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[Shanghai] Bo Yang

Bo
Yang è morto :-(.

Scrittore nato nella provincia dello Henan nel
1920 e poi trasferitosi a Taiwan nel 1949. Ho scoperto la notizia poco fa,
poco dopo aver finito di leggere proprio il suo libro, Brutti
Cinesi
.

Mi aveva strappato un’ultima risata, poi sono andato on
line per cercare altri suoi libri e ho scoperto che è morto.

Xie xie e un sorso di er
guo tou. Gambei!

Posted in Pizi Wenxue.


[da Shanghai] Chi ha perso

Così, an passant, vorrei
dire una cosa ai vari intellettuali e giornalisti e tutta
l’intellighenzia di questa specie che da vent’anni gestisce la
cultura, l’informazione “di sinistra”. Non ci metto i politici.
Non me ne frega un cazzo.

Vorrei dire una cosa a chi ha avuto in
eredità una supremazia culturale che arrivava dai nostri
nonni.

Vorrei dire una cosa a chi è riuscito a disperdere
culturalmente, tutto quanto gli era stato regalato.

Vorrei dire a
questi, che se la tirano di avere conquistato qualcosa, che invece,
AVETE PERSO TUTTO.

Quindi,
se dopo tutto questo bell’andare, si fa per dire, titolate che la
sinistra perde Roma, “ma si consola con Vicenza”, è solo
perché evidentemente non avete capito un cazzo.

E’ perché
siete nel 900 insieme ai vostri libri. Peccato che per strada, i
vostri libri, sono carta da culo. Come i vostri sindacati, i vostri partiti, i vostri inserti, i vostri articoli ironici su Berlusconi e sulla destra, la vostra cazzo di risata che non seppellisce più neanche i vostri nomi, ahimè, le vostre VECCHIE, perché sono VECCHIE, litanie sulla sfiga di essere di sinistra.

Io non mi sono mai sentito uno sfigato, io mi sono sempre sentito INCAZZATO.

Per favore, fate almeno un gesto sensato, andate
a riposare con i nipoti in campagna e lasciate campo a chi ha fame,
chi ha voglia, a chi sa che deve ricostruire, piuttosto che guardare le
macerie sospirando, “come è stato possibile?”.

La
colpa è vostra.

La
nostra, di colpa, (sempre sia una colpa essere nati dopo il vostro fottuto periodo d’oro degli anni settanta, in cui vi siete costruiti il vostro successo, tanto in culo sempre agli stessi, lasciandoci crescere nella merda degli anni 80 e regalandoci come periodo di affermazione quest’altra bella merda degli anni 90 in cui non ci avete mai creduto, non ci avete mai considerato, non ci avete mai preso sul serio e ora forse capite le conseguenze) è quella di non avere subito capito e
immediatamente dopo detto che i nemici eravate voi.

[per chi capisce il chinao: 748!]


Posted in Pizi Wenxue.


[Shanghai] 仁

Zigong
chiese: “Cosa significa governare?”

Il
Maestro rispose: “Significa vigilare affinché il popolo
abbia cibo ed armi sufficienza, ed assicurarsi la sua fiducia”.

Zigong
chiese ancora: “E se si dovesse fare a meno di una di queste tre
cose, quale sarebbe?”

Il
Maestro rispose: “Sarebbero le armi”.

L’altro
chiese di nuovo: “E delle altre due?”

Il
Maestro disse: “Sarebbe il cibo. In ogni epoca gli uomini sono
sempre stati soggetti alla morte. Ma un popolo privo di fiducia non è
in grado di reggersi”.


Buonanotte
all’Italia, che ci manca che devo spiegare ai cinesi come mai alcuni
italiani per festeggiare una vittoria elettorale fanno i saluti
romani. Fanculo, davvero.

 

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[Shanghai] Limiti

Alti
e bassi. Corse e respiri forti. Allunghi e pause. E’ Shanghai, o
forse, la Cina.

Nel
frattempo mi godo la casa e il quartiere tutto da scoprire.

