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[Sarpi – Shanghai – Genova] Le polpette del Generale e il pop


La
mitopoiesi è quel processo in cui un'intera comunità si
fa carico dell'elaborazione e dell'imposizione dal basso di un
immaginario (fatto anche e soprattutto di storie) che cambia lo stato
di cose presenti. Assistiamo già allo scontro di due universi,
da un lato c'è l'universo della comunicazione piramidale e di
massa, dall'altra c'è quello delle comunità che si
federano in networks alternativi capillari. (WM, mi pare 1, guarda
caso…)

Molti
di noblogs storceranno il naso, ma il mio imperativo tornato dalla
China, qualche giorno fa ormai, è stato: rituffiamoci nel pop.
Ovvero nella televisione, in primis. Poiché il post su
Lucarelli
sembra avere scatenato un po' di considerazioni (e tante
incomprensioni…), ecco un ulteriore tentativo di chiarire una
posizione che è in via di formazione, come la trama di un
romanzo in via di scrittura.

Forse ero partito annebbiato da una
rabbia un po' da ghetto, chissà. Il manifesto della
Rivoluzione Culturale che ho posto qui a fianco, spero mi indichi la
strada, fosse pure quella di un mesto ritorno in campagna per
rieducarmi.

Qualche
sera fa mi sono fatto rintronare dalla fiction su Carlo Alberto Dalla
Chiesa, citato per altro da Lucarelli come esempio di cosa significhi
essere un poliziotto (carabiniere, insomma, uomo di stato) onesto,
incorruttibile, difensore dello Stato senza menare colpi o ingiurie a
persone indifese, senza inventare accoltellamenti, molotov false.
Solo carceri speciali, studio e messa in pratica dell'arte
dell'infiltrazione, leggi speciali per agevolare i pentiti durante i
primi anni di terrorismo. Poi Sicilia, mafia, isolamento. E morte.
Nota televisiva: Giannini (Dalla Chiesa) è un grande. La sua
recitazione un po' d'altri tempi, la sua voce, la sua terribile compostezza nella divisa che fu del
Generale. Un tipo tosto, arcigno, un combattente prezioso per la sua barricata, duro e dalla personalità gigante per i suoi nemici. Un capo, non ci sono cazzi.

[La
storia di Dalla Chiesa, almeno la prima parte, la si trova in un
libro molto interessante, scritto, guarda un pò, da un
carabiniere, Nei secoli fedele allo Stato, una lunga
intervista di Nicolò Bozzo, ex generale dei Carbinieri, nonché
braccio destro del Generale nei primi passi contro le neonate Brigate
Rosse.]

L'ho
visto tutto, tutte e due le puntate. Le fiction riducono il tempo:
anni fa era assai difficile trovare una serie tv o un film che
parlasse di persone ancora vive. Invece negli ultimi anni la grande
offerta di format, sceneggiature e spazi televisivi ha accorciato la
storia e la vita degli eventi. Così a soli pochi anni di
distanza partono fiction biografiche o su fatti di cronaca non troppo
in là nel tempo (c'è stata anche la fiction sulla
vicenda Brigate Rosse – D'Antona – Biagi o quella su Donato
Bilancia, mentre aspettiamo una prova d'autore per Cogne e per
Garlasco).

E
così vedere un'attrice che interpreta Rita Dalla Chiesa
mentre mangia polpette con la famiglia, in un bucolico, trasognante e
commovente pic nic, mi ha fatto pensare, “Ci sarà anche
Fabrizio Frizzi in sta fiction?”.

Proprio
durante quel rilassante pic nic accade l'irreparabile: la fuga di
Curcio dal carcere.

Ora
gli eventi, specie quelli della prima parte mi parevano vagamente
raffazzonati: rapimenti, omicidi, catture di brigatisti con un ordine cronologico bizzarro. Mi pareva
che avessero stravolto la storia d'Italia. E in più mentre
Giannini è il Generale Dalla Chiesa, gli altri sono tutti nomi
finti, inventati o, come nel caso di Curcio, è “il capo”,
Moretti “è un brigatista”, e così via. Infatti, lo
scopriamo solo alla fine, lo dicono gli stessi autori: l'unico
personaggio “reale” della fiction è Dalla Chiesa, l'unico
che mantiene il proprio nome, il resto è libero adattamento.
Peccato che il titolo di coda scorra così veloce che tutto non
sono riuscito a leggerlo.

