Dopo
tanto peregrinare, tra libri, film, racconti e strippi, ho capito,
finalmente perché e come tenere e fare vivere questo blog cinese.
Oggi
mentre facevo una spesa piuttosto rapida in uno dei supermercati di
Shanghai, mi sono messo ad osservare le persone. I cinesi che
comprano. Nel supermercato dove sono andato c’è anche un antro
nel quale ci sono i prodotti importati. Ero da solo. L’ho notato
perché nella mia testa stavo pensando ad alcune cose (anche
per questo ho fatto cadere due volte le uova. Fortuna non si sono
rotte. Ma tornando a casa ero ancora assorto e stavolta sono cadute e
si sono rotte. Incredibile la difficoltà a pulire il rosso
d’uovo sul pavimento).
A
conquistarsi la mia concentrazione era da un lato il già noto
discorso sull’epica e i miti come possibilità di attaccare
culturalmente il panorama sociale italiano (ma potrei dire europeo),
dall’altra, anche a seguito di uno scambio di mail su talune
riflessioni, pensavo a cosa c’è prima della risposta (ovvero
l’attacco culturale). E la crisi culturale, ancora prima che
economica eccetera, è un dato di fatto e non solo italiano. Da
noi semplicemente è il primo botto europeo, perché
siamo gli ultimi a livello economico.
Quindi,
stavo anche pensando a come raccontare la Cina per provare a
rispondere a entrambe le questioni. Da un lato, ovvero, riscontrare
quello che qui c’è e non c’è più da noi,
dall’altro usare la Cina, per raccontare l’Italia. Allora oggi
guardavo i cinesi che compravano i loro prodotti. Guardavo i cinesi
tutti allegri e contenti sfasciare dumpling agli angoli della strada.
E guardavo me, affannoso nelle camminate, in difficoltà a
comunicare, quasi timoroso di interrompere i cinesi nelle loro
cose. E ho visto la Cina e noi (nessuno
si senta escluso).
Da
questo ho dedotto, (aiutato da talune riflessioni, ma anche
dall’ultimo, o meglio dagli ultimi post del mio socio (eccezion fatta
per le sue incursioni calcistiche…), che il nostro imbarbarimento –
enfatizzato dalle recenti squallide novità italiane – è
un sintomo da un lato di una necessità della politica di
garantire le aziende (perché l’attacco ai rom e più in generale la politica fascista di questi tempi, tradotto in politica è quello), dall’altro di un imputridimento culturale non
solo di chi dovrà reagire, noi, ma in generale di tutta
la società europea. E’ un declino generale.
Ovvero
qui, in Cina, c’è una vitalità, pur nelle difficoltà
quotidiane ancora ingessate dai gangli più inutili e stupidi
imposti dal governo, che è difficilmente respirabile dalle nostre parti. Per vitalità intendo: orgoglio, voglia, curiosità e coscienza di sé.
Il
problema, se mai, è che noi chiamiamo il loro orgoglio,
“nazionalismo” e le loro sperimentazioni, “contraddizioni”,
perché non ci rassegnamo ad avere il brevetto sulle
definizioni della storia. Senza sapere che sul problema delle
definizioni, dei nomi delle cose, i cinesi sono arrivati prima di
noi. E’ solo un esempio, per specificare che certi problemi non ce li siamo solo posti noi, nel mondo.
Ma,
allo stesso modo, per non finire solo in una semplice critica della
nostra occidentalizzazione riguardo l’impostazione con cui valutiamo
le diversità, il dato che mi pare più interessante è
che il pericolo Cina per l’Italia, l’Europa e anche gli spenti
USA, non è più solo e soltanto su un livello economico
(e i bassi costi e gli investimenti, ecc.) ma soprattutto su un
livello culturale, sociale, del futuro. I cinesi, ma non solo loro, rischiano, cioè, prima o poi, di
innovare (con tutto quanto ne
può conseguire). E lasciarci al palo. E invertire, ancora una volta i mondi.