C’è
un ristorante pechinese di hot pot traditional fantastico, ad
esempio.

Gli
esperimenti casalinghi invece vanno incontro a problemi pratici.

No
scodelle per i noodles e ci si adatta, con pentolini e affini.

Primi
spaghetti scolati con l’affare per lavare la verdura. 

Appunti
di vita quotidiana.

Frigo
pieno di verdure, giganti.

Confucio
e spaghetti.

 

Alti
e bassi. Shanghai prende, strattona, abbraccia, esaurisce, carica e
scarica, abbatte, annoia.

Tutti
indaffarati, cantieri aperti di notte, strade invase dal fumo dei
barbecue all’aperto, pub patrizi pettinati, localacci sporchi,
vetrine ambigue, docce pubbliche accoglienti, odori.

Poi, qui, il senso del limite c’è, si respira, si attenua, si riaccende, si conquista, si comprende e si è prigionieri. Tutto è bene, tutto è male.

E’ un topic
classico: la nostra libertà e il loro senso del limite. Anche
i grattacieli, quando si abbassa il sole, scompaiono nella
nebbiolina. Le loro punte non si vedono a testimonianza che non tutto
è raggiungibile.

Più
sono in Cina, più odio l’Occidente.

Se
ci sono non so cosa sono e se vuoi
quel che sono o sarei, quel
che sarò domani,
non parlare non dire più niente,
se puoi,
lascia farlo ai tuoi occhi, alle mani

 

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[Shanghai] Uno

Prima
di partire per l’Italia la volta scorsa, avevo lasciato a Ly un libro
scritto da un inglese sull’Italia.

Appena arrivato in casa, dopo
essermi sistemato, avere guardato dalla finestra, avere respirato
un’aria leggera e un poco frizzante di questa primavera shanghaiese
Ly mi ha chiesto: “senti ma mi spieghi sta storia di Piazza
Fontana?”.

Avevo
fame e la scoperta della casa è stata divertente. Tipo: tirare
fuori i cassetti e scoprire dentro solo chopstik.

Oppure: aspettare
un’ora che ti portino l’acqua.

Oppure: facciamo gli spaghetti. Come
li coliamo? Allora ho guardato Ly e gli ho chiesto di farmi una
domanda secondaria.

Ok
– mi ha detto – dimmi come mai ha vinto Berlusconi”.

 

Gli
ho proposto di andarci a fare un giro, che bene o male devo scoprire
un po’ il nuovo quartiere in cui sono. E poi lui mi ha sempre detto di
non interessarsi alla politica. Non vedo perché debba
cominciare proprio dall’Italia.

In
questo giovane quartiere mi piacciono: alcuni viali alberati
tranquilli che sembra di essere a Beijing, un teatro che funziona
anche da multisala, ottima soluzione per la noia shanghaiese, un
immenso spazio espositivo, incredibilmente a free, con capannoni con
dentro robe assurde, baretti, pub e un po’ di vita, pare.

Domenica
lunatica, sognando l’Europa.

Sing
us a song
A song to keep us warm
There’s such a chill, such a
chill

 

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[Libri] La congiura degli stopper

Il
mio nome è Nedo Ludi
, Pippo Russo.

Nedo
Ludi è uno stopper. Ha 29 anni. Gioca nell’Empoli, campionato
1988-89. Segna il gol salvezza, per alcuni giorni è un eroe.
Va in vacanza, si prepara al campionato pre mondiali, l’Italia
presenta la sua modernità al mondo. Il nuovo avanza.
Nedo Ludi è un onesto stopper, gioca a uomo, piedi ruvidi, ma
grande grinta. Ha un corretto concetto del calcio: qualcosa di
semplice: strappare la palla agli avversari, correre, buttarla di là.

In
vacanza scopre una cosa: l’Empoli cambia allenatore. L’Empoli esonera
il mister che aveva fatto di Nedo uno stopper da serie A. L’Empoli
prende un allenatore sacchiano: zonista. Il nuovo che
avanza.