C'è
quindi Dalla Chiesa inflessibile e rigoroso, c'è il Generale
che cazzia i suoi uomini, che ogni mese porta le rose alla moglie
(una terribile Sandrelli) che si innamora di una donna moooolto più
giovane di lui, che si risposa, dopo aver tenuto il muso alla Rita
che divorziava.

E
ci sono i brigatisti tutti barba baffi e cappelloni che litigano tra
loro, che parlano per slogan, una noia terribile sti qua.

Esempio
di dialogo:

Non
ce la faccio più, ho cambiato talmente tanti nomi che non mi
ricordo più il mio, dice una delle brigatisti.

E'
lo scotto da pagare per la causa. Io non vedo mio figlio da mesi, le
risponde il capo.

Tu
almeno lo hai un figlio, dice lei, voltandosi di scatto. 

Sono
io il dolce stil novo, avrei voluto dire.

Non
è questo il punto.

Se
la formazione di una coscienza è un processo inconscio dovuto
a diversi input che arrivano dalla Comunicazione (non solo rilascio
della comunicazione
, ma anche gestione della comunicazione,
del suo flusso, della nascita dei suoi immaginari), si può
ben dire che solo “gli altri” (l'universo della comunicazione
piramidale e di massa)
stiano adottando strategie comunicative
vincenti. Dalla Chiesa non sarà né l'ultima, né
la prima fiction a sottolineare l'importanza dello Stato, della
Democrazia, dell'Onestà (eddai, lo diciamo? L'Onestà
Borghese! L'ho detto), della Coerenza, nonché ad adattare
scenari passati a bisogni e consuetudini odierne (il rapimento di
Moro? Due frame), come il tema della sicurezza, del fatti i cazzi tuoi e campi cent'anni. Del resto di fiction sulle forze dell'ordine ne sono pieni i palinsesti.

E
non me la venite a menare che questa fiction la guardano solo le
casalinghe di Voghera, perché non è vero. L'hanno visto
in 6 milioni, BluNotte 2 milioni, ma sono solo numerilli.

Con
questo non voglio dire che bisogna riuscire a strappare un contratto
Rai o Mediaset e proporre una fiction su Marcos o sulla vita privata
di un black bloc (!). Non è infatti la sola fiction di Dalla
Chiesa che determina un “particolare” modo di concepire le
relazioni umane, sociali e di considerare il mondo circostante. E'
una generale elaborazione e imposizione di immaginari (fatto anche
con storie, non solo in televisione) a creare l'ambito di cui la
fiction di Dalla Chiesa fa parte, si inserisce, esercita.

In
questo senso Lucarelli ha operato una sicura imposizione di
immaginario diverso dal solito mainstream. Posto che con alcuni
esperimenti riusciti qualcosa lo si è già fatto, e anzi
la riflessione e la pratica continuano (mi riferisco a Serpica, a
City of God, ecc.), nel post precedente su Lucarelli, forse, cercavo
di trovare semplicemente il modo per dire che anche il Lucarelli,
andrebbe coadiuvato, non so se sia la parola giusta, anche su altri mezzi di comunicazione, con altre
storie e teste. Storie in cui si poteva, o si potrebbe, essere
precisi e semplici, senza tuttavia annoiare. In cui si potrebbe dare la propria versione in modo semplice e diretto.

If
I was young, I'd flee this town
I'd bury my dreams underground
As
did I, we drink to die, we drink tonight.

(Beirut
Band)

Posted in General.


10 Responses

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  1. audax says

    W il generale e la polpetta borghese!