E
si ritorna al discorso di partenza: in generale chi crea gli
immaginari e su di essi costruisce relazioni e su di esse ricatti
sociali, e su di esso appoggia tutti i vari temi di volta in volta
utili alla gestione della quotidianità: vince. Ora può
essere sia il loro turno, può essere che l’abbiano capito e stiamo lavorando su quello (il Sichuan e il terremoto e il modo con il quale l’estabilishment politico lo ha curato, nei dettagli, altro non è se non un immaginario che ha fatto immediatamente presa e che ridisegnerà molto del modo in cui i cinesi guardano al proprio paese e a noi. E non è un caso che abbia scosso anche commentatori, come mi ha fatto notare qualcuno, che cominciano a dire che ci sono differenze tra dittature e dittature).
Eh già, qui si muovono….A noi, infine, il solito
compito: tenere in vita la fiammella che dimostra che si può andare avanti e che bisognerà imparare anche ad essere spietati. Anche a costo di ripescare nel passato o in un presente che un attimo
dopo è già dimenticato.
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fiuuuu!
per fortuna che questo cattivone qui sopra un po’ si è scoperto, che già credevo di diventare il capro espiatorio..
io invece mi limito a considerazioni moooolto meno intellettuali..
mi piace molto il titolo di questo post “Lo -scopo- del blog”.
Fantastico.
Buon tutto in quel di Pechino!
(stanotte per caso ho visto i risultati del lotto, avrei fatto ambo sulla ruota di genova con i tuoi numeri, se avessi giocato)
….Infatti arrivo qui dal sito di Stella del Mattino e forse sono stato un po’ frettoloso. Scusa e grazie delle delucidazioni
Vabbè era perché non mi pareva di averla menata con l’epica.
Il post che citi non è una presentazione, tanto meno del blog.
Quel post nasce da una discussione nata dal saggio di Wu Ming 1 su Epica, la New Italian Epic, miti ecc. e non c’entra (almeno non direttamente) con la Cina, né con questo blog.
Come Blackswift abbiamo provato ad articolare anche noi un nostro pensiero al riguardo e il mio, in particolare, è espresso brevemente e rapidamente a dire il vero, in quel post per l’appunto.
Il resto di quella discussione prosegue su altri canali, tipo carmillaonline.com o il blog di Stella del Mattino
e chi vuole lo segue, chi non vuole no.
Invece, per quanto riguarda il blog, quella sugli immaginari è una riflessione che sento anche mia e che è partita da Chainworkers, San Precario, Serpica Naro, Imbattibili, media sociali ecc. e che continua e costituisce cmq un modo per analizzare quasi tutto quello che mi passa davanti agli occhi.
Pure altri post, storie cinesi, come quelli raccolti qui: http://beirut.noblogs.org/…-dove-eravamo-rimasti
o quelli dell’ultimo periodo, magari raccontano micro universi o stronzate un po’ così, a volte anche con ironia, almeno ci provo. Ma il mio interesse rimane sempre quello di porre quanto osservo anche qui in Cina, su quella linea di interpretazione delle cose, di lettura politica, che abbiamo desunto da quanto fatto in questi anni.
A volte magari è lasciato all’interpretazione. Altre volte mi viene più voglia di sottolineare, semplicemente, la continuità di alcuni passaggi.
Altre volte infine mi viene male, ma d’altronde sto parlando di un tentativo.
http://beirut.noblogs.org/…ati.-i-miti-presenti.
vabbè.
mi sembrava un po’ pomposa questa presentazione….
vabbè.
—
Segnalo un dato scovato on line che mi pare interessante, sui dati di vendita dei quotidiani (e non è che ho la pretesa di cambiare il panorama dell’informazione generale italiana o mondiale):
74 dei 100 quotidiani più venduti sono pubblicati in Asia. Di questi, 62 si suddividono tra Cina, Giappone e India.
I 5 maggiori mercati per i quotidiani sono:
* Cina – 107 milioni di copie vendute ogni giorno
* India – 99 milioni
* Giappone – 68 milioni
* Usa – 51 milioni
* Germania – 20,6 milioni
qui l’estratto dei dati:
http://www.chen-ying.net/blog/?p=369
qui l’articolo completo (della World Association of Newspapaer):
http://www.wan-press.org/article17377.html
ma perchè invece di fare tante presentazioni, semplicemente non la racconti ‘sta Cina?
pagine a spiegare miti ed epica che già ci siamo rotti il cazzo prima di leggere..
e poi..invece di avere la pretesa di cambiare il panorama culturale italiano perchè non dire semplicemente che ti piace scrivere e che ci vorresti provare?
auguri