La
zona si sta imponendo nel calcio, grazie al Milan di Sacchi. Tanti
discepoli crescono e cambia il modo di concepire il calcio. Via i
sentimenti, via i cuori puri, nuove parole, nuovi vocabili, scienza
applicata al calcio. Per Nedo Ludi tutto ciò significa una
sola cosa: complicare il calcio. Il nuovo mister rilascia le prime
dichiarazioni. Per Nedo Ludi parla di parole, non di calcio.
Intensità, esterni, fase difensiva, rigore, schemi, tattica,
tattica, Progetto, con la P maiuscola.

Nedu
Ludi finisce ai margini, non è adatto. Non è adatto al
Progetto. E allora, ricordando l’assonanza con Ned Ludd, che un
tifoso locale gli spiega, Nedo Ludi, figlio di operai comunisti,
decide di sabotare la zona.

Nasce
la congiura degli stopper.

Come
raccontare in modo lieve, ma determinato e duro, il cambiamento del
calcio, insieme a quello del mondo che gli girava intorno. E’ la
storia di una sconfitta e della nascita del neo calcio, calcio moderno, accompagnato da
un cambio d’epoca sociale, le cui dimensioni, forse, le stiamo
comprendendo solo oggi.

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Un armeno a Milano

Anti-depressants

Controlling tools of your system


Making life more
tolerable
Making life more tolerable

We
don’t need your democracy.

Serj
Tankian
è un grande artista. Ieri sera all’Alcatraz a Milano
si è presentato con un gruppo forte, bravissimi.

Fin troppo
perfetti e puliti per un concerto breve, ma intenso. C’era curiosità
per vedere Sergio dal vivo dopo l’abbandono dei System of a Down.
Alla fine, devo dire la verità, mi ricredo sulla forza di
Daron Malakian, l’ex chitarrista e vero leader dei System.

Serj non è
un frontman, troppo concentrato a cantare, e bene, e raggiungere i suoi consueti picchi interpretativi e le sporcate sul palco di Malakian mancano, come manca
il suo spirito, la sua forza. Elect the Dead è un album che
conquista con i suoi ritmi e i virtuosismi dell’armeno di Los
Angeles. Sergio non fa canzoni dei System of a Down. Per i metallozzi
è una lettura semplice: c’è rispetto per l’ex gruppo
che, dopo un paio di album da solisti dei suoi due leader (qui
il nuovo singolo di Malakian e i suoi Scars on Broadway
), è
destinato, come speriamo, a ripresentarsi insieme e spaccare ancora.
La chicca di ieri sera, insieme a una dedica al nostro asshole new prime minister…prodigi di iutub, è questa che segue:
un omaggio ai Dead Kennedys, con Holiday in Cambodia. Apprezzata,
forse, solo dai più anziani…

   

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[China] Dopo un mese, dove siamo

Metto
qui una panoramica, uscita su Liberazione, di quest’ultimo mese
cinese. Tra Cio, fiaccole, Tibet, boicottaggi e riflessioni di
carattere generale. Una summa dell’ultimo mese cinese, visto da
Pechino. Tutti gli spunti e le polemiche.