  2. beirut says

    ahahah un po’ pu’ pù pì.
    si un po’ lo so, ma sono un po’ imperterrito e infatti ho messo la correzione un po’ automatica in openofficepo’.
    su lifetype pare non ci sia.

    salutami un po’ tuasorella,
    🙂 b.

  3. tuanonna says

    apparte le volte che hai scritto “pò” in queste frasi, ma lo sapevi che, nonostante il T9, po’ si scrive con apostrofo e non con accento?

  4. beirut says

    uhm, sono un pò stordito dai commenti, perché mi sfugge un pò l’argomento principale. Di Lucarelli mi pare si fosse già parlato e si fosse ben presto passati a qualcosa di più corposo che non solo Lucarelli, si – no.
    Mi riesce un pò difficile commentare i commenti perché mi sembra tutto un pò frastagliato.
    Penserò a un modo per ripescare i commenti e provare a reinserirli in qualcosa che tenga porte aperte per agevolare altri commenti. 🙂
    baci
    b.

  5. uomonero says

    mi riallaccio a bip proprio sulla questione individuale.
    ovvero da un lato si parla “individui sociali” e dall’altro si dimenticano gli individui altri che pagano scotto per tutti.
    possibile che non dica una cosa banale banalissima?
    “Di solito quello che avviene in un’aula di tribunale è influenzato anche da quello che si muove fuori, dal contesto, dal clima.”
    infatti anche gli errori di quella trasmissione peseranno sulla vita futura di molte persone sotto processo.
    tutte le “”novità”” giunte finalmente a occhi e orecchie delle masse di videodipendenti non ripagheranno un giorno solo di libertà per un attivista condannato.
    mi sono scocciato di vedere persone da sacrificare per il nulla: per una teoria della comunicazione sic!.
    perché non stiam facendo la rivoluzione, e non stiam facendo movimento
    abbiamo dato una poltrona ben pagata a qualcuno (agnoletto, morettini & C), un bel lavoretto ad altri (e qui nn posso fare i nomi), ad altri miseri abbiamo regalato un immaginario da rivendersi nella propria comunità…, ecc ecc.
    il bilancio post genova è una merda
    il bilancio di quella trasmissione è uguale: per far passare il concetto A si è dovuto dire un falso B.
    per dire berlusca cattivo si è detto d’alema buono (napoli marzo 2001….), per dire polizioti cattivi si è tirato fuori che dalla chiesa era un santo (e le carceri speciali? e i rapporti di amnesty sulla tortura in italia anni “80?)
    quella era robaccia ed oggi sono più incazzato della sera in cui è stata trasmessa riflettendo anche sui danni culturali provocati.
    scardiniamo adesso quest’idea: come mai non sono stati fermati prima i manifestanti cattivi ? perché gli hanno fatto far casino? e poi perché pochi poliziotti cattivi hanno picchiato i bimbi bianchi buoni?
    ‘notte

  6. uomonero says

    mi riallaccio a bip proprio sulla questione individuale.
    ovvero da un lato si parla “individui sociali” e dall’altro si dimenticano gli individui altri che pagano scotto per tutti.
    possibile che non dica una cosa banale banalissima?
    “Di solito quello che avviene in un’aula di tribunale è influenzato anche da quello che si muove fuori, dal contesto, dal clima.”
    infatti anche gli errori di quella trasmissione peseranno sulla vita futura di molte persone sotto processo.
    tutte le “”novità”” giunte finalmente a occhi e orecchie delle masse di videodipendenti non ripagheranno un giorno solo di libertà per un attivista condannato.
    mi sono scocciato di vedere persone da sacrificare per il nulla: per una teoria della comunicazione sic!.
    perché non stiam facendo la rivoluzione, e non stiam facendo movimento
    abbiamo dato una poltrona ben pagata a qualcuno (agnoletto, morettini & C), un bel lavoretto ad altri (e qui nn posso fare i nomi), ad altri miseri abbiamo regalato un immaginario da rivendersi nella propria comunità…, ecc ecc.
    il bilancio post genova è una merda
    il bilancio di quella trasmissione è uguale: per far passare il concetto A si è dovuto dire un falso B.
    per dire berlusca cattivo si è detto d’alema buono (napoli marzo 2001….), per dire polizioti cattivi si è tirato fuori che dalla chiesa era un santo (e le carceri speciali? e i rapporti di amnesty sulla tortura in italia anni “80?)
    quella era robaccia ed oggi sono più incazzato della sera in cui è stata trasmessa riflettendo anche sui danni culturali provocati.
    scardiniamo adesso quest’idea: come mai non sono stati fermati prima i manifestanti cattivi ? perché gli hanno fatto far casino? e poi perché pochi poliziotti cattivi hanno picchiato i bimbi bianchi buoni?
    ‘notte

