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[Sarpi – Shanghai — Intervallo –] Teste indesiderato

Un saluto ai milanisti che per una frase, permalosi, si sono innervositi. Gli ricordo gli splendidi anni 90, per loro: un anno Juve, un anno Milan, i diritti televisivi, il precario Meani. Qualcuno in C per una partita, qualcuno in B (o in A con penalizzazione) per una vita.

Il testimone indesiderato

Le rivelazioni su Moggi&co di Maurizio Capobianco mettono nei guai la nuova Juve
Dopo l'intervista a «Repubblica» sui regali di Lucianone e i legami mai rescissi con l'attuale società, l'ex dirigente bianconero è stato interrogato ieri dai pm di Torino. In arrivo un'altra estate bollente.

«Dopo la contestazione dei tifosi in occasione di Juventus-Bologna, ho avuto tanti messaggi di solidarietà e di incoraggiamento, tra cui anche quello di Luciano Moggi». Parola di Alessio Secco, ds bianconero, che non può certo negare il rapporto particolare che lo lega da tempo a Lucianone. Secco non sceglie però il momento opportuno per esternare il legame con l'ex re del calcio italiano. Quel nome infatti, non s'ha da fare, specie dopo l'intervista rilasciata una settimana fa a Repubblica da Maurizio Capobianco, nella quale l'ex dirigente juventino affermava quanto la nuova Juventus non possa essere considerata così distante dalla vecchia: «oggi decide tutto Secco (Alessio, direttore sportivo, ndr) che in passato non ha mai mosso un dito senza il consenso di Moggi. Il direttore del personale Sorbone è lo stesso. Renato Opezzi (ad di Semana e procuratore della Juventus, ndr), è da sempre il braccio destro di Giraudo. Il direttore finanziario Michele Bergero e il direttore marketing Fassone (ex guardalinee Aia, ndr) sono sempre lì. La nuova Juve di Cobolli, la chiamano… Ma se si sono tenuti persino Bertolini».
Capobianco non usa mezzi termini e se di Secco si diceva da tempo fosse l'addetto alle fotocopie di Moggi, di Bertolini si è scoperta l'attività solo ultimamente: era lui che andava a fare la spesa di Sim in Svizzera per assicurare le conversazioni più incaute di Moggi e i suoi amici arbitri o designatori. All'intervista è seguita una piena collaborazione di Capobianco, tanto con l'Ufficio Indagini di Borrelli, quanto con le Procure interessate alle sue parole. Il mondo del calcio ha risposto in tono minore, riportando le scandalizzate dichiarazioni di Cobolli Gigli, punto sul vivo. Il suo new deal era tutto basato sullo slogan «simpatici perché nuovi», mentre Capobianco ha gettato più di un'ombra sul restyling juventino. «Conosco Moggi solo dai giornali. Ha fatto tante cose in passato, ma non ha nulla a che fare con la Juve di oggi», si è premurato di chiarire Cobolli Gigli.
Ma Capobianco non si è occupato solo di Moggi e i suoi eredi: ha parlato anche di soldi, di auto, di orologi, elementi che nel gergo penale si chiamano «prove». Forse non sarà considerato «il pentito» auspicato giorni fa da Zeman, ma l'ex addetto all'ufficio acquisti della Juventus, ha aperto più di uno squarcio sull'indagine di Calciopoli. Le sue parole aprono nuovi dubbi e forse finiranno per fornire anche qualche prova tangibile. Il tutto nel silenzio più generale dei media sportivi, che corrono dietro ai fantasmi, per concentrare l'attenzione su un campionato ormai finito, su una finale di Coppa Italia mai così tanto considerata, sulla cavalcata in Champions del Milan, dimenticando il colpo di spugna che gli ha permesso di prenderne parte e sulle consuete boutade di maggio sul calciomercato. C'è da assicurarsi che si possa vendere anche d'estate, a bocce ferme. Sembra ci sia voglia di oscurare tutto ciò che potrebbe sconvolgere ancora una volta il mondo del calcio e non per meriti o demeriti sportivi, ma per storiacce di soldi, pagamenti, silenzi, omissioni e campionati clamorosamente taroccati. Può essere che in sede sportiva tutto venga coperto dal più classico «lasciamo perdere, la Juventus è già stata punita», anche perché Borrelli sembra muoversi in un ambiente che se non si può definire ostile, sicuramente non gli è d'aiuto.
A nessuno, giornalisti inclusi, conviene che il calcio ritorni a essere oggetto di discussioni su interrogatori, corruzione e compagnia cantante. Già quando arrivarono le conclusioni delle indagini dai pm napoletani, in molti addetti ai lavori e dirigenti sbuffarono, come a dire: «Ancora? Non era finito tutto? Lasciateci lavorare, basta con le illazioni». Invece per quanto riguarda la sede penale le dichiarazioni rilasciate a Repubblica dall'ex addetto al back-office juventino potrebbero consentire una svolta alle indagini. Sull'ambiente messo in piedi da Moggi e soci, con la complicità di arbitri e perfino di giornalisti, dubbi per fortuna non ce ne sono. Mancava però un elemento determinante, come lo fu la famosa valigetta nel caso Genoa-Venezia: la prova. Il quid, il tornaconto, per il quale arbitri, designatori, dirigenti, giornalisti scelsero di affidarsi a Lucianone e ai suoi maneggi. Capobianco ha fornito la sua piena collaborazione anche agli uomini di Borrelli incontrati martedì in gran segreto e pure, ieri, alla Procura di Torino che da tempo indaga sui bilanci sospetti del club bianconero. Serviranno riscontri precisi, ma Capobianco sembra alludere di avere in mano le prove, quelle che da molti venivano invocate o l'assenza delle quali aveva consentito il levarsi di scudi tardivi a difesa della cupola.
I designatori ad esempio. Pairetto pare fosse di casa alla Juventus: «nel 2000 proprio Pairetto tirò fuori la storia dei Rolex della Roma. Bè: pochi mesi prima, nell'ottobre del 1999, ricevette dalla Juve una moto che, in seguito, non mi pare si sia premurato di restituire». Anche per arbitri e dirigenti Capobianco ha parole chiare e – forse – documentazione: «solo agli inizi del 2005 sono venuto a conoscenza di almeno quattro casi in cui la Juve ha fatto arrivare beni di ingente valore a due arbitri italiani, a un esponente della Figc, e a uno della Covisoc». Ma più che le eventuali prove che potrebbero gettare ombre anche sul penultimo campionato, la stampa sportiva preferisce già muoversi sulle nuove bolle di sapone del calciomercato. E chissà che Moggi non sia ancora lì a rimestare nel torbido. Gli agganci di certo non gli mancano.

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