Durante
l’ultimo mese di delirio mediatico su Tibet, percorso della fiaccola
– blindata, nascosta e protetta come un capo di Stato – proteste e
richieste, la Cina ha proseguito imperterrita sul proprio cammino
sulla scena internazionale. Ha siglato un accordo commerciale con la
Nuova Zelanda, ha aperto il convegno internazionale di Boao e il
business prosegue sia a Pechino, sia a Shanghai dove si corre verso
il World Expo del 2010, tra salone nautico per yacht di lusso e altri
incontri d’affari. Protagonisti: paesi europei, Italia compresa,
Stati Uniti, Giappone, Australia. Come se le polemiche tra Europa,
Usa e Cina fossero veicolate solo dai mezzi di informazione. Come se
le accuse alla Cina facessero da obliquo corollario a ciò che
più conta per la Cina come per i suoi partner commerciali: gli
affari. Perché è opinione generalizzata che la Cina,
nonostante le critiche e le accuse in relazione a repressione e
rispetto dei diritti umani, esca vincitrice da questo mese sballato e
colmo di grattacapi, grazie alla sua enorme potenzialità
economica. Nessun paese al mondo può permettersi sgarri con la
Cina, come dimostra il tentennamento generale nell’esprimere critiche
all’ex Celeste Impero sulla questione tibetana. Perfino gli organi
sportivi: i comitati olimpici nel loro documento conclusivo hanno
omesso la parola Tibet. Proprio come volevano le autorità
cinesi. Non stupisce dunque il rientro delle polemiche e il rilancio
fatto dai governanti cinesi, in un’ottica che vede un’esposizione
internazionale da gestire, una questione interna da chiarire e un
arroccamento nazionalista che si evince dai siti web e dai blog dei
milioni di internauti cinesi. Sullo sfondo i Tibet, gli uiguri e i
tanti problemi che la Cina affronta per difendere il proprio
prestigio di potenza mondiale.

Il rilancio cinese
La Cina
rilancia e chiarisce. Un altro monito è giunto agli Stati
Uniti e alla risoluzione sul Tibet, partorita giorni fa dalla camera
dei rappresentanti, che distorcerebbe «in modo flagrante la
storia e la realtà del Tibet». La portavoce del
ministero degli Esteri cinese, Jiang Yu, non ha usato parafrasi: si
sarebbe trattato di «una rude interferenza negli affari interni
della Cina ed ha gravemente ferito i sentimenti del popolo cinese. La
Cina è fortemente indignata e contraria a questa risoluzione».
Poi ci ha pensato anche Hu Juntao, il presidente cinese, che ha
affermato come il Tibet sia un «affare interno della Cina»,
lamentando l’ingerenza e accusando il parlamento europeo di
«interferire nei propri affari interni», ribadendo la
lettura cinese sui fatti tibetani: «il nostro conflitto con la
cricca del Dalai Lama non è un problema etnico, religioso o di
diritti umani, un problema di difesa dell’unità della Nazione
o di divisione della madrepatria». Non stupisce, dunque, la
notizia della chiusura sine die del Tibet gli stranieri, venendo meno
alla promessa di aprire il territorio tibetano a giornalisti e
turisti dal primo maggio. Una decisione che, forse, dimostra quanto
ancora sia complicata la situazione in Tibet, sotto il profilo della
repressione e della chiarezza. La Cina, è opinione di molti
osservatori, si sarebbe fatta trovare stranamente impreparata da tale
rivolta, tanto che, non pochi anche in Cina, ritengono che sia stato
creato tutto ad arte, per affrontare le problematiche con molto
anticipo sui giochi olimpici. Gestire una rivolta in Tibet o nello
Xinjang in agosto, sarebbe stato molto più complicato e
difficile, con il paese invaso da turisti e impiccioni giornalisti
occidentali. Rimane il fatto che la Cina ora deve affrontare la
questione, in un momento in cui l’onda appare placarsi. Il Dalai Lama
fa la star negli Stati Uniti – 150 mila assisteranno alle sue
conferenze – mentre il percorso della fiaccola, in terra d’Africa
attualmente, sembra poter progredire senza eccessivi problemi.
L’attenzione dei cinesi allora si rivolge al proprio governo e ai
suoi movimenti per gestire il disagio e le polemiche che giungono
dall’ovest, nonostante una ulteriore stretta a internet e alla
possibilità di raggiungere siti bannati (come quelli della Cnn
e della Bbc).