  7. Annibale Capitone says

    Di solito quello che avviene in un’aula di tribunale è influenzato anche da quello che si muove fuori, dal contesto, dal clima. Ma com’è noto non è una regola scientifica. In ogni caso: forse l’esempio che segue dice qualcosa di più. Il giorno dopo la trasmissione di Lucarelli mi è capitato di ascoltare su Radio Capital la risposta del direttore ad un ascoltatrice che diceva: – Caro direttore ieri sera ho visto la puntata di Blunotte sul G8 di Genova e ne sono rimasta molto turbata. Non pensavo che in Italia potesse accadere una cosa del genere. Secondo lei, c’è il pericolo che possa ripetersi? Il direttore rispondeva: – No, gentile ascoltatrice, non si preoccupi. Quella è stata una rozza risposta del governo di destra. Quel governo non c’è più. Il fatto stesso che lei ne sia stata informata adesso dalla televisione è una garanzia che non si ripeterà più in futuro. Subito dopo il commento sdegnato al comportamento della polizia degli speaker che ospitavano l’angolo del direttore e due mail di altri ascoltatori che protestavano: – Ma avete visto i centri sociali? Hanno dato fuoco al blindato dei carabinieri? Cosa avrebbero dovuto fare i militari? Si sono difesi! E gli speaker che fanno: – Si, è vero; del resto la trasmissione lo ha mostrato chiaramente. Indubbiamente ci sono state violenze da una parte e dall’altra. E via a riprendere con la musica. Si tratta di una radio con grandi ascolti che segue e commenta al mattino quello che gli ascoltatori guardano in tv la sera prima. Il tutto è ambivalente ma vale la pena di rifletterci. Senza fare difese di questo o quel programma, piuttosto delle comparazioni e soprattutto senza tirare in ballo il pronome maledetto (noi!). Non si tratta di uscire da “ghetti esistenziali” ma di esercitare pensiero critico, come individui sociali. L’uovo, tolto il pelo, lo si mangia, o no? E’ questione di “avere l’utopia dell’informazione totale” o ci si può chiedere cosa produce nella filiera dell’informazione “l’alfabeto spezzato”? Prima di Genova, se non ricordo male, girava una mail con le istruzioni per indurre i media generalisti ad occuparsi dei movimenti. E’ ancora attuale? Le fiction su carabinieri e polizia, a ben guardare, sono proliferate proprio dopo Genova. La strada indicata da esperimenti come quelli di “Crimini” (la serie televisiva tratta dall’omonima antologia di racconti coordinata da De Cataldo con Dazieri, Carlotto ecc.) è percorribile? Oggi tutta l’informazione è riorganizzata in funzione dell’emergenza sicuritaria. Nell’immaginario collettivo le tute bianche sono quelle della polizia scientifica. La lettera del ministro dell’Interno al Corriere della Sera http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2007/08_Agosto/30/amato_lettera_criminalita.shtml
    svela molti elementi del progetto politico che si sta dispiegando da parte di chi ieri, a proposito di Genova, parlava di fascismo. Sulla mitopoiesi dei movimenti, che approccio avere al discorso sul mito in un simile contesto?

    P.S.: …la premessa alla “lezione su 300” è interessante. Fa strano invece leggere “che non si ha più un campo”. Forse andrebbe spiegato meglio, o forse no, saluti!

