sigaretta finisce nella latta fa il rumore di uno scracchio
per terra. I cani hanno scarpette rosse. Ho deciso di sopportare il
caldo, evitare l’aria condizionata, spostare dolori, traslocare
cemento e depositare sorrisi per terra. Non faccio altro. Vorrei una
stazione di benzina, che scendi e fa freddo e bestemmi contro l’omino
che tutto coperto ti guarda e sta lì fermo. E viene solo a
prendere i soldi. Da troppo tempo non ho la febbre.

Oggi
una ragazza mi ha guardato e mi ha chiesto l’ora. Sono uscito senza
cellulare le ho detto. La musica spagnola come quella di quelli là,
i gipsy qualcosa, mi fa cagare. Però la Heineken fredda è
qualcosa di inspiegabile. E pure i cinesi. Nel senso di inspiegabile.

In
Cina, anzi diciamo pure a Shanghai, non si possono bruciare i cassonetti della spazza. Non ci sono, cioè sono piccoli. Però sono pieni di sigarette.
E non mi pare ci siano neanche parcheggi di auto. Parcheggi
sotterranei, troppo fumo. La bicicletta non so neanche se la ritrovo
perché è in mezzo ad altre mille biciclette. Le latte
di birra sparse sul tavolo. Ho la capacità di occupare con qualsiasi cosa, qualsiasi superficie piana. Magari diventasse specialità olimpica. Quando voi
pranzate, qui cala il buio. Come faccio a comunicare il buio alla
vostra cazzo di luce di merda?

Sono
andato al bancomat e mi ha detto che erano finiti i soldi. Non ho uno
yuan e ho sete. L’altra è troppo distante e poi devo attraversare la strada. Vorrei una batteria da spaccare a forza di picchiarci
dentro, prendere a calci la cassa, scassare per terra i
piatti. Il crash lo metterei nel tostapane. Invece questo suona il flauto. Che non è che vai giù
e chiedi una birra e parli con chiunque entri. E infine, cosa cazzo avranno da dirsi il premier cinese e quello thailandese?

Posted in Pizi Wenxue.


[Shanghai] Libertà e perline colorate

[intro: L‘uomo occidentale proprio non riesce a trattenersi: deve autocelebrarsi. Ora partono i proclami e gli osanna ai salvatori dei poveri cinesi sofferenti e dimessi: i giornalisti occidentali! Quelli che non nascondono niente, che non accettano diktat, che non scrivono le marchette, che smerdano tutti. Come dire ai cinesi: arrivano i nostri e sarete folgorati dalla nostra strepitosa libertà di comunicazione…Eccone il primo esempio.]

I found this website, Play the Game for Open Journalist: the
2008 Beijing Olympics is a significant event in the relationship
between China and the media. For the first time in recent history
foreign journalists have been granted the right to work freely
without interference from Chinese authorities.
(not
completely true:
Danwei
readers
in Beijing reported earlier today that Facebook seemed to be
blocked. It was accessible in Shanghai this afternoon, but now seems
to be blocked nationwide).

Uhm,
what’s this Play the Game for Open Journalist? Play the Game is a non-profit democracy
advocacy organization
(produced by the international federation of journalist (sticazzi…)
working in global athletic coverage. They
produced a website with a series of helpful tools for reporters
during the Beijing Olympic Games. So,
they say, foreigner journalist will better know chinese culture,
habits, traditions, and chinese journalist will appreciate
to
learn to open its own media channels
.

Or,
maybe: during the Olympic Games, chinese journalists will understand that our communication and mainstream media…are
not so free. Example:
what are the differences between chinese People’s Daily and italian Corriere
della Sera
?
Play the game…(here a suggestion to play…)

Posted in Pizi Wenxue.


[Shanghai] Cronache da Hu

A
man armed with a knife stormed a police station in Shanghai on
Tuesday, attacking officers and killing at least five, authorities
said.
[…] The
attacker was said to be 28 and from Beijing. He was arrested last
year on suspicion of stealing bicycles.

Al riguardo, articoli
dall’International Herald Tribune, dalla BBC, dallo Shanghai Daily.

Ora
io, la mia fantastica bicicletta, soprannominata Belina, di
evidente dubbia provenienza, non fosse altro che per prezzo e
insomma…rumori che fa ad ogni pedalata, l’ho imboscata bene bene,
che hai visto mai.