«Non comprate Luis Vitton»
A
pochi giorni dai fatti di Lhasa il mondo internet cinese si è
stretto attorno ai propri governanti. E’ uscito anche un instant book
che metterebbe in evidenza la verità sul Tibet, ovvero di come
i media occidentali abbiano travisato la realtà, dando vita ad
una campagna più anti cinese, che non pro Tibet. Una posizione
che in Italia ha trovato il supporto del filosofo Vattimo, attraverso
l’appello fatto circolare in internet che ha acceso discussioni e
polemiche, specie in relazione all’ambiguità della richiesta
di un’autonomia, spesso confusa in Occidente con il termine
indipendenza, dai risvolti storici e culturali tutt’altro che
semplici. E’ opinione del professore Stefano Cammelli, autore di
Ombre Cinesi, che «trasformando il problema tibetano in una
questione nazionale la protesta occidentale è andata a
stimolare corde e accenti pericolosissimi e che garantiscono una
risposta schematica, brutale, retrograda. Era questo che si stava
cercando?».
I cinesi, dal canto loro, non si capacitano
delle proteste tibetane: «da un paese medioevale, con una
teocrazia religiosa, gli abbiamo portato soldi, grandi opere e
turisti. Cosa vogliono ancora?» E’ la posizione preminente
delle opinioni e dei commenti sui blog. Sono nati anche siti di
contro informazione, a loro modo: quello anti Cnn ha raggiunto picchi
di collegamenti, mentre Sina.com ha lanciato una petizione contro i
media occidentali: milioni le adesioni. Non solo. Nei meandri dei
blog cinesi – spesso l’unico modo per arrivare a notizie censurate
dai media filo governativi – sono partite anche iniziative di
boicottaggio. Anche il prestigioso Guardian ha ripreso la polemica
lanciata da un blog su una pubblicità della Coca Cola, apparsa
in Germania, che sosterrebbe la causa tibetana. Più
importante, invece, in termini di reale efficacia, appare il
boicottaggio contro i prodotti francesi. Il Financial Times vi ha
dedicato un focus: ai cinesi non è piaciuto l’atteggiamento
ufficiale dei francesi. Ecco allora le liste dei prodotti da
boicottare tra i quali spiccano L’Oreal (e il mercato dei cosmetici
in Cina può considerarsi un boom in piena regola), Luis
Vitton, Givenchy. Non è una novità per i cinesi: tre
anni fa venne lanciata una campagna anti giapponese. Un impatto
sensibile sul mercato, seppure di breve durata. I brand stranieri
sono costantemente sotto l’occhio dei consumatori. La stessa Nike,
anni fa, fu costretta a chiedere scusa «al popolo cinese»
per una campagna pubblicitaria che ledeva la cultura del paese.
Nonostante il boicottaggio, ironizza un blog del Celeste Impero, è
un anonimo collezionista cinese che si è aggiudicato i nudi di
Carla Bruni, moglie di Sarkozy, per 91 mila dollari ad un’asta di
Christie’s.

Il fronte tibetano
Ieri il gruppo di esuli
tibetani "Studenti per il Tibet Libero" ha «condannato
con forza» la decisione del Comitato Olimpico Internazionale di
confermare il passaggio della fiaccola olimpica in Tibet. «Consentire
alla Cina di portare la fiaccola olimpica in Tibet mentre i tibetani
vivono sotto la legge marziale è da incoscienti», ha
affermato il direttore esecutivo del gruppo Lhadon Tethong. «Non
è un problema di sport – ha aggiunto – è un problema di
vite umane in una nazione che lotta per sopravvivere. Le persone di
coscienza in tutto il mondo riterranno i membri del Comitato
Esecutivo del Cio personalmente responsabili delle azioni del governo
cinese in Tibet durante la staffetta della torcia». Un altro
gruppo di esuli tibetani, la Campagna per il Tibet Libero, ha
affermato che alcuni dei 50 monaci che giovedì scorso hanno
manifestato contro la Cina davanti a un gruppo di giornalisti nel
monastero di Labrang, nella provincia del Gansu, sono stati
arrestati. Il gruppo non ha precisato quanti sono i monaci arrestati,
e di quale reato siano accusati. I cinesi hanno smentito, ma è
il segnale che in Tibet la questione è tutt’altro che chiusa.
L’Asia Times ha aperto un varco di osservazione interno alle forze
che protestano contro il governo cinese. Il fronte tibetano si
starebbe frammentando: alcune frange del Tibetan Youth Congress, nato
nel 1970, non condividerebbero la linea morbida del Dalai Lama. Non
solo sarebbero più propensi a richiedere una esplicita
indipendenza, ma non appaiono contrari anche a metodi violenti. I
portatori di tali istanze sono per lo più giovani, educati in
occidente, senza quello zelo religioso dei loro genitori. Rispettano
il Dalai Lama, ma non lo considererebbero la propria guida
spirituale. La questione, è più che mai aperta.