  8. bip says

    dopo aver letto polemiche su polemiche su giornalisti/fiction/informazione, mi chiedo e mi stupisco di tanto stupore.
    L’informazione è mai stata qualcosa di diverso?
    Perchè questo rammarico e questo stupore?
    Ma soprattutto, possibile che si riesca sempre, tutti, ad aprire discussioni, dibattiti, scazzi etc. sull’informazione e nessuno si degna -che ne so- di aprire una discussione sui passaggi di un processo?
    L’Informazione corretta, quanto serve ad un processo, ad un imputato?
    Se non e’ a servizio del processo stesso, mi verrebbe da dire: “di nessun aiuto”.
    Quindi, passo alla seconda riflessione, chissenefrega dei pennivendoli, non fanno altro che perpetuare la razza.

  9. Wu Ming 1 says

    Se non ricordo male, “Il vertice maledetto” (che ho visto la sera in cui andò in onda) dava più o meno tutta la colpa di quanto successo a Genova a errori di comunicazione tra le forze dell’ordine. A me sembra che Lucarelli sia andato un po’ più in là. Ma forse ricordo male.
    Di certo vi è che noi compagni non siamo mai contenti, non accettiamo che nella comunicazione vi possano essere risultati parziali e intermedi, successi temporanei su cui costruire ulteriori avanzate. E invece bisogna saper combattere anche la guerra di posizione, soprattutto in fasi in cui la guerra di movimento è impraticabile.
    Dimentichiamo troppo spesso che la conoscenza dell’informazione A può portare, passando per B, C e tutte le altre lettere, può portare a conoscere l’informazione Z che completerà l’alfabeto, e dunque conoscere il dato A è sempre meglio che non conoscerlo. No, noi vogliamo sempre fare interventi del tipo: “ABCDEFGHILMNOPQRSTUVZ! Capito?!” (quest’ultima parola detta alla Jerry Calà dei tempi d’oro). E’ che non abbiamo pazienza, abbiamo l’utopia dell’informazione totale, della conoscenza che o si dispiega tutta quanta oppure non è nulla, anzi, è intelligenza col nemico, è la narrazione di chi sta al potere.
    Io sono arrivato a detestare e aborrire addirittura fisicamente (mi orripila) ogni forma di “con noi o contro di noi”, penso che con qualcuno o qualcosa si possa essere d’accordo anche in percentuali inferiori al 99%, e mi sforzo di valorizzare anche il contributo dato da chi non sta nel mio “campo”. Per il semplice motivo che un campo non ce l’ho più.
    Il pelo nell’uovo: un classico tòpos da “estrema sinistra”, che è un ghetto esistenziale da cui dovremmo invece fuggire.
    In ogni caso: sulla mitopoiesi del movimento la mia e nostra posizione è cambiata alquanto, negli ultimi anni. Se qualcuno ha voglia, legga questa breve premessa alla mia lezione su “300”:
    http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/giap11_VIIIa.htm#trecento