Questo
fatto riportato, in ogni caso – insieme al recente esempio di mass
incidents nella provincia di Guizhou
(a cui si riferisce la foto a destra) contro politici e polizia in
riferimento ad uno stupro e omicidio, venduto alla gente come
suicidio della vittima per coprire il figlio di un politico locale –
dimostra come gli stereotipi nei confronti dei cinesi che spesso ci
immaginiamo o ci descrivono come signorsì un po’ fetenti e
incapaci di reagire, sono belinate, appunto.

Credo non si possono
capire, conoscere e dire di conoscere davvero i chinai. Si possono solo provare a
raccontare.

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[Shanghai] I dubbi cinesi sul mancato successo del loro paese nell’ambito delle manifestazioni calcistiche internazionali.

Titolo pomposo, per dare l’idea di come i cinesi si prendano sul serio e non lascino niente al caso. E di come la nuova superpotenza si faccia portatrice di problematiche non esclusivamente economiche e finanziarie, ma anche culturali e sportive. Ok, mentre
nelle notti cinesi di giugno si potevano trovare locali aperti fino
alle 5 del mattino, per seguire gli europei di calcio, si consumava
il dramma sportivo di una nazione. Il 14 giugno la nazionale di
calcio cinese
veniva sconfitta dall’Iraq: matematicamente fuori dai
mondiali in Sudafrica nel 2010
. Il calcio (in cinese zuqiu, zu, piede, qiu, palla) nel silenzio generale ha dato un dispiacere a molti suoi seguaci. Il calcio in Cina è morto,
hanno sussurrato alcuni commentatori, osservatori: appassionati che dissertano ovunque di football. Anche qui esiste il bar sport!

Ma
soprattutto, si chiedono quasi tutti, o almeno chi non si è ormai rassegnato solo a seguire il calcio degli altri, come mai uno sport così popolare in
Cina, non ha un seguito pratico all’altezza delle competizioni internazionali? Come mai, ancora, la
nazione più popolosa del mondo non riesce a mettere insieme
undici uomini in braghette in grado di giocarsela, non sfigurare con le nazionali più
forti del pianeta? O almeno non buscarle dall’Oman o da squadre del genere?

E
infine, come è possibile che in un paese che copre
mediaticamente alla perfezione ogni evento calcistico mondiale (con
qualità, anche) non si riesce a dare una soddisfazione nazionale ai propri
supporters? Petrovic,
mister dei rossi cinesi, ha deciso che è una questione
caratteriale: troppo emotivi (un diluvio di cartellini gialli e
cartellini rossi a giustificare la sua interpretazione) i cinesi nelle competizioni internazionali, troppo sensibili agli appuntamenti importanti.

Evidentemente solo questa spiegazione non basta e la discussione infuria. Anche perché
in Cina è diffusa, in un milione e mezzo di copie, una
rivista, Titan Sport che pur seguendo anche altri sport (il basket),
è focalizzata quasi esclusivamente sul calcio, non è controllata dal governo
ed è il settimanale più letto della Cina. C’è
anche un corrispondente fisso dall’Italia, Qiao Wanni, da Roma. Qiao
Wanni, ovvero: Giovanni!

E
allora si è detto dell’aspetto emotivo, ma un libro, Bamboo
Goalposts
di un commentatore calcistico della televisione di Pechino,
Rowan Simons, ne indaga le cause più profonde, in una ricerca fatta in molti anni di vita cinese. Quello che manca al paese, per farla breve, è una
cultura calcistica (è ancora uno sport elitario, ma soprattutto nei parchi, non ho visto nessuno mettere giù due magliette e improvvisare partitelle: molto più facile trovare aquiloni o gente che gioca a badminton o corre e fine) e soprattutto la mancanza di una
federazione che anziché perseguire i propri interessi politici
a suon di corruzione, magheggi e giri strani (rischiando per altro di essere estromessa dalla FIFA per i suoi metodi poco chiari) faccia veramente uno sforzo di diffusione del calcio
in termini culturali e di pratica quotidiana (in Cina non esiste una organizzazione in grado di gestire i dilettanti) .