(da
Liberazione, 16.04.08, Roberto Onorati)

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Tokyo anno zero, David Peace

Ecco.

Se avete perso, e che palle perdere sempre. O se dove si può
solo perdere, non avete perso, leggetevi Tokyo anno zero, di
David Peace. Se oltre a non avere perso pensate che James Ellroy
riesca a darvi la schizofrenia del mondo attuale, attraverso sbirri
tremendi, personaggi inquietanti, schizoidi pensieri eccetera, non ne
sentirete – completamente – la mancanza con David Peace. L’anno
zero giapponese, ispirato alla Germania Anno Zero di rosselliniana
memoria, umanamente potrebbe assomigliare al vostro attuale stato
d’animo. Presente infuocato, da cui fuggire, rincorrendo e scansando
il passato. Gari gari.

Riprendo
le parole di Genna: Tokyo anno
zero
è un inabissamento in una realtà che
sembra parallela e che invece fu storica e a noi giunge, grazie a
Peace, con un vento tempestuoso, un ciclone per nulla esotico, privo
di radioattività ma colmo di immagini spettrali, facendo
sbattere violentemente le persiane delle sicure casette
monofamigliari della nostra narrativa.

Un
calcio in culo e due dita in gola. Vomito bile grigia. Sangue e
merda, perché no. Scrittura ansiolitica, a immagini, a fastidio a pruriti, insulti e bestemmie. Mi scuo e mi inchino. Mi inchino e mi scuso. Intrecci che si perdono e si
riagganciano, ma che cosa ce ne fotte. Come se il ritmo assunto in modo violento fin dall’incipit, facesse più di un calmantin al contrario: qualcosa che ti tiene su. Cazzo che bello sto hard boiled. Centocinquantun
Calmantin….

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[China] brand Tibet, brand Uiguro e brand francesi

Anche
l’Herald Tribune si interroga e analizza la differenza tra il brand
Tibet
e il brand Uiguri. Per dire, il dissidente cinese intervistato
da La7 è un eroe. Uno uiguro è un terrorista…di
sicuro. Uno o una che tira un pomodoro a Ferrara è un
violento. Uno che brucia una macchina è un devastatore. A
parte il primo, gli altri non sarebbero mai invitati a parlare in uno
studio televisivo, senza essere derisi o additati da ospiti e
conduttore. In ogni caso, l’articolo dell’Herald è
interessante, anche se non tiene ancora conto, è di alcuni
giorni fa, della visita da star del Dalai Lama negli Usa (Murdoch,
altro stinco di santo, lo ha definito “un monaco che sciabatta con
scarpine di Prada”…), ma analizza come la percezione occidentale
dei contrasti interni della Cina (sui quali, come
dimostra il professor Cammelli
, ci sono più domande che risposte)
favorisca la leadership cinese. Poi passa ad analizzare le reali
vittime, secondo l’editorialista, di tutto: i cinesi.

Inoltre:
dopo la Coca Cola, tocca ai prodotti francesi. In Cina parte il
boicottaggio anti Francia. Per dire, per L’Oreal, ad esempio,
potrebbe esserci un seppur minimo fastidio: il settore dei cosmetici
è uno di quelli che tira di più in Cina. Shanghaiist,
blog di informazione e cultura, ironizza: si boicottano i prodotti
francesi e poi un anonimo collezionista cinese ha comprato da
Christie’s le foto della Bruni, moglie di Sarkozy, nuda. Ironie.

Il
Financial Times sul boicottaggio

Newswatch

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