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[Shanghai] Ordinaria

Bah.
Giornata di ufficio, oggi ancora più freddo, che quando esci
nel corridoio o vai al cesuo ti si ghiacciano le mani. L’acqua poi, scende direttamente a lastre. Vabbè è un’iperbole…Ovviamente, rigorosamente, no carta e no sapone. Ho intravisto la tipa dei
cesui. Severissima, come al solito. Ho la sfiga per altro di
piombarle nel cesuo ogni volta che si accinge a lavare. Oggi ero lì
con la mia bella porta aperta, lei bussa e io dico “busy”. Lei è
entrata come niente fosse e ha iniziato canticchiare. Sono fissati.

Intanto
– non al cesuo – ho notato che il Corriere ha riportato, oggi, la
notizia che ieri mi ha dato Ly. Quella della tipa delle tette on line. In realtà la storia era un po’ più complicata, ma che importa. Vuoi vedere che quel bastardo di Ly è
la fonte di Rampini & Co.? Ogni volta che me ne racconta una, me
la trovo l’indomani sui quotidiani italiani.

Ricordo,
anche da qua, che domani c’è l’appello per il processo San
Paolo a Milano
. Se non ricordo male, probabile sentenza. I miei
amichetti sono pregati di comunicare sul blog o via sms come andrà.
Vedo, per altro, che i birri continuano a fare belle figure (caso
Aldrovandi) in Italia e nel mondo. Certo, quando non sono indaffarati
a scacciare la delinquenza e assicurare la sicurezza ai cittadini
entrando a sorpresa negli ospedali per arrestare feti morti.

Saluto
infine bip, che mi ha incautamente chiamato, e alla quale ho
dato la terribile (specie per lei) notizia: da quest’anno niente più
vacanze per la MayDay. Altro che comrades! Solo un giorno. Rimangono
le vacanze di fine anno (una settimana), contrassegnata da piante di
aranci in ogni zona della città (fa anche molto verde)
e quelle per la festa nazionale della Repubblica CommunCapitalista a
ottobre. A maggio si lavora, altro che.

A
parte che i cinesi quando ci sono le feste sono ben ben strani:
arrivano le circolari del Partito in ogni ufficio: Da lunedì
x a lunedì y è festa. Quindi questo sabato e questa
domenica sono lavorativi
. Boh.

Niente
più matrimoni durante la MayDay. Tanto tutti si sposano l’8 di
qualsiasi mese. I barbecue sticks dei miei amici uiguri sono
fantastici, anzi migliori, d’inverno: dentro c’è un fumo
allucinante e stasera era il ricovero di tutti quelli che odiano San
Valentino. Pieno
di ragazzi per strada con cestate di fiori giganti.

Ragazzi,
per domenica, mi raccomando: concentrati.

I’m
an educated fool
So I don’t know what it is I’m supposed to
do
About this awkward situation
That’s been forced down right
upon me

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[Shanghai] Trasparenze II

Non
ho mai capito bene come funziona il fuso orario. Oggi stavo crollando
in piedi, adesso mi sono svegliato. A Shanghai c’è 1 grado:
per strada ci sono resti di fuochi di artificio (divorati dal cielo
nell’ultimo dell’anno cinese) e resti di pupazzi di neve ghiacciati all’uscita
di hotel lussuosi. Qua e là piccoli cumuli di neve. Erano dieci anni che non nevicava a Shanghai, pare. 

Il
più grosso dei pupazzi che ho visto, e quasi integro completamente, era
davanti all’ambasciata argentina.

Qui
patiscono il freddo, poca gente per strada. Dalle sei cala gelo e buio. Nonostante il sonno ho gironzolato un’oretta, sciarpa rossoblù
a scacciare fantasmi e pregustare torte stracittadine. Ogni tanto
giri una strada e trovi un Topo Gigante tutto infiorettato e
luminescente. Porta fortuna il topo? Tutti sti cazzo di animali
nella prima settimana dell’anno portano bene
. Ly è
diventato più cinico. Saranno i capelli da rockstar de noaltri.

La mia stanza è la numero 174. La summa delle sfighe numeriche occidentali e cinesi in una botta sola.

Con
il buio e il freddo poca gente per strada, passi svelti, mani nelle
tasche e sguardi a inseguire il fumo che esce dai respiri. Per la
prima volta noto quanto siano pulite le strade di Shanghai. Butto la
cicca per terra e mi guardo indietro, poi di lato. Non ci sono
neanche gli sbirri del traffico.

Mi
sono perso nel mio centimetro di quartiere, un buio torvo mi
disincagliava lo sguardo dalle torri, consuete suggeritrici di
opzioni vagabonde, e mi sono ritrovato di fronte a un fast food
giapponese.

Sono
entrato perché non c’era nessuno.

Sono
venuto nella tua città un giorno, era caldo e scuro
Poteva
essere mezzogiorno, ma non ne sono sicuro
Avevo tempo da perdere,
da guadagnare niente
Non c’eri tu nell’aria, sensibilmente

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[Shanghai] Trasparenze

Cristo:
sono le 18, da 6 ore di nuovo in China, Shanghai. Guardo fuori dalla finestra e anziché il muro
solito, vedo improvvise le luci che si accendono, la serpentina di
auto sulla sopraelevata e il tramonto che le sprofonda di viola.
Poesia della lamiera.

Il
mio amico Ly si è presentato con i capelli lunghi da tabbozzo
di Bolza. Mi ha detto che non se li vuole lavare per un po’. Per sembrare più sudicio, mi ha detto. Bah. L’ho obbligato a trovare un
locale metal dove andare domani sera. Oggi riposo, che già mi
sono sfondato di cibo ma sono sfatto dal viaggio, vissuto accanto a un francese
grasso che giochicchiava con un iphone pure al momento
dell’atterraggio.

Invece
in Cina si registra il record di accessi per il sito dove una star ha
messo il video di una festa svoltasi a casa sua. Pare, si dice, si sussurra, si narra che le si
vedano le tette. E’ la prima notizia che mi hanno dato i chinai dell’ufficio. 

Non
vergognarsi della propria malinconia
è un compito penoso
anzi uno strazio.
L’amore trasparente non so cosa sia
mi sei
apparsa in sogno e non mi hai detto niente
mi sei apparsa in
sogno e non hai fatto un passo.

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[Archivio Corriere] 1993: si scioglie la Fossa Dei Grifoni

 
Il
Corriere della Sera mette on line i propri archivi, gratis, almeno
per ora, dal 1992. Una iniziativa interessante che pone interrogativi
sul perché, ad esempio, anche Il manifesto, per dirne uno, non
possa avere una edizione on line più intrigante o, almeno, più
libera nell’accesso. Misteri. Anche perché la gratuità del servizio è presto svelata: dopo ogni ricerca i risultati sono sponsorizzati, di volta in volta, da inserzionisti diversi. Non è mica difficile. Google esiste da anni…

Curiosando con le parole chiave ho
trovato un articolo del 1993 di Roberto Perrone, giornalista che
stimo e di cui ho apprezzato anche i romanzi. Il pezzo è sullo scioglimento
della Fossa Dei Grifoni.

Sciolta
la Fossa: dalle prime riunioni sulle panchine in Piazza Alimonda,
allo scioglimento volontario. Con il Genoa in A. 1993.

Anche
gli ultra’ invecchiano, quelli che non muoiono prima. Vent’ anni
dopo, come in una storia di moschettieri un po’ stanchi, la Fossa dei
Grifoni si e’ detta addio. Forse e’ il primo caso di auto
scioglimento di ultra’ nel mondo. Il Genoa perde i suoi tifosi piu’
accaniti, o meglio perde il gruppo dirigente storico che ha deciso,
con una votazione democratica, rigorosamente a scrutinio segreto, di
pensionarsi: 16 4, a larga maggioranza, senza trucchi e senza
inganni. Alla vigilia del loro ventesimo campionato i ragazzi (ora
quarantenni) della Fossa cambiano stile di vita: allo stadio
andranno, ma con mogli e figli, quelli che li hanno, come gli altri
tifosi. Pare che non ci siano altre ragioni, il bello sta qui, solo
il crollo degli ideali sportivi, un po’ come succede nel mondo per
altre ideologie. Non sono piu’ sufficienti per dare senso a un
impegno che prende tutta la vita. Certo, Spinelli non e’ mai piaciuto
a quelli della Gradinata nord, ma la decisione non sembra legata alla
situazione societaria, anche se, probabilmente, c’ e’ un po’ di
stanchezza nel non vedere mai la squadra decollare, un quarto posto e
una semifinale di Coppa Uefa in vent’ anni sono stati bilanciati da
troppe delusioni. Ora il Genoa e’ in serie A, questo e’ il suo quinto
campionato di seguito, ci sono stati momenti peggiori, come quella
domenica di giugno del 1988 a Modena in cui emigrarono in settemila
per sostenere la squadra sull’ orlo della seconda retrocessione in
serie C. Anche momenti migliori come la trasferta a Liverpool e in
quei giorni, Dario Bianchi, uno dei leader, raccontava di quando
andarono a Foggia su un camion, lui e Sergio Ferreggiaro detto
"Callaghan", un omaccione simpatico e inconfondibile per
chi frequentava la nord. Il suo nome non aveva niente a che vedere
con Dirty Harry, il fetentissimo ispettore interpretato da Clint
Eastwood, ma gli derivava da un feroce giocatore del Liverpool degli
anni ‘ 60. "Callaghan" e’ morto cinque anni fa, stroncato
da un infarto mentre faceva il bagno a Quinto. Erano in cinque all’
inizio, prima domenica di campionato del 1973: Inter Genoa a San
Siro. Gemellati (allora) coi tifosi del Genoa ci sono in gradinata
anche quelli della Fossa dei Leoni del Milan, con un loro striscione.
"Perche’ non fate qualcosa di simile?" dicono agli amici
genoani. Si riuniscono in cinque, Gianni Bardi, Lucio Poidomani,
Stefano Aloigi, Marco Postiglione, Dario Bardi. Il primo striscione
con il nome "Fossa dei Grifoni" lo cuce la mamma di Aloigi,
le prime riunioni le tengono sulle panchine di piazza Alimonda. Poi,
col tempo, il club cresce, si organizza, cambia. Aloigi muore in
circostanze non chiarite in Venezuela, il calcio non c’ entra. Vent’
anni di tifo speciale, di spettacolo, di derby con quelli della Samp
combattuti a striscioni e colpi di genio, ma anche a pugni sul muso.
Momenti neri, come per tutte le tifoserie ultra’ , ma anche tante
buone idee e tanta collaborazione con i "cugini" che non
hanno eguali in Italia: una cooperativa in comune per la pulizia allo
stadio, happening contro la droga, fino alla raccolta di soldi che ha
portato all’ acquisto di un’ ambulanza. Fino a ora. Addio alle armi
del tifo, la prima fila ha stancato, il riflusso c’ e’ anche in
curva, il calcio e’ bello senza eccessi, anche positivi. Allo stadio
ora vogliono andare senza piu’ dover guidare i cori, mettere gli
striscioni, gestire una gradinata. Il nome potrebbe non scomparire:
"Se altri vogliono usarlo non ci opponiamo, largo ai giovani, ma
dev’ essere una loro decisione". Dietro di loro ci sono 2000
ragazzi, certamente non resteranno zitti, ma queste non sono semplici
dimissioni, via un gruppo ne entra un altro. Dovranno ricominciare,
proprio come vent’ anni fa. E magari non avranno lo stesso
entusiasmo. O forse la stessa follia. Roberto Perrone

Perrone
Roberto

(25
agosto 1993)

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[Dublin- Belfast] What a pack!

Ebbro
e denso di birra mi sono affacciato al mitico Croke Park con un
doppio timore: entrare in un posto leggendario (nel 1920 gli inglesi
spararono durante un match, uccidendo 13 persone), assiepato di circa
83 mila persone e andare a vedere per la prima volta dal vivo una
partita di rugby.

Per
un appassionato di calcio al rugby manca l’odio campanilista, le polemiche sterili, lo sfogo del tifoso contro avversari, arbitri, tutti, ma
l’attesa si tinge di curiosità. Del rugby mi piacciono alcune
caratteristiche, che attirano nella loro semplice brutalità.
Innanzitutto la palla si passa indietro per andare avanti: mi sembra interessante come concetto; in secondo
luogo non può esistere il giocatore fighetta, quello
che dice “oggi non ne ho voglia, mi nascondo”. Se ti nascondi, ti
asfaltano e basta. In terzo luogo mi piace il fatto che, pur elevato dalla retorica
giornalistica sportiva al rango di "gioco più corretto e signorile della
terra", in realtà è un coacervo di infidi furbetti,
pronti a menarsi sfruttando tutte le lacune della visuale
dell’arbitro, delle regole, dell’umana astuzia. La differenza con il calcio è che, dopo
essersele date, semplicemente, si ritorna a correre anziché
fare scene da squallida fiction all’italiana.

Ci
sediamo circondati da irlandesi e da alcuni italiani con strambi
capelloni tricolori. Quando parte l’inno in gaelico sembra che lo
stadio debba venire giù. Il rugby è l’unico sport che
unisce le due Irlande, gli inni sono due, l’emozione si fa sentire.
Poi lì sul campo iniziano a darsele e il pack italiano nel
primo tempo soffre la già ampiamente supposta superiorità
irlandese. Nell’intervallo ci si immette nelle code chilometriche per
accappararsi da mangiare (e da bere). Entriamo a secondo tempo già
ampiamente iniziato. Si sentono i boati, ma la zona antistante le
gradinate è ancora piena. Della partita non ce ne frega un
cazzo. Se magna, se beve, se chiacchiera. Si cerca di capirli, sti irlandesi, specie quando parlano sorseggiando birra e ordinandone un’altra, quando la prima è circa a metà. E’ finita, dicono.

Il
pack italiano nel secondo tempo è trasformato, in mischia si
va giù che è un piacere, il risultato si accorcia e gli
irlandesi cominciano a temere il peggio. Alla fine vincono, ma sono
delusi. Quando il match è terminato ci si stringe la mano come
i giocatori in campo e tutti al terzo tempo. Io ho ancora negli occhi
la manata di Bergamasco a un avversario, simbolo di forza fisica e
determinazione messa in campo dagli azzurri nella seconda parte.

Con
i due scemi, più La Maestra, unica savia, nonché
fotografa del gruppo, si va al pub affianco al cimitero, a una decina
di minuti dallo stadio. Cavanagh Pub, aka DaveDiggers, dal 1803 di proprietà
della stessa famiglia.

Odore di muffa, cantinale, rumore, guinness a
fiumi. Stanchezza, freddo della madonna, disquisizioni tecniche per
capire se si sono capite veramente le regole del rugby. Tentativi di
apprezzarne aspetti tattici e tecnici fino a quel momento
sconosciuti.

Si gode per il Galles che sconfigge i Perfidi Albioni e
comincia il tour dei pub. L’indomani ci aspetta Belfast: Falls Road,
Bobby Sand, George Best.

Posted in Zú Qiú.


[Genoa] 13 anni dopo. Sempre di più. Noi.

29
gennaio 1995 – 29 gennaio 2008. Ciao Spagna.

Si
cammina stanchi, si ammicca, si tace. Faccio un corso di 35
minuti per concentrarmi e non dire belin. Mai. Faccio prove di
cadenza milanese. Figaaaaa, Gazzeeeeettaaaaaa,
Pizzettaaaaaaaaaa. Kortatub mi suggerisce il silenzio.
Giastemme in xeneixe. Ok Lotto. Qualche sciarpato, poca roba.
Con Hellas e Kortatub carichiamo Onsky. Si va a piedi e cazzo quanto
ci vuole. San Siro sarà pure la cattedrale, ma io a Notre Dame
ho trovato subito l’ingresso. Dopo venti minuti troviamo il fottuto
settore. E’ iniziata da un minuto. Silenzio. Ci aggrappiamo agli
scalini, vicini a Confindustrial e tre xeneixes già impegnati
ad accendersi la siga. Siamo senza colori (tralascio tremebondi
tentativi di travestimento), si parla ad occhiate. Si sta schisci.
Poi ci giriamo e due tipe, età media 10 anni, sfoggiano
berrettino e sciarpa del Genoa.
Belin!

Ed
ecco il coro: “uno di meno”, cantano dalla Sud. Beoti schifosi,
niente da dire. Anche gli interisti ce l’hanno cantata. Ce lo hanno
detto, perché sinceramente non li abbiamo sentiti. I milanisti
nella sud
sono da soli nello stadio e si sente. Si pensa a
Spagna, si cerca di stare calmi, ci si morde le labbra, si comprano
223 caffè borghetti. Sigaretta. Per
dimostrare la propria arguta sapienza i milanisti nella sud si
tirano tra loro bombe carta, si abbracciano, si spingono. Sembrano
proprio dei galusci conservati nella loro cesuossima curva.

Becchiamo
due pere, si torna a casa in silenzio, ripetendo "mai più". La sensazione è che il
calcio e i suoi stadi, stiano lentamente inabissandosi tra i tanti non luoghi, privi di una qualsivoglia scheggia di passione. La belinata è attaccare la figu di
Figueroa sulla metro rossa. La gioia è il gol del figlio di
Signorini
al Viareggio. La speranza è
di bere un vino buono per l’estate.

Posted in Zú Qiú.


[Cosenza] Cronologia di un processo

Quando
si parla di Genova e i suoi processi, solitamente si tende a
dimenticare il troncone giudiziario di Cosenza e il procedimento
contro il Sud Ribelle. Se a Genova contro i 25 la sentenza è
già arrivata, a Cosenza è prevista nei prossimi mesi,
mentre per i processi contro le forze dell’ordine si dovrà
aspettare la primavera del 2008. Inoltre i reati di cui sono accusati
funzionari, dirigenti e agenti di polizia, oltre a prevedere pene
infinitamente minori, arriveranno al primo grado (appena sufficiente
affinché le vittime ottengano almeno il risarcimento), mentre
al resto penserà la prescrizione, ovvero le eventuali condanne
non saranno mai definitive.
Il processo al Sud Ribelle ha avuto
una genesi del tutto particolare, rispecchiando, per alcune parti
della sua vita, il ritmo e i testimoni del procedimento contro i 25
manifestanti di Genova. Ne ripercorriamo alcune tappe, evidenziando i
limiti di un impianto accusatorio balbettante, che è arrivato
oggi al suo culmine, con la requisitoria del pm Fiordalisi.
Indagini
e teoremi
L’inchiesta
sulla «Rete Meridionale del Sud Ribelle» risale al 10
aprile 2000: in uno stabilimento Zanussi a Rende (provincia di
Cosenza) vengono fatte recapitare delle rivendicazioni a firma Nipr:
Nuclei di Iniziativa Proletaria e Rivoluzionaria. La sigla – su cui
mai si farà chiarezza – rivendica una serie di piccoli
attentati incendiari ad opera del movimento anarchico. Fiordalisi
parte in quarta, mettendo sotto controllo i telefoni fissi
dell’azienda. Nessun risultato, ma a Cosenza ormai sono giunti i
membri dell’intelligence italiana. Le attenzioni si concentrano
sull’area antagonista, mettendo insieme centri sociali, associazioni
e perfino ultras. La ragione di questo scatto investigativo non è
ancora conosciuta: nel frattempo Fiordalisi prepara le sue accuse.
359 pagine respinte dalle procure di Genova, Venezia e Napoli e
infine accolte dalla procura di Cosenza. La tesi accusatoria ruota
intorno a intercettazioni ambientali, telefoniche e informatiche,
spesso raccolte al di fuori della procura inquirente e con metodi
dalla dubbia legittimità. L’accusa di associazione sovversiva
viene riferita anche a Genova. Si stilano profili degli imputati,
andando a ripescare nel passato. Intercettazioni telefoniche, mail
sotto controllo, così come le auto e gli spostamenti. Un
lavoraccio per le forze dell’ordine, con pochi risultati, stando ai
brogliacci acquisiti. Ma l’inchiesta non si ferma.
L’iter
dell’indagine
Il
15 Novembre 2002, 18 attivisti del movimento meridionale sono
arrestati con l’accusa di vari reati associativi (associazione
sovversiva, cospirazione politica, attentato agli organi
costituzionali dello stato). Una settimana dopo, il 23 novembre 2002,
cinquantamila persone scendono in piazza a Cosenza per chiedere la
liberazione immediata degli arrestati. Nel dicembre 2002 il primo
scossone: il tribunale della libertà di Catanzaro produce una
sentenza che, oltre a rimettere in libertà tutti gli
arrestati, minimizza l’impianto accusatorio del provvedimento:
«esprimere il dissenso non è reato». Nel maggio
2003 la Cassazione annulla la sentenza del Tdl di Catanzaro per
esclusivi vizi di forma, mentre i contenuti della sentenza contestata
non sono minimamente messi in discussione. Il pm Fiordalisi ne
approfitta, presentando una memoria in cui ribadisce la volontà
di arrestare nuovamente tutti gli indagati, allargando all’intero
movimento le accuse già formulate contro il Sud Ribelle.
Fiordalisi chiede di depositare decine di migliaia di pagine
contenenti nuove prove: si tratta essenzialmente di intercettazioni
riciclate (secondo imputati e difensori manomesse dalla Digos
cosentina) da altre procure, che già le avevano dichiarate
inutili e insignificanti. Secondo il pm invece, starebbero lì
a dimostrare che le volontà degli indagati era quella di
«turbare l’esecuzione delle funzioni del governo italiano,
sovvertire violentemente l’ordinamento economico costituito dello
Stato, sovvertire la globalizzazione economica». Novembre 2003:
nuova sentenza del tribunale della libertà di Catanzaro. A
carico di cinque indagati su diciotto già scarcerati,
rimangono i gravi indizi di colpevolezza, mentre a tre di loro viene
imposto l’obbligo di firma. Per tutti gli altri cade ogni
contestazione.
Arriva la richiesta di rinvio a giudizio per
tredici indagati. Due di loro erano completamente estranei fino a
quel momento a tutta la vicenda giudiziaria, mentre le posizioni di
altri 41 indagati vengono archiviate. Solo per 11 dei 18 arrestati
nel novembre 2002, è stata presentata richiesta di rinvio a
giudizio; cinque di quelli che finirono nelle carceri speciali vedono
cadere ogni contestazione a proprio carico. Fiordalisi aggiunge il
reato di «associazione a delinquere». Nel maggio 2004 si
svolge la prima udienza preliminare: il governo chiede cinque milioni
di euro di risarcimento per i danni non patrimoniali, cioè
d’immagine, subiti in occasione dei vertici di Napoli e di Genova. Ma
il Gup respinge questa e tutte le altre eccezioni della difesa. Gli
imputati chiedono la ricusazione del magistrato: richiesta rigettata
dalla corte di appello e multa di 1.500 euro per gli imputati. Luglio
2004: a Roma nasce l’Osservatorio parlamentare sul diritto al
dissenso, che si incarica di seguire da vicino il processo di
Cosenza. I firmatari sono 12 deputati e due senatori. Il Gup rinvia a
giudizio 13 indagati. Le pene previste per i reati contestati, vanno
da 12 a 15 anni di carcere. Il 2 dicembre 2004 inizia il processo in
aula di Corte di Assise.
Dalla
Zanussi al Sud Ribelle
Come
si è arrivati dal volantino alla Zanussi al Sud Ribelle? E’
uno dei tanti buchi neri dell’indagine. Il 28 novembre 2006, a
rispondere alla curiosità di avvocati e imputati a Cosenza, si
presenta Alfredo Cantafora, capo della Digos cosentina, padre delle
indagini. «Io questo filone investigativo a cui io faccio
riferimento al momento prodromico, come momento iniziale per le
indagini che poi ho condotto, questa, quella che poi sta al Sud
Ribelle, è quello del…sono le indagini del volantino, le
indagini del volantino cioè, la rivendicazione dei Nipr. Da
quelle indagini noi, partendo da quelle indagini siamo riusciti a
scoprire che cosa è stato poi la rete del Sud Ribelle».
In aula Cantafora chiarisce poco dell’indagine e ancora meno circa le
prove. Alla domanda precisa circa le evoluzioni investigative che
avrebbero fatto sviluppare le indagini dai Nipr al sud ribelle,
Cantafora risponde al microfono in aula, «questa conoscenza noi
l’abbiamo perché ci sono delle comunicazioni interne alla
polizia di stato» e precisa senza microfono, «e anche dai
giornali». Un’affermazione bizzarra, tanto che uno degli
avvocati della difesa risponde in modo perentorio: «no, i
giornali non sono prove; l’hanno detto tutti i giornali, allora lo
potevo leggere anche io».
Il capo
Fiordalisi, un po’ a
sorpresa, inserisce nell’elenco dei testi dell’accusa l’allora capo
della polizia, Gianni De Gennaro. Poi lo toglie, ma la Corte conferma
la propria volontà: lo vogliono ascoltare. Un’attesa vana e
più volte rimandata, che si conclude con un nulla di fatto. Il
28 novembre 2006 la Corte cambia ancora idea e decide di depennare De
Gennaro dall’elenco dei testi. «La testimonianza è
assolutamente superflua e sovrabbondante». Lo stesso giorno il
pm Domenico Fiordalisi deposita una modifica dei capi di imputazione,
eliminando l’art. 272, propaganda ed apologia sovversiva o
antinazionale.
Tolemaide
a Cosenza
Anche
a Cosenza i fatti di via Tolemaide sono analizzati nei minimi
particolari. I testi già sentiti a Genova, riescono a
smentirsi in Calabria, pur confermando quanto già si sapeva
sulla carica al corteo autorizzato. Mario Mondelli (funzionario di
Cuneo aggregato a Genova, attualmente dirigente del I reparto mobile
di Roma) è il funzionario di polizia che accompagna i
carabinieri diretti a Marassi, ma che si fermeranno in Tolemaide per
caricare le tute bianche. Mondelli durante l’udienza non riconosce il
carcere di Marassi, dichiara di non aver partecipato agli scontri
(nei video appare travolto dalla carica dei colleghi carabinieri),
dichiara di essersi speso per metter pace tra i due «contendenti»,
di non aver mai dato l’autorizzazione ad Antonio Bruno (capitano dei
carabinieri di Carrara a comando della Compagnia CCIT Alfa del III
Battaglione Lombardia a Genova nel 2001) di attaccare deliberatamente
i manifestanti autorizzati, dando la colpa proprio ai carabinieri ed
al suo capitano. «Era meglio non passare proprio»,
risponde alle domande circa la necessità o meno della
carica.
Le
intercettazioni
Nell’ultima
udienza, l’ennesima sorpresa: un piccolo giallo sulla tecnica delle
intercettazioni, oltre 5.000 pagine. Viene denunciato in aula che
moltissime intercettazioni infatti contengono voci registrate, prima
dell’invio della telefonata o della ricezione effettiva. Tutto questo
fa sorgere il dubbio che l’intercettazione non sia stata effettuata
con apparecchiatura autorizzata, ma con attrezzature fai da te,
acquistabile da chiunque, ma non autorizzata dalla legge per
operazioni di polizia giudiziaria.

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[Supporto Legale] Sud Ribelle: chiesti 50 anni

50
anni di pena, questa la richiesta del pm per gli imputati del
Sud ribelle. Siamo giunti alle battute finali del processo che si
tiene a Cosenza e che vede coinvolte 13 persone, accusate a vario
titolo di associazione sovversiva, ai fini di impedire l’esercizio
delle funzioni del Governo italiano durante il Global Forum di
Napoli e al G8 a Genova nel luglio 2001 e creare una più
vasta associazione composta da migliaia di persone volta a
sovvertire violentemente l’ordinamento economico costituito
nello Stato. Niente male, come impianto.
Un processo che fin dalle
sue premesse si farà ricordare come tragicamente farsesco,
grottesco, una commedia all’italiana, più ‘I Mostri’, che
non ‘I Soliti Ignoti’. I momenti in cui non si ride, corrispondono
con la lettura delle ichieste del pm Fiordalisi, voglioso di
prendersi qualche attimo di gloria. Peccato sia oscurato dalla
querelle Prodi si, Prodi no.
Le pene vanno dai 2 anni e sei mesi
ai sei anni. Per tutti gli imputati sono state richieste anche
misure di sicurezza, da tradursi in libertà vigilata per
periodi che vanno da un anno a tre anni. Le comiche però
non mancano nell’iter processuale: è il 2002 quando alcuni
piccoli funzionari di polizia si fanno il giro delle procure d’Italia
per trovarne una disponibile a mettere sotto processo la rete di
attivisti che organizzò il controvertice di Napoli 2001.
Incontrano molte porte in questo peregrinare: gli sbattono tutte
in faccia tranne na, quella della procura di Cosenza e del pm
Fiordalisi il cui imperituro ricordo si lega a quattro inchieste
del CSM su di lui e ad inchieste particolari: fu lui a chiudere
l’inchiesta sulla Jolly Rosso nave facente parte del progetto
COMERIO, su cui anche Ilaria Alpi stava seguendo la pista. E’ il
15 novembre 2002 le case di decine di attivisti di Napoli, Cosenza,
Taranto, Vibo Valentia, Diamante e Montefiscone, vengono nottetempo
devastate dalle perquisizioni delle forze dell’ordine: il risultato è
venti persone arrestate, ad altri cinque furono notificati gli
arresti domiciliari, quarantatre persone finirono indagate nel filone
di inchiesta, computer, libri, intercettazioni telefoniche,
ambientali e telematiche.
Ancora una volta ci tocca dire "Nessun
rimorso": come per Genova, così per Napoli non ci può
essere alcun rimorso in chi ha tentato di opporsi al otere
economico mondiale. Per questo, per dimostrare a questi 13 imputati
di non essere soli, saremo in piazza a Cosenza il 2 Febbraio.
La
Storia siamo noi.
Supportolegale

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[Genoa] Tutti a Cracovia

Nella
giornata delle polemiche e dalle partite rocambolesche il Grifone non
poteva esimersi dal dire la sua: vinciamo una partita il cui
risultato finale poteva esserci avverso. L’Atalanta becca tre pali,
recrimina su un gol annullato (il fuorigioco sembra millimetrico e io
sono della scuola che in quei casi i guardalinee dovrebbero tenere
giù la bandiera), infine marchiamo il gol della vittoria su un
calcio d’angolo inventato. In compenso, per larghi tratti della gara,
dagli spalti si alza il coro “buffone buffone”, all’indirizzo di
un arbitro che in venti minuti ci fischia più o meno
quattrocento falli contro.

Poiché
capisco calcio l’analisi della partita è piuttosto semplice:
privi di Leon giochiamo un primo tempo di contenimento, come ci
bastasse lo zero a zero. Insolitamente siamo lenti e poco tripallici, ovvero pressiamo troppo bassi. La Dea rumina gioco, corre e crea. Doni è
il catalizzatore: Criscito e Bovo escono di volta in volta su di lui,
ma soffriamo la sua posizione tra le linee: Milanetto è
costretto a giocare troppo basso, così come gli esterni. Doni
infatti avanza, tira via due dei nostri e i loro esterni cercano
fortuna giocando lunghi. L’Atalanta gioca profonda e ci tiene lì,
a soffrire e a lanciare. Il nostro centrocampo è come una
pista d’aeroporto dalla quale si vedono tanti palloni volanti, ma mai a
terra. Poi la Dea cala e veniamo fuori noi, finalmente. Il finale del
primo tempo e i primi 20 minuti del secondo potremmo chiudere la
partita. Il calcio, si sa, è cinico e baro: così nel
nostro momento migliore becchiamo la pera dall’ex ciclista Doni, su
rigore netto.

Graziati,
pareggiamo con Marco Borriello, per il quale ogni parola è
superflua. Un toro scatenato. Poi l’apoteosi. Lucho la infila di
testa come i migliori gol di Tommasone Skuhravy: la palla piano piano
si infila nell’angolo. Tutti a pregare che il portiere scivoli, poi,
una volta entrata in rete, si ritorna ai vecchi tempi: ci si tuffa,
si corre verso il basso, si scambiano posizioni. Ci metto dieci
minuti a tornare dove ero prima e la partita finisce.

Esausto,
cerco camere iperbariche, defibrillatori, mentre si organizzano orge
onanistiche nei cessi della Nord. Ultimo appunto: esultando urlavo a
Gesperini: “Lucho deve giocare, sempre!”. In realtà, come
lo stesso Figueroa ha confermato, è solo al 30%. Onore a
Gasperson: con una squadra mediocre, ma che con un paio di innesti può reggere confronti più intriganti, siamo in piena zona Uefa. Tutti a
Cracovia!

Posted in Zú Qiú.


Gli avversari hanno il sapore dei datteri

Stanotte
l’ho sognato (ognuno sogna quel che cazzo vuole, no?). Mi spiegava i
movimenti del play per fare al meglio la diagonale del
rombo
. Stamattina ho cercato di capirlo meglio. Un vademecum
scogliano, roba da venerdì pre match.

-Io
non faccio poesia, io verticalizzo!
-A volte penso che Gesù
Cristo sia rossoblù
-Si capisce subito quando un giocatore
sa fare la diagonale del rombo.
-Sapevo che un mio giocatore la
sera andava in discoteca fino a tardi, l’ho seguito e quando è
entrato nel locale gli ho lasciato un biglietto nel tergicristalli
con scritto:"Stai attento, il tuo allenatore lo sa!"…Non c’è andato mai più.
-La vittoria non mi da
emozioni particolari ma odio la sconfitta. Quando
perdo divento
una bestia e a casa litigo con mia moglie. Che libidine quando perdo.
La sconfitta mi esalta come le vittorie: posso riassaporare degli
stimoli insostituibili.
-Lei, laggiù in fondo, mi deve
ascoltare. Altrimenti io sto qui a parlare ad minchiam.(Scoglio in
conferenza stampa rivolgendosi ad un giornalista)
-In questa
squadra ho a disposizione doppioni, triploni, quadripliconi nello
stesso ruolo.
-Io al Genoa sono il migliore allenatore al mondo.

-Il Genoa è una cosa particolare, ha un Dio tutto suo…

-Ci sono 21 modi per battere un calcio d’angolo e 12 per battere
una
punizione.
-Abbiamo perso per l’errata applicazione di un
meccanismo a "elle"
rovesciata.
-La Samp è
come Dorian Gray, cultore dell’estetismo.
-La Coppa Italia???
Vale quanto la coppa del Nonno. La Coppa delle Coppe vale la Mitropa!

-Toglietemi di torno ‘sti gialli di minchia…. (il riferimento è
ai
giornalisti giapponesi ai tempi di Miura).
-Sono un
diverso perchè non frequento il gregge: il sistema ti porta

all’alienazione.
-Io non comando i giocatori, io li guido.

-Pagherei 2 biglietti per vedere Maradona.
-Tutte le mattine
devo alzarmi odiando qualcuno.
-Il gol preso a Bergamo
calcisticamente non esiste.
-Se dici Juve dico no, se dici Inter
dico si, se dici Bologna dico no, se
dici Napoli dico si; a
Tunisi vado gratis, a Genoa vengo anche in C.
-Il presidente non
esiste, la squadra non esiste e la società non esiste, ma
nella maniera più assoluta: esiste solo tifoseria e tecnico.

-Miura bravo di testa, bravo di destro, bravo col sinistro ma non
adatto al campionato italiano. Ne è sicuro Professore? Nella
maniera più assoluta.
-Se qui a Genoa non vinco uno
scudetto in tre anni torno a Lipari a fare
l’albergatore.
-Luiso
è un ragazzotto maleducato, affettuosamente parlando.
-Bouza
è tatticamente come Maldini.
-Gabsi è il Di Livio
d’Africa.
-Badra è secondo solo a Baresi.
-Mensah sarà
il nuovo Desailly.
-Io per lei non sono il signor Scoglio sono il
Professor Scoglio.
-La corsa è il nostro vaccino, la
tattica esasperata la nostra minestra.
-Noi siamo il Genoa e chi
non ne è convinto posi la borsa e si tolga le
scarpe. Noi
non siamo il Roccapepe! Che poi dove cazzo sarà sto Roccapepe,
magari è un paese bellissimo…
-Io i colori rosso e blu
li ho nel sotto pelle, capisce? Non prendo in giro
nessuno quando
dico che il Genoa è tra le prime 10 squadre d’Europa, come
nome.
-Mi rilasso con i fumetti di topolino e con i film western:
so già che
avranno un lieto fine.
-Nel nostro piccolo,
al Genoa, faremo come la Dinamo Kiev. Quando avremo recuperato il
tornante Rotella, s’intende.
-Oggi faccio un’analisi a 300 gradi,
60 gradi li tengo per me.
-Codrea è un grande play perchè
aggredisce spazio e tempo.
-Io non ho bisogno dello yacht, mi
basta una barchetta per pescare.
-Esonerato dal Torino, ho
brancolato per 2 anni nell’oscurità.
-Il doping è
sempre esistito e i calciatori sono ignoranti, nel senso che

ignorano elementi di chimica e farmacologia.
-Quando mantengo
la testa sulle spalle posso combinare qualcosa di buono. Ho sbagliato
due stagioni non ero lucido e mi sono prostituito.
-Stagione
88/89, negli spogliatoi: "Ragazzi questa formazione me l’ha

predetta Dio".
-Gli avversari hanno il sapore dei
datteri.
-L’uomo discende dall’Africa ed è per questo che
sono arrivato qui io ad
allenare.
-Intervista al tg2: "So
bene che alcuni mi danno dell’istrione, ma lei sa che faccia fa
l’istrione??
-Io le tabelle non le sbaglio mai, Io sono un uomo
da numeri.
-Sono un allenatore di strada, un po’ prostituta, che
si arrangia.
-La vita è una roulotte!
-Le
caratteristiche che devono avere i miei giocatori? Senz’altro
necessitano di attributi tripallici!!! Quelli che hanno 3 palle fanno
il pressing, quelli che ne hanno 2 giocano al calcio, quelli che ne
hanno 1 fanno le partite tra scapoli e ammogliati.

-Morirò
parlando di Genoa.

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