Fonti per approfondire e che fanno sembrare tutto serio:

Soccer-China
game hampered by lack of base

Why
kung fu never won a World Cup

Football
in China

Titan
Sport

Iraq
ousts China from World Cup qualifying

China
football faces reform calls
(del 2004, ma interessante uguale)

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[Shanghai] Deserti al contrario

Funziona
così, che le metropoli acide e grigie sono luoghi che seguono
e suggeriscono stati d’animo. E le luci e ombre, angoli e spiazzi,
comportano mutamenti di stati d’animo, prospettive. Tutto in fretta,
o tutto lento, con lo sguardo a perdersi. E per scovare colori,
spesso, bisogna semplicemente rivoltarsi e trovarli nel punto più
buio. Questo genere di metropoli, ovunque siano, regalano attimi di
malinconia, tinta di speranza.

Le
piazze sono vuote le piazze sono mute per combattere l’acne sono
tutti in ferie maratone sulle tue arterie sulle diramazioni
autostradali sui lavori in corso solo per farti venire e invidiare le
ciminiere perché hanno sempre da fumare le notti inutili e le
madri che parlano con i ventilatori negli inceneritori le schede
elettorali e i tuoi capelli che sono fili scoperti costruiremo delle
molotov coi vostri avanzi faremo dei rave sull’enterprise farò
rifare l’asfalto per quando tornerai.

Shanghai
è un altro veleno, un altro deserto al contrario. Eppure, più
vorresti andartene, più ti senti divorato dal sentimento di
rimanere. Più non ne puoi più di tante abitudini,
divertenti per i turisti, infinite se devi vivere qui, più
vorrei arrivare a trovare un luogo affacciato sulle discariche e sul
mare.

I
semafori cominciavano a lampeggiare
centimetri tra le nostre
bocche con un contratto andato a male
le istruzioni per
abbracciarsi
e per ballare negli scompartimenti delle
metropolitane
sarà l’effetto serra il nostro carcere
speciale
le fotocopie del cielo milanese
che Milano era
veleno, che Milano era veleno
era un deserto al contrario
un
cielo notturno illuminato a giorno
da stelle cianotiche da stelle
con tuo nome

Le
poche parole, oggi le avrei voluto mettere tutte, sono di un gruppo (che poi è uno, accompagnato da musicisti niente male), Le Luci della Centrale Elettrica.
Grazie a lui e a Michela. In attesa di rifare l’asfalto, è già abbastanza.

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[Blackswift] Il mostro della primavera

Con
le tue finestre aperte sulla strada
e
gli occhi chiusi sulla gente
con la tua tranquillità,
lucidità,
la tua coda di ricambio
le tue nuvole in affitto

le tue rondini di guardia sopra il tetto.

Ci siamo
ridestati: nuovo racconto e nuova newsletter – rigorosamente aperiodica – di Blackswift, nome con il quale io e il mio socio ci dilettiamo in attività pseudo, cripto, quasi – letterarie, con impegno (a volte), devozione (a volte) e deliri tutti nostri tra serietà e belinate (spesso). Sforniamo racconti e pure romanzi (uno pubblicato un anno fa da Colorado Noir, Monocromatica, che trovate pure sul sito).

Bene: una
canzone per l’estate (quella sopra…) per un mostro di primavera.
Nell’attesa di ricevere qualche segnale positivo per dare sfogo a due
progetti che abbiamo appena terminato, la combriccola Blackswift
è lieta di annunciare la conclusione della saga dei mostri,
iniziata la scorsa estate. Era solo un anno fa, poi la
realtà è passata come un trattore rilasciante cemento
armato persino sui più lugubri e apocalittici sforzi di
ridurla a fiction…ed eccoci qua. Il
mostro della primavera è atipico.
Come a dire: se siete quelli che stanno comodi in poltrona, che
quando stanno bene loro gli altri si fottano, questo mostro è
tutto per voi. Con i migliori auguri che si avveri, tra
l’altro.

Bando
alla ciance, grazie al solito a Carl0s (:-*) e buona lettura: trovate tutto (altri racconti, romanzi,
cazzabubbole…) su noswift o black-swift (addirittura..)

Se
siete pigri: Campagna (mostro della primavera) in pdf, rtf,
txt.

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