  10. Annibale Capitone says

    Mi è toccato spegnere il computer e andare a prendere il vocabolario, dopo avere letto le scuse di Wuming1 al suo stesso commento. – Chissà se si diverte a stimolare nuovo lessico (che poi è antico) oppure parla così di suo già alle nove del mattino? Me lo sono chiesto una volta chiuso il vocabolario. Gli anacoluti sono quei costrutti sintattici per cui degli elementi appaiono, rispetto ai successivi, allo stesso tempo “campati in aria e messi in rilievo”. L’etimo, diciamo la traduzione alla lettera dal greco, aiuta a comprendere meglio: composto di “an”, privativo e “akoluthos”, compagno di strada. Anacoluti vuol dire quindi “privi di compagni di strada”.
    Wuming1 si riferiva agli elementi che ha adoperato nel suo commento alle considerazioni di Nero e Beirut sulla puntata Blunotte – “G8” di Lucarelli. Secondo me ha esagerato nella difesa di Lucarelli ed anche i due soci nelle spiegazioni che sono seguite.
    Ha centrato in pieno invece con quell’anacoluti. Come a voler dire, – Attenzione soci, con quest’atteggiamento si corre il rischio di rimanere senza compagni di strada nella produzione di racconto su Genova! Io questo vi ho letto. Credo però che lo stesso rischio lo si corra accogliendo con così tanto entusiasmo l’operazione di Lucarelli.
    Il racconto di Blunotte, lo dico subito, è il racconto di chi oggi è al potere.
    E’ grave che una trasmissione che si fregia di “applicare il metodo investigativo ai misteri d’Italia” ometta completamente il punta di vista di importanti attori in campo.
    Che indagine è mai questa? Dove sono finiti i protagonisti in carne ed ossa di via Tolemaide? Era così difficile intervistare chi c’era? Chessò uno dei Wuming o qualcun’altro, per esempio? Com’è possibile dire che una parte di quel corteo si è lasciata andare a duri scontri incitata dalle dichiarazioni degli esponenti più in vista? Perchè questo ha fatto Lucarelli. Ha messo sullo stesso piano chi si è difeso dalle cariche in via Tolemaide e chi invece in divisa e armato ha attaccato. Un po’ come chi, subito dopo Genova, ha parlato di intemperanze giovanili da una parte e dall’altra. A me, a questo punto della trasmissione, è venuta voglia di spegnere il televisore. Non l’ho fatto e mi ha aiutato a capire meglio.
    Sbaglia Wuming1, Lucarelli non ha avuto affatto un – tono “neutro” – . Ha fatto una scelta di campo ben precisa. Ha tolto la voce a chi si è difeso, cucendogli addosso uno stigma (una minoranza di violenti che si è staccata del corteo di via Tolemaide) e l’ha data a chi oggi è al potere (Dalema ripreso dai banchi dell’opposizione, in piedi accanto a Violante, che parla di fascismo contro il governo di destra). E’ grave! Lucarelli o non ha coraggio o ha giurato fedeltà al potere… o tutti e due. Ma è ancora più grave perchè questa ricostruzione non aiuta a capire un bel niente di quanto successo dopo in piazza Alimonda. Per questo motivo mi ha infastidito vedere nello studio di Lucarelli la sagoma in cartone di Carlo Giuliani. Avrebbe dovuto raccontare la verità prima di posizionare quella sagoma! Su Bolzaneto, Diaz e corteo del sabato niente da ridire ma non è proprio “grasso che cola”. Sull’intera operazione di Lucarelli per fortuna c’è un termine di paragone che, a mio parere, alza il livello. Si tratta de “Il Vertice Maledetto” di Andrea Bignami, Giulio Spadetta e Francesca Bellino per la serie “La Storia siamo noi”. Questa si ha le caratteristiche di una sinossi, di una vista d’insieme. E’ andata in onda il 21 giugno alle ore 23:15 su Rai Due. Si può vedere liberamente la puntata integrale dal sito del programma. Il link dovrebbe essere http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=209. Spero che farà parte anche della serie di dvd che sta uscendo in edicola. Io l’ho guardata quest’estate e ho capito un po’ di cose che a sei anni di distanza mi erano ancora un po’ oscure. Per esempio che le cariche non nascono semplicemente da “clamorosi errori di funzionari di ps e carabinieri”. Potreste rilanciarla sui vostri siti, perchè no? E perchè non trovare il modo di coinvolgere anche Lucarelli in questa discussione, non ha un po’ di siti anche lui? Magari gli si tira le orecchie e fa uno speciale su cosa fa oggi chi era a Genova!
    Sugli agli altri nodi che ponete mi sembra interessante lo scritto “La vita come illegalità diffusa” di M.T., lo si trova al link http://www.globalproject.info/art-13132.html così come lo spirito di quel movimento che Beirut dichiara morto lo si ritrova in quello che sta succedendo a Vicenza… ma non vorrei buttare troppa carne al fuoco adesso.
    O forse si, qualcuno interverrà, si spera.

    P.S.: …anch’io ho visto Giancarlo Giannini, sarà perchè è il doppiatore di Al Pacino ma la sua interpretazione nella fiction (bruttina) è stata grande!

    Annibale